Mentre un conflitto rallenta un altro conflitto prende forza nelle Filippine.
Il 23 novembre il presidente Duterte ha ufficialmente cancellato i negoziati di pace con il Partito comunista filippino e l’esercito popolare del NPA dopo dei colloqui spenti e una seri di attacchi violenti.
La rinnovata iniziativa di pace, che mirava a porre fine all’insorgenza comunista più lunga in Asia, fu descritta come uno dei successi politici di Duterte, ma ora sembra destinata verso lo stesso destino dei tentativi dei governi precedenti che si proponevano di porre fine al conflitto.
La NPA continua una guerriglia nelle tre isole maggiori dell’arcipelago con le attività che si concentrano attorno alle grandi operazioni minerarie e di agricoltura.
Il governo ha affermato che i ribelli comunisti “non hanno mostrato la propria sincerità e impegno nel perseguire negoziati di pace genuini e significativi mentre continuava con atti di violenza e le ostilità mettendo in pericolo le vite e le proprietà di persone innocenti”
Di recente NPA ha intensificato i propri attacchi su obiettivi pubblici e privati in varie regioni differenti.
Ha anche fatto leva sul fatto che i militari erano severamente impegnati a Marawi, dove le forze armate sono state imbottigliate in cinque mesi di guerriglia urbana contro i militanti affiliati al ISIS, per estendere le proprie posizioni.
Duterte pose tutta l’isola di Mindanao sotto la legge marziale fino alla fine dell’anno in risposta all’assedio di Marawi, una cosa che ha esasperato i ribelli comunisti che sentivano minati i termini del loro accordo preliminare imponendo un più forte ed incontrollato governo militare.
Gli attacchi hanno colpito Duterte da vicino. A luglio la guerriglia tirò un’imboscata al convoglio del Gruppo della Sicurezza Presidenziale a Cotabato ferendo quattro della elite di sicurezza del presidente.
NPA ha rivendicato che a Mindanao settentrionale hanno lanciato 27 attacchi andati a buon fine contro forze di sicurezza catturando due poliziotti nella prima metà di novembre.
Tra gli attacchi c’è un incidente del 9 novembre dove fu ucciso un neonato di quattro mesi e furono feriti dei civili in una imboscata a Talakag nella provincia di Bukidnon. La guerriglia ha chiesto scusa alle famiglie delle vittime civili che si trovavano in un mezzo privato dietro una macchina della polizia che era l’obiettivo della guerriglia.
La morte del neonato ha dato a Duterte le munizioni simboliche per porre fine al negoziato di pace. “Quello è stata l’ultima goccia” ha detto Duterte nel discorso del 21 novembre a Taguig ai soldati che parteciparono a Marawi. “Non sono più disponibile a colloqui ufficiali. Facciamo la guerra”.
Il governo filippino, secondo il consigliere di pace Jesus Dureza, ha già informato il governo norvegese ringraziandolo per aver facilitato i colloqui di pace.
Duterte la gueeriglia dichiararono cessate il fuoco unilaterali come atti di buona volontà per ricominciare colloqui di pace formali ad agosto 2016 solo pochi mesi dopo che fu eletto presidente.
Le due parti comunque cancellarono i propri cessate il fuoco all’inizio di questo anno accusandosi di aver violato la fiducia compreso il non aver liberato 400 prigionieri politici del CPP/NPA e gli attacchi dell’insorgenza su obiettivi di stato.
La fine formale dei colloqui di pace giunge dopo che l due parti avevano fatto passi sulle riforme economico-sociali ed accordi per alleviarla diffusa povertà alla radice del conflitto.
Il NDF, braccio politico del CPP, ha rivelato che i gruppi di pace avevano firmato documenti bozza sulla riforma agraria, lo sviluppo rurale, industrializzazione nazionale e sviluppo economico di cui avrebbero potuto beneficiare milioni di filippini qualora applicati.
Ora invece Duterte minaccia di ridefinire NPA come gruppo terroristico, etichetta che nel 2011 il governo Aquino tolse per perseguire i colloqui di pace.
Non è chiaro se questo internazionalizzerà ancora di più il conflitto. Nel passato ci sono stati rapporti che dicono che la Cina e la Corea del Nord abbiano dato armi, fucili d’assalto, al NPA.
Gli USA già nel 2002 classificarono CPP e NPA come organizzazioni terroristiche “a causa dell’obiettivo di abbattere il governo filippino mediante una guerra di guerriglia protratta.” Casa simile fece la comunità europea.
Non è certo se la rinnovata assistenza antiterroristica USA e Australiana possa essere diretta verso NPA.
L’insorgenza comunista che si crede fondata nel 1969 dallo studioso di sinistra Jose Maria Sison ha fatto oltre 30 mila morti da entrambe le parti e tra i civili.
Raggiunse la su forza massima al tempo de dittatore Marcos con oltre 20 mila combattenti. Nel 2015 i militari filippini stimavano la forza in 3200 combattenti ed hanno frequentemente affermato che questa guerra popolare era un fronte di estorsione sotto forma di tasse rivoluzionarie.
Duterte riconobbe che la guerriglia, durante l’assedio di Marawi, rafforzava le proprie file e che sarebbe stato il prossimo obiettivo del suo governo dopo la sconfitta dei jihadisti e dei combattenti stranieri.
Rispetto agli altri gruppi ribelli, che sono concentrati in poche province a maggioranza musulmana, la presenza diffusa del NPA nel paese pone sfide logistiche.
Si sa che NPA tiene campi nomadi nelle aree di montagna delle tre isole maggiori di Luzon, Visayas e Mindanao sostenendo di avere un sostegno di base dalle comunità remote permettendo loro frequenti attacchi di sorpresa contro obiettivi di stato e privati.
Il fondatore del CPP Sison, che fu anche professore di Duterte, ha attaccato personalmente il presidente per aver posto fine ai colloqui di pace e per voler riclassificare la guerriglia come organizzazione terroristica. Di recente si è riferito a Duterte come ad un “assassino di massa, un sicofante dei poteri stranieri ed un burocrate corrotto”.
“Il popolo filippino e le forze rivoluzionarie che combattono la rivoluzione popolare democratica non hanno alcun scelta se non di intensificare la guerra popolare attraverso una guerra di guerriglia intensa ed estesa nelle aree rurali ed in operazioni partigiane o di comando nelle are urbane” ha detto Sison in una dichiarazione dall’Olanda dove vive in esilio da 30 anni.
All’inizio Sison e Duterte erano cordiali quando Duterte divenne presidente a metà 2016 ma il loro rapporto si deteriorò con insulti personali pubblici che non potevano essere di buon auspicio per un accordo di pace che differenti governi non sono riusciti a raggiungere.
Bong R. Sarmiento, Atimes.com