L’Asia del Sudest come altre parti del mondo ha vissuto un 2017 turbolento in cui molte questioni sono relative all’arretramento dei diritti e della democrazia ed anche alla crescita del populismo.
La crisi nel Rakhine birmano, che risale almeno al 2012, è diventata il più grande disastro umanitario nell’Asia orientale. I Rohingya hanno pochissime prospettive di un ritorno in sicurezza a casa, nonostante che il Bangladesh sia molto a disagio con il numero enorme di rifugiati entrati in Bangladesh. Eppure è improbabile che molti Rohingya torneranno nel Rakhine, non di certo fino a quando i militari birmani continueranno i loro attacchi in parte dello stato Rakhine.
Negli altri eventi del 2017, Rodrigo Duterte ha dichiarato la legge marziale a Mindanao mentre si assisteva ad una guerra brutale nella città di Marawi ed ha continuato con la sua illegale guerra alla droga. La popolarità di Duterte è rimasta alta.
La politica indonesiana è stata scossa dalla sconfitta del governatore di Giacarta, Ahok, che ha dimostrato in parte la crescita di gruppi conservatori ed islamici come forze con cui scontrarsi nella politica nazionale, specie quando tali gruppi sono protetti dalle elite politiche e di affari del paese.
In Cambogia il premier Hun Sen ha lanciato la più brutale repressione dell’opposizione degli ultimi venti anni.
La Thailandia dopo aver seppellito Rama IX ha visto la chiara richiesta di Re Rama X di un maggior potere per la monarchia.
I paesi della regione dell’Asia del Sudest hanno preso atto del ritiro dell’amministrazione Trump dalla TPP e del nuovo concetto di IndoPacifico libero ed aperto, oltre che della crescente forza regionale cinese.
Nel 2018 la politica dell’ Asia del Sudest sarà dominata da elezioni importanti in vari paesi, come anche l’inizio della campagna presidenziale in Indonesia, gigante della regione.Inoltre la continua crisi in Birmania, il fatto che quest’anno Singapore sarà alla presidenza di turno del ASEAN, il successo o il fallimento di molti accordi di commercio regionali, ed una linea sempre più dura degli USA verso la Cina e la Corea del Nord avranno effetti significativi sulla stabilità della regione.
Alcuni eventi da osservare nel 2018 nel Sudestasiatico
Le elezioni nazionali in Malesia
Il governo malese deve indire nuove elezioni per legge prima del 24 agosto2018, sebbene possa indirne una prima, dal momento che si sente forse in una posizione di forza per le elezioni.
Sebbene in pochi l’avessero predetto due anni fa, quando uno scandalo avvolse il primo ministro, Najib Razak, si è ricostruito una solida fondamenta per una vittoria per la coalizione di potere ed il suo perdurare come primo ministro.
Di certo la sua immagine è stata molto colpita, per lo meno tra alcuni elettori e nella comunità internazionale, dallo scandalo 1MDB e dalla repressioni di anni contro i politici di opposizione e la società civile. Eppure Najib ed il partito UMNO sembrano ben posti per vincere le elezioni. L’opposizione è ancora in difficoltà con Anwar Ibrahim ancora in carcere e l’ex premier Mahatir come figura di divisione ed improbabile per condurre la coalizione di opposizione.
Najib e UMNO sono bravi a gestire i finanziamenti di governo, oltre a manovrare le circoscrizioni elettorali, per mantenere la fedeltà della propria base.
Inoltre il primo ministro e il partito hanno lavorato bene a catturare il cuore dei Mlay usando la retorica di richiamo sulla minoranza etnica cinese e ponendo sempre più Najib come il più grande difensore dei valori religiosi conservatori e dell’etnia malay. E’ una tattica che potrebbe danneggiare la reputazione internazionale moderata di Najib, ma potrebbe anche aiutare a togliere il voto malay dall’opposizione assicurando la rielezione di Najib.
Elezioni nazionali in Thailandia
La giunta militare thailandese ha promesso di tenere elezioni nel 2018, ad oltre quattro anni dall’imposizione del governo militare. A dicembre 2017 la giunta annunciò ai partiti politici di prepararsi per le prossime elezioni. Sembra quindi possbile che i militari terranno le elezioni dopo aver spostate per vari anni.
Perché tenerle? Le forze armate forse sono fiduciose di aver finalmente neutralizzato gli Shinawatra, dopo che il primo ministro Yingluck era fuggita dalla Thailandia ed il figlio Panthongthae è sotto inchiesta per riciclaggio, tanto che il Puea Thai di Thaksin dovrebbe raccogliere pochi voti, poiché la famiglia Shinawatra non potrà avere un ruolo chiave nelle elezioni.
