Sono stati 14 anni di imboscate, bombe sul ciglio delle strade ed omicidi precisi di rappresentanti della sicurezza thai e di loro presunti collaboratori. D’altro canto la Thailandia continua a seguire una strategia doppia: conquistare la popolazione malay musulmana con lo sviluppo economico che stimoli la crescita nella regione povera della provincia meridionale e allo stesso tempo inseguire i militanti sul terreno.
Inoltre gli uomini della sicurezza sono facile prede in attesa di essere colpiti dai militanti mentre si muovono da un posto ad un altro.
In tutto sono morte quasi 7000 persone a causa dell’insorgenza ma non si vede ancora un accordo politico al conflitto.
Ogni tanto l’insorgenza porta avanti attacchi coordinati al di fuori della regione colpita dal conflitto, conosciuta come Profondo Meridione o Patani, la patria storica del Malay, per dare un forte avviso all’apparato della sicurezza di essere capaci di espandere la loro campagna di violenza lontano dalla regione storicamente interessata.
Negli ultimi mesi comunque si è assistito ad un cambio di tattica dei separatisti musulmani malay. Importante personalità, che subentreranno alla guida del movimento quando gli anziani scompaiono, credono che sia tempo di andare oltre