Sin dal 2004 con lo scoppio di una nuova ondata di violenza, secondo alcuni studiosi della sicurezza le province più meridionali della Thailandia sono state sempre legate al Jihadismo transnazionale, a gruppi come Al-Qaeda, Jamiah Islamiyyah (JI) e ISIS.
L’ultimo rapporto sul Jihadismo nel meridione thailandese da parte del gruppo di International Crisis Group parla della minaccia della radicalizzazione nella regione e definisce il significato di “radicalismo” come “svolta alla partecipazione al Jihadismo da parte di individui o gruppi” ed in base a questa definizione l’articolo va avanti.
Secondo il rapporto nelle attuali circostanze è molto improbabile che il radicalismo islamico possa radicarsi nelle province più meridionali della Thailandia, conosciute come Patani di cui Pattani è una delle tre province thailandesi in oggetto.
Mentre lo stato garantisce la libertà religiosa ai musulmani, tutte le sette islamiche della regione hanno le proprie ragioni per evitare l’estremismo. Questi gruppi includono i tradizionalisti eclettici, i sunniti della scuola Shafi, conosciuti anche come Kaum Tua o vecchia scuola, i salafisti o Kaum Muda o della nuova scuola, ed i membri missionari orientati verso il puritanesimo del movimento Jemmah Tablisgh. C’è anche un piccolo numero di Sciiti ma rappresentano il gruppo più opposto al jihadismo perché quest’ultimo è ideologicamente contrario all’Islam Sciita. I gruppi del ISIS sono in guerra attiva contro gli Sciiti.
Nel contesto locale del meridione thailandese, chi è accusato più comunemente di usare la violenza ha ideologia fondamentalmente differente dal jihadismo transnazionale veicolato da Al Qaeda, ISIS o il gruppo locale di Jamiaa Islamiyyah (JI).
Come altre minoranze musulmane nell’Asia del Sud che lottano per l’autodeterminazione come il GAM indonesiano di Aceh ed il MILF filippino, i gruppi armati di Patani tra i quali il più forte BRN sono tutti in essenza nazionalisti.
Questi gruppi regionali maggioritari usano la retorica del jihad per giustificare la lotta in un senso religioso; per questa ragione taluni considerano questi movimenti suscettibili di essere influenzabili dal jihadismo transnazionale. Certamente ci sono dei tratti che queste organizzazioni hanno in comune con il jihadismo: sono musulmani che lanciano un jihad usando la violenza. Ma qui si fermano le similarità.
Qui l’interpretazione di jihad è significativa. Esso non significa necessariamente guerra. Il preciso significato del termine nel contesto dell’Islam è ogni sforzo serio fatto dai musulmani sul percorso di Allah. Ma nel tempo il significato stesso si è jihadizzato, specialmente nei media occidentali, al punto da diventare sinonimo di terrorismo estremista.
Per i musulmani, d’altro canto, jihad è un obbligo e per alcuni il più romantico e affascinante. Questo aspetto specifico è stato utilizzato dall’insorgenza musulmana del sudestasiatico per giustificare la loro lotta in senso religioso e per attrarre membri delle minoranze musulmane.
In questo contesto jihad è una guerra santa. Chi muore nel corso della lotta è martire o Shahid, a cui Dio garantisce il premio di entrare nei cieli.
Qui il concetto del jihad è una necessità per gruppi armati non statali che hanno meno risorse dello stato.
A Patani la lotta era più apertamente nazionalistica quando era condotta dall’elite locale, discendenti dei raja regionali di Patani, che erano fortemente influenzati dall’atmosfera della decolonnizzazione dopo la II guerra mondiale. Gli insorti di Patani diventano jihadisti solo dopo che i capi della prima generazione furono sostituiti dalle generazioni successive. Qui c’era bisogno di una trasformazione ideologica della lotta. Una volta che la lotta nazionalista si jihadizza essa non solo è giustificata religiosamente ma si romanticizza: un fattore importante nel reclutamento e nel sostenimento dello spirito combattente.
Proprio per questa ragione quando le risoluzioni politico del conflitto sono possibili e le condizione sono favorevoli, sono pronti ad entrar nei negoziati. Alla fine i loro obiettivi nazionalisti possono essere raggiunti con mezzi politici, non con una guerra jihadista.
Persino il BRN considera la lotta armata come un mezzo per raggiungere o sostenere la lotta politica, non il suo fine.
E’ ancora fortemente implausibile che i membri dei gruppi nazionalisti di Patani possano essere influenzato dal jihadismo transnazionale, un corpo ideologico incompatibile con la lotta nazionalista nelle attuali condizioni. Il jihad in Patani, la loro lotta per l’autodeterminazione non è ancora terminata. L’influenza dei gruppi insorti, specialmente del BRN, sembra abbastanza forte da prevenire che membri e simpatizzanti possano essere attratti dal jihadismo. Inoltre la gran parte dei musulmani malay di Patani considera l’ISIS come un prodotto della cospirazione internazionale.