I militari sono anche fiduciosi di aver cambiato così tanto il sistema politico thai dal golpe nel maggio 2014, che nessun partito potrà mai controllare di nuovo il paese, poiché qualunque partito vincesse alla camera bassa dovrà condividere il potere con senatori, burocrati ed altri ufficiali vicini ai militari stessi, e poiché le forze armate potranno assicurare cge la camera bassa sia divisa e inefficace, e che le decisioni che contano sono prese da attori non eletti. Molto probabilmente la giunta ha ragione.
Eppure non è impossibile che il Puea Thai possa vincere una maggioranza diretta nella camera bassa agitando ancora di più la politica thailandese. Al di là della famiglia Shinawatra il Puea Thai ha mostrato in passato adattabilità flessibilità, una capacità di presentare candidati non di famiglia e vincere le elezioni. Se il Puea Thai vincesse una maggioranza, le permetterebbero i militari di controllare la camera bassa?
Elezioni cambogiane, ma non aspettiamoci che siano libere
La Combogia terrà le elezioni nazionali nel 2018, previste per luglio. Ma nel 2017 Hun Sen ed il suo CPP hanno dimostrato che non permetterebbero alle elezioni del 2018 di essere libere od eque.
La repressione di Hun Sen ha trovato una vasta serie di obiettivi, da capi del partito di opposizione, a voci di media indipendenti o organizzazioni della società civile, ONG straniere ed altri critici.
E’ la più dura repressione dagli anni 90. Anche se Hun Sen rispondesse alle sanzioni USA e alle misure prese da altri attori esterni, e indietreggiasse, improbabilmente, è forse già troppo tardi per una ripresa dell’opposizione e partecipare efficacemente alle elezioni. Molti politici di opposizione sono fuggiti all’estero e non tornerebbero indipendentemente da ciò direbbe Hun Sen pubblicamente.
Hun Sen deve essere attento a non tirare troppo la corda; nonostante gli aiuti cinesi che aiutano l’economia cambogiana, il primo ministro non vuole alienarsi l’Europa ed altre democrazie come il Giappone. Se l’EU congelasse l’accesso favorevole alle merci cambogiane, si potrebbero avere ricadute per l’economia cambogiana che finora è andata molto bene.
Quindi ci si attende che il saggio primo ministro, un maestro dell’uso de bastone e della carota, potrebbe fare qualche tentativo cosmetico per riconciliarsi con Brussel, Tokio e Washington, mentre si assicura che l’opposizione non abbia possibilità di partecipare alle elezioni.
La domanda è se Hun Sen ed il CPP vince delle ovvie elezioni non libere cosa farà dopo? E’ una possibilità che lascerebbe tanti giovani cambogiani delle città alienati dalla politica e dal sistema politico. Potrebbero anche rivoltarsi se se Hun Sen dovesse provare devolvere il potere ad uno dei figli dopo le elezioni del 2018, cosa che sarebbe fortemente antipopolare in tutto il paese.
Le elezioni indonesiane del 2019
Sebbene le elezioni indonesiane non si tengano prima di un altro anno, i politici indonesiani si preparano già. La sconfitta di Ahok, ex governatore di Giacarta che perse dopo grandi manifestazioni di massa dei gruppi conservatori islamici indonesiani, dimostra che un’alleanza populisti ed islamici sostenuta da elite politiche influenti, potrebbe forgiare le elezioni del 2019.
Una tale alleanza potrebbe aiutare l’ex generale Subianto, se decidesse di partecipare, o potrebbe mettere in campo chi ha sconfitto Ahok, Anies Daswedan.
Secondo la maggioranza delle previsioni Joko Widodo sembra restare favorito per una rielezione, ma a tal fine potrebbe dover sconfiggere alcuni gruppi islamisti che sarebbero una fazione contraria a lui. Ancora più preoccupante, la corsa per Giacarta pose la questione se l’elite indonesiana fosse capace di accettare necessariamente il risultato di una elezione in cui perde il proprio candidato, problema che si sarebbe potuto porre nel caso avesse vinto Ahok e che potrebbe riemergere ancora alle presidenziali.
L’elezione a governatore di Giacarta fu preceduta da manifestazioni che non criticavano solo Ahok ma che erano intente ad una cattiva propaganda anticinese. Queste manifestazioni virulente che andarono ben oltre la critica alle politiche di Ahok descrivendolo come un demonio, sembrarono porre la questione se queste folle ed i loro sostenitori nella elite avrebbero accettato una vittoria di Ahok come legittima dopo tanta demonizzazione.
Infatti Ahok perse le elezioni e ammise la sconfitta, ma molti si domandano se Baswedan avrebbe o potuto almeno ammesso, data l’animosità buttata contro Ahok.
