Nel celebrare il 50° anniversario del ASEAN e soppesare le pur tante conquiste, sorge la domanda se emergerà tra i cittadini degli stati nazione dell’Asia del Sudest un senso di identità comune.
Abbiamo bisogno di ricordare che inizialmente ASEAN fu creato dai governi della regione come uno strumento per assicurare che i paesi della regione non sarebbero stati invischiati nel conflitto della guerra fredda; e che non si intese mai ASEAN come una entità al di sopra degli stati singoli a compromettere in qualche modo la sovranità dei singoli stati.
Quando fu concepito nel 1967 non c’era l’intenzione di creare qualcosa che somigliasse ad un mercato comune con una moneta comune, oppure una cittadinanza comune, una identità comune per tutti quelli che vivevano nella regione.
Poiché è stato un progetto modesto sin dalle sue origini, bisogna valutare di conseguenza le sue conquiste.
Eppure dopo che mezzo secolo è passato, si possono vedere i segni positivi dell’avverarsi di una crescente integrazione panASEAN.
Sempre di più i suoi stati membri sentono il bisogno di accrescere il commercio all’interno del ASEAN, ed altre conquiste nelle comunicazioni e nella logistica hanno reso la mobilità per i cittadini dell’ASEAN una realtà.
Il turismo, i viaggi e le migrazioni all’interno del ASEAN sono cresciuti, e vediamo emergere il fenomeno del Turismo da zaino in spalla del ASEAN, poiché sempre più giovani cittadini del ASEAN visitano le rispettive nazioni e diventano più accomodanti verso le culture differenti.
In alcuni casi, vediamo risultati tangibili in termini di costruzione infrastrutturali, come il progetto di ferrovia ad alta velocità tra la Malesia e Singapore. Questo progetto unirà tempo e spazio tra i due paesi, abbassando piuttosto che innalzando le distinzioni di frontiera tra loro.
E’ estremamente significativo il fatto che prenda piede questo progetto quando sembra crescere un nazionalismo estremo in altre parti del mondo e quando le nazioni chiudono piuttosto che aprire le frontiere,.
Questo indica che la regione del ASEAN resta una delle più stabili al mondo, dove gli stati hanno giocato un ruolo fondamentale nel mettere insieme le comunità.
Prima delle Frontiere: le nostre radici comuni
Per quanto possano essere positivi questi sviluppi, non sono del tutto nuovi. Chi studia la storia dell’Asia del Sudest indicherà che i confini attuali della regione sono ovviamente relativamente nuovi e che erano più o meno determinati nel XIX secolo dopo il contatto dell’ASIA con le potenze colonizzatrici.
Eppure se dovessimo riportare indietro l’orologio a circa 30 mila anni fa, avremmo un quadro totalmente differente da quello che era la regione a quel tempo.
Per iniziare, 30 mila anni fa, il livello del mare era circa 150 metri più basso di quello che è oggi. Questo significa che gran parte di quello che ora chiamiamo Mare Cinese Meridionale era di fatto terra, e la regione del Sudestasiatico Marittimo era di fatto una massa di terra estesa dove vivevano rudimentali comunità agricole.
Fu l’era dei grandi movimenti e della sistemazione delle popolazioni austronesiane che sono gli antenati lontani degli abitanti del sudestasiatico di oggi. Il movimento e la migrazione degli austronesiani si estendevano dall’attuale Taiwan fino a tutto il Sudestasiatico marittimo, fino alle attuali Nias, Nusa Tenggara, Timor e Papua.
E’ qui, nella nostra storia comune che si inscrivono le prime entità politiche registrate della regione, che noi vediamo le connessioni umane che ci legano. Le popolazioni austronesiane non erano un singolo gruppo etnico con una propria cultura comune, quanto una comunità che condivideva un sistema comune di lingua austronesiana e gli storici della lingua dicono che molte delle lingue delle parti più lontane della regione mantengono fino ad ora ancora la loro radice austronesiana.
Fu solo molto più tardi, quando il livello del mare cominciò ad innalzarsi, che emerse il mare cinese meridionale, e le popolazioni austronesiane si dispersero sulle alture che costituiscono le masse di terra delle società del sudestasiatico.