Molti credono persino che ISIS sia stato creato dagli USA. In breve non esiste nulla che possa permettere al jihadismo internazionale di guadagnarsi influenza tra i malay musulmani di Patani.
Comunque ci sono rischi potenziali per il futuro.
Prima cosa, cosa accadrà se la lotta considerata come un jihad a Patani finisce?
Un attivista di Aceh, che partecipò alla formulazione dell’accordo di pace, il MOU di Helsinky che pose fin al conflitto di Aceh in Indonesia, affermò che prima del MOU il controllo del GAM sul movimento era così forte da chiudere lo spazio per il jihadismo internazionale come la JI legato ad Al Qaeda.
L’ex membro del GAM, movimento per la libertà di Aceh, ha spiegato che “in quei giorni tutte le porte per un’influenza esterna su Aceh erano chiuse”. Comunque dopo la firma dell’accordo di pace e della sua implementazione, la maggioranza dei capi del GAM furono integrati nel sistema politico locale, in competizione per posti governativi regionali e lasciando poche figure influenti a controllare l’organizzazione a livello di base.
Tale disintegrazione e lotta intestina si aggiunsero alla insoddisfazione delle popolazioni locali verso l’ordine sociale del dopo conflitto, aprendo potenzialmente lo spazio alle influenze del radicalismo e dell’estremismo sulla società locale.
Nel 2013 cinque giovani di Patani visitarono Aceh a seguito di un programma organizzato da una ONG internazionale. Uno di loro raccontò che furono avvicinati da un anziano acehnese il quale sentendo del luogo da cui provenivano, si mise a piangere e lamentò che la jihad a casa sua fosse già finita. “Siete fortunati di avere ancora funzionane la vostra jihad. Puoi essere ancora uno shahid, un martire. Se fossi più giovane mi unirei ad un jihad da qualche parte nel mondo. Ora sono troppo vecchio”.
Una delle pochissime positività del conflitto di Patani è che funziona come un baluardo contro la radicalizzazione dei malay musulmani di Patani. Ma appena il conflitto terminerà questa caratteristica non sarà più presente. Sebbene la pace sia ancora lontanissima da Patani, tutte le parti che sono attenti alla riabilitazione sociale del dopo conflitto devono considerare seriamente questa questione, di prevenire l’estremismo dopo che la lotta finisce.
Seconda cosa, la percezione troppo semplicistica che qualunque jihad sia buono è un altro fattore di rischio.
Come spiega il rapporto del ICG, per qualche membro dell’insorgenza, ISIS attrae solo per il fatto che sono islamici. La loro ragione per cui non aderiscono è che la loro jihad non è ancora terminata. Ancora una volta, la questione è di cosa accadrà dopo. Le espressioni di simpatia da parte dei malay musulmani a Patani per i gruppi estremisti sono visibili solo quando sanno pochissimo di questi gruppi, una tendenza che subito scompare quando si spiega loro per cosa lottino tali gruppi.
La questione è, fino a che punto la situazione sia sostenibile specialmente quando si ottenesse la pace? Sebbene tutti i gruppi a Patani siano antiradicali ed antiestremisti, fino a che punto questa posizione è condivisa dai militanti di base?
Un esempio citato in “Decifrare la violenza del Meridione Thailandese”, studio notevole del BRN dimostra che non tutti i militanti di base si sono unti all’organizzazione per scopi meramente ideologici.
Un membro del BRN spiegò che dopo lo scoppio della violenza nel 2004, l’organizzazione accorciò il periodo di addestramento che è qualcosa simile ad un’istruzione non formale della Thailandia (kor sor nor). Benché un corso abbreviato, stando alla dichiarazione del militante, abbia il vantaggio dell’intensità dell’addestramento, riconosce che la comprensione dell’ideologia dl partito non è così completa come prima.
Il rapporto ICG citava di prigionieri separatisti che descrivevano un sentimento di cameratismo con ISIS. E’ un importante sviluppo pericoloso. Rispetto al mondo esterno la circolazione dell’informazione in carcere è naturalmente limitato. E’ probabile che questi detenuti non abbiano conoscenza delle notizie sulla crudeltà ISIS. Eppure questo giudizio veloce positivo per qualunque cosa sia islamica è problematico
Questa tendenza è aggravata dal vuoto del discorso che discute dell’estremismo islamico nelle aree di conflitto. Sebbene lo spazio pubblico per discussione proficue si sia ristretto in modo notevole dalla giunta thailandese dopo il golpe di maggio 2014, è ancora possibile un certo livello di discussione aperta su questioni che riguardano il conflitto. Si organizzano regolarmente forum pubblici sul processo di pace in corso. Inoltre sono stati sempre attivi a Patani i forum religiosi sia nei periodi di conflitto che in pace.