Si porrà la domanda se Prawobo correrà nel 2019 usando le proteste di massa di strada per amplificar il proprio messaggio e dovesse perdere. Non si potrà essere certi che l’elite indonesiana, quella che sostiene Prawobo, terrà pacificamente una sconfitta dopo una sconfitta.
Oltre a queste elezioni, ci saranno altri fatti che forgeranno la sicurezza e la politica della regione.
Eventi da osservare nel 2018 nel Sudestasiatico
La crisi nello stato Rakhine
Bangladesh e Birmania hanno discusso piani per rimpatriare i Rohingya e i siti di notizie del Bangladesh hanno detto che Dhaka ha stilato una lista di centomila Rohingya da rimpatriare per primi.
Un rimpatrio sembra improbabile nel breve periodo. Il governo di Dahka ha chiarito che non vuole che i Rohingya lascino i campi, e spera di abbassare la popolazione dei campi profughi prima possibile. I campi sono in condizione cattiva fortemente sovraffollati ed ad alto rischio di malattie.
Ma considerata l’improbabilità di fare una reale riforma nello stato Rakhine da parte del governo birmano, di dare qualche garanzia di sicurezza per i Rohingya o ammettere una qualche colpa per il massacro nel Rakhine, il solo modo che Dakha potrà rimpatriare i Rohingya è di costringerli a passare la frontiera.
Molti Rohingya temono questa situazione che se ritornano nel Rakhine sarebbero internati dallo stato, detenuti in uno dei campi nel Rakhine. E senza un reale rimpatrio, il gran numero di persone dentro i campi in Bangladesh potrebbe anche crescere nel 2018 senza soluzione in vista e con gruppi di militanti che cercano reclute nei campi.
Nel frattempo c’è la forte probabilità che in Birmania possano essere rivelate altre atrocità commesse nel Rakhine, come la rivelazione recente di una fossa comune che sembra aver spinto le autorità ad arrestare due giornalisti della Reuters. Tale rivelazioni accrescerebbero la pressione sugli attori esterni affinché ponessero sanzioni forti contro Naypidaw, isolando ulteriormente i grandi capo democratici da Aung San Suu Kyi che si è rifiutata di discutere a livello internazionale ogni prova dei crimini nello stato Rakhine.
Singapore come presidente ASEAN
Singapore col suo servizio diplomatico migliore nella regione è stata la presidenza più efficace del ASEAN. Dopo un anno in cui ASEAN non è ancora riuscita, sotto la presidenza filippina, ad affrontare in modo collettivo la più grande questione che gli stati hanno di fronte nel mare cinese meridionale, Singapore è la migliore speranza al fine di sviluppare un approccio comune a cui tutti i membri possano sottoscrivere negli incontri regionali.
Diversamente dalle Filippine che sono sempre più allineate con Pechino, Singapore è almeno capace di far discutere ASEAN del Mare cinese meridionale e mettere la questione ai primi posti nell’agenda. In aggiunta, se si fanno concreti progressi nei colloqui ASEAN Cina sul codice di condotta, i rappresentanti di Singapore rappresentano la possibilità migliore di avere quel progresso verso un codice vincolante. In aggiunta Singapore lavorerebbe ad assicurare che siano posti in essere gli strumenti già pianificati per prevenire che le tensioni tra i reclamanti diventino scontri pericolosi.
La creazione di un proprio percorso per il commercio
Dopo che gli USA si sono ritirati dalla TPP e la Casa Bianca si appresta a imporre sanzioni contro la Cina, i paesi del sudestasiatico provano a crearsi il proprio percorso. Vari stati come Singapore, Vietnam Brunei e Malesia, hanno spinto a favore del TPP. Altri paesi come le Filippine sono sempre più aperti e invitano alla RCEP cinese. I paesi del ASEAN saranno più vicini ad abbracciare il RCEP nel 2018 se il TPP non si finalizza ed il Canada non è pronto a finalizzarlo. E nonostante l’amministrazione USA spinga per accordi di commercio bilaterali, nessun paese sembra voglia esplorare gli accordi bilaterali con Washington
Lo stato islamico nel 2018 nel Sudestasiatico
Sebbene lo stato filippino abbia posto fine alla battaglia di Marawi a Mindanao, la minaccia dagli attori legati al IS non è finita. I gruppi legati allo stato islamico continueranno a reclutare nelle Filippine meridionali, in Indonesia ed in altre parti della regione. Inoltre la nascita di gruppi islamici conservatori più grandi come attori nella politica indonesiana accrescerà potenzialmente gli sforzi di reclutamento delle organizzazioni militanti.
Joshua Kurlantzick, CFR.ORG