Sebbene queste prime comunità si siano dopo evolute fino a diventare entità politiche e poi stati nazione, l’eredità dei movimenti, degli insediamenti e delle condivisioni tra culture nel sudestasiatico sono rimaste una realtà giornaliera di base fino al giorno di oggi.
Fino a che punto gli stati attuali del ASEAN prendono in considerazione questi fattori storici e delle realtà concrete?
Uno sguardo veloce ai libri di testo di storia in adozione nei paesi della regione ci darà un’idea fino a che punto non sia stato studiato seriamente il nostro essere interconnessi storicamente. Poche versioni ufficiali di storia citano il fatto che le comunità e le nazioni della regione condividano comunanze in termini di lingua, cultura, credi e valori. Quasi tutti i libri di testo di storia nella regione iniziano con lo stato nazione come attore primario della storia, e nel fare così negano i secoli di movimento fluido e di scambio interculturale che erano un tempo la norma secondo vivevano gli abitanti della regione.
Si deve notare, inoltre, che tutti gli stati della regione assumono i loro confini politici come una realtà politica data, ma non colgono che questi confini furono introdotti dalle potenze coloniali emanate dall’Europa ed imposti ai cittadini della regione con la forza nel periodo coloniale.
I trattati che furono siglati dalle potenze coloniali occidentali, come il trattato Anglo-olandese, di fatto imposero confini ed ostacoli sulle popolazioni locali che precedentemente si erano spostate liberamente nella loro regione e che non si percepivano necessariamente come nazioni distinte, esclusive e differenti l’un dall’altra.
L’impatto del colonialismo sul Sudestasiatico fu distruttivo nel senso che portò alla morte di un mondo fluido, mobile e policentrico dove lo scambio ed il prestito culturale era la norma e luogo comune, gettando invece le fondamenta per forme esclusive di identità nazione che erano e restano per loro natura in opposizione.
Tra i centri di potere e la periferia del ASEAN
Gli analisti ed esperti spesso parlano e scrivono della accresciuta mobilità che oggi vediamo nella regione, sebbene molto di cui si è scritto finora attenga ai modi di viaggio e di comunicazione che sono convenzionali. Fino al XIX secolo, le città portuali del sudestasiatico erano veri centri cosmopoliti per commercio, migrazioni e movimento e molti di questi centri portuali erano anche centri di diffusione del pensiero politico e di notizie.
Non è una coincidenza che città come Penang, Medan, Batavia, Singapore, Manila, Surabaya, Saigon ed altre erano luoghi dive le comunità si raggruppavano e centri di editoria in vernacolo.
Oggi, comunque, viviamo nell’era dei viaggi aerei, e i grandi luoghi e vettori del trasporto aereo sono le capitali e le città aeroportuali. Questo ha creato nuovi percorsi e reti di mobilità, spostando la nostra attenzione dal mare alla terra. Non è una coincidenza che la maggioranza delle nostre città con aeroporti internazionali sembrano essere centri di potere politico ed economico in molti paesi del ASEAN.
Questo ha condotto alcuni osservatori alla conclusione che le capitali e le megalopoli della regione sono i centri reali del pluralismo e del cosmopolitismo di oggi, mentre la provincia è vista e considerata come l’interno rurale che è più statico, più lento nello sviluppo e più omogeneo nella sua composizione sociale. Si è introdotta una chiara divisione tra il “centro cosmopolita” e la “periferia omogenea” nella sua composizione sociale, benché sostenga che una tale divisione è essenzialmente un costrutto, ed è attualmente falso.
Scrivo da studioso il cui lavoro mi ha spesso portato alle zone di confine dell’Asia del sudest, e ho studiato le modalità della vita economica e socioculturale lungo le zone di confine dell’area.
Qui faccio seguire alcune osservazioni ricavate in questi incontri.
La prima osservazione è che i confini del Sudestasiatico sono davvero porosi, e che nonostante tutti i tentativi di chiudere o regolare questi confini, i movimenti transfrontalieri in molte parti della regione sono sempre realtà casuali giornaliere. Per quanto esistano sulle mappe le linee di confine, la gente nella situazione reale vive e pensa come se avesse delle mappe mentali tutte loro.
Seconda osservazione, la gente che abita queste zone di confine spesso ha più affinità con i loro vicini politici che con gli altri cittadini in altre parti del paese. Questo potrebbe essere semplicemente perché chi vive dall’altra parte del confine potrebbe essere amico, partner commerciale, parente o persino congiunto. Sono legami familiari, organici e quindi reali.
Terza osservazione è che le comunità di frontiera spesso non hanno connotazioni nazionaliste che sono esclusive e/o ostili a l’altro. I discorsi nazionalisti definiti in modo limitato hanno meno significato e presa tra la gente che vive in queste aree di confine per la semplice ragione che il semplice “altro straniero” è letteralmente colui che sta alla porta accanto, che vi sta di fronte, e capita che sia colui con cui su commercia, si interagisce e che si sposa.
La quarta osservazione è forse la più importante. Queste esperienze di base si radicano su realtà di base del commercio, dell’insediamento, della migrazione e del matrimonio. E poiché si radicano in realtà socioeconomiche hanno un significato per persone la cui vita è formata da queste realtà.
Un approccio organico dal basso allo studio del ASEAN deve guardare a questi domini di zone di confine subregionali come propria abitudine umana, e assumere come punto di inizio il significato di patria e di locale per queste comunità.
Le storie ufficiali hanno forse qualche difficoltà nel trattare queste storie locali, subregionali di patria e appartenenza, perché esse sembrano essere in contraddizione col discorso ufficiale centrato sullo stato del governo o delle storie nazionali ufficiali che tendono ad essere totalizzanti e lineari.
Questo vuol dire che potremmo e forse dovremmo studiare il sudestasiatico non come un blocco o un’area predefinita e non come una regione definita solo dal ASEAN, quanto piuttosto come un mosaico di reti, di mondi di vita, sistemi di commercio e percorsi di contatti umani.
Molti studiosi hanno già spostato il focus della loro ricerca verso tali zone di confine in un momento in cui le aree di studio come disciplina sono sottoposte a una seria critica e valutazione interne. Molti studiosi, come anche me stesso, sentono ora che lo studio del Sudest Asiatico non può e non deve essere confinato solo allo studio degli stati politici e ai meccanismo dei centri di potere, ma debbano anche guardare alle realtà di vita di base nelle zone di periferia dove avvengono tutti i generi di interazioni e relazioni umane interessanti.
Una volta usciti dalla zona centrale dei centri di potere del ASEAN, si può dire che il modo in cui la gente immagina la propria geografia, il loro senso di identità comune subregionale, la loro comprensione delle comunità vicine sono tutti molto differenti dalle narrative ufficiali che si emanano dai centri di potere. Questo non nega l’importanza della capitale come centro di potere, ma rende più complessa la nostra comprensione del ASEAN. Inoltre mostra che non esiste una singolare realtà ASEAN di cui parlare, quanto molte comprensioni locali e radicate del ASEAN che sono condivise tra comunità differenti.
Mentre ASEAN guarda e pianifica il proprio futuro, esso deve riconoscere queste realtà di base ed essere cosciente del fatto che, ad un livello mondano, ordinario, i cittadini del ASEAN hanno multipli e talvolta sovrapposte comprensioni di quello e di chi sono.
E’ davvero il caso che i cittadini del ASEAN viaggino di più nella regione, e forse potrà emergere un senso di appartenenza comune (sebbene non cittadinanza).
Comunque questo non è un senso di appartenenza che semplifica eccessivamente ed omogenizza in un’unica massa solida i cittadini del ASEAN, quanto piuttosto un mosaico di comunità che sono strettamente legate da storia condivisa, prossimità geografica e interessi condivisi.
Per la coesione futura del ASEAN, mentre la regione entra in un periodo di storia segnata da incertezza e maggiore insicurezza, si devono comprendere ed apprezzare questi legami sociali di base che sono adottati lungo le zone di frontiera, perché potrebbero dare le forze psicosociali che manterranno insieme il Sudest Asiatico in un’era di crisi e divisione globale.
Farish A. Noor, Heinrich Boel Stiftung