Comunque questi restano su questioni religiose come l’importanza dei doveri religiosi e le celebrazioni, o sul come condurre i doveri religiosi quali le preghiere ed i digiuni. Le questioni attuali sono di rado sollevate in queste discussioni. Questa attitudine a discutere di soli temi religiosi potrebbe essere letta come una strategia di sicurezza per i capi religiosi locali i quali si assicurano la propria posizione e guadagnano il rispetto della popolazione locale, mentre evitano qualunque questione sensibile che potrebbe farli apparire sospetti indesiderabili alle autorità.
Nell’area di conflitto si applicano tre leggi speciali: la legge marziale, il decreto di emergenza e la legge di sicurezza interna. La legge marziale che fu scritta nel 1914 per difendere la monarchia assoluta del tempo ed ancora usata oggi, permette alle forze di sicurezza di arrestare chiunque sia “sospetto” senza mandato per sette giorni. Questa è la base legale per la detenzione dei cittadini del Meridione nelle prigioni militari. Il decreto di emergenza, proclamato da Thaksin, è appena meno draconiana e permette la detenzione per 30 giorni senza mandato del tribunale se il sospetto è tenuto in alcuni posti come la base militare di Ingkhayutthaboriharn a Pattani. In quasi tutti i casi i malay musulmani sono detenuti senza mandato secondo la legge marziale e la detenzione è estesa secondo il decreto di emergenza fino a trenta giorni. Il mandato relativo a questa estensione è preparato nei primi sette giorni.
Qui il concetto è cosa si intende per “sospetto”, una cosa soggettiva che non trova spiegazioni nella legge marziale né nella legge di emergenza. Perciò per la loro sicurezza a cosa più sicura per i capi religiosi nella regione è di evitare, censurandosi, qualunque cosa che potrebbe essere vista come sospetta.
La combinazione tra pubblico spazio in restrizione e attento evitare temi sensibili da parte dei capi religiosi locali ha già creato un vuoto che esaspera la perpetua mancanza di comprensione dell’estremismo islamico e del jiahdismo transnazionale nella regione.
Perciò quando il jihadismo transnazionale guadagna spazio nei media la popolazione locale può inizialmente reagire positivamente considerando questi gruppi come combattenti islamici.
Eppure questo vuoto di discussione non può essere utilizzato dai jihadisti transnazionali per mobilitare il sostegno locale, perché la jihad di Patani secondo l’insorgenza non è ancora finita. Comunque è probabile che una nuova domanda sorgerà non appena il conflitto termina: cosa fare rispetto all’influenza dell’estremismo islamico.
Le autorità thailandesi, specialmente la giunta, non sono mai state brave a risoluzioni di problemi con visioni lungimiranti. L’ultimo esempio è la morte di Pakapong Tanyakan, uno studente in una scuola militare, che fu torturato. Invece di indagare nelle circostanti della morte e mitigare la collera pubblica che ne seguì, i capi della giunta compreso il primo ministro e vari ex comandanti in capo, hanno affermato di essere tutti passati una simile esperienza.
E’ una caratteristica delle autorità thai che di fronte ad un problema serio provano a sminuire il significato della questione. Spesso la pena più visibile accettabile per le autorità è il trasferimento di ufficiali coinvolti in in comportamenti errati. Dopo di che è altamente improbabile che saranno prese altre azioni. Finora questo modo di fare ha funzionato almeno in parte, quando la questione è puramente nazionale.
Ma l’influenza del jihadismo transnazionale che sfortunatamente non terminerà con il collasso del ISIS non è un problema che può essere affrontato con minimizzazioni organizzative della questione.
Il fatto che Patani sia ancora libera dall’influenza del jihadismo transnazionale è il risultato della coincidenza e di circostanze locali piuttosto che di misure attive da parte dello stato.
Uno degli aspetti positivi del processo di pace, che è sempre criticato per mancanza di trazione, è che cominciamo a capire chi sono gli insorgenti.
Precedentemente erano troppo segreti per comprenderli. Comunque sin dall’inizio del processo di pace frammenti di informazione sui loro gruppi sono giunte dagli insorti stessi ed essi sono molto più aperti agli esterni. Alcuni di loro sono pronti ad essere intervistati.
Da questi pezzi di informazione accumulati è ora chiaro che sono genuinamente nazionalisti e totalmente differenti dallo jihadismo transnazionale.
Qui il governo e l’insorgenza hanno almeno un aspetto comune in cui dovrebbero poter cooperare. Entrambe le parti non vogliono assistere all’espansione dell’influenza del jihadismo transnazionale a Patani.
Si tratta meglio questo problema con una collaborazione costruttiva quanto prima possibile. L’espansione dello spazio pubblico della discussione, in cui chiunque della regione possa esprimere la propria opinione,non solo è fondamentale per il processo di pace ma anche per la prevenzione dell’estremismo islamico.
Finché il governo resta troppo cauto per permettere una tale aperta discussione, si potrebbe giungere alla radicalizzazione che, una volta insediatasi, potrebbe anche non permettere una via di uscita.
Hara Shintaro, Prachatai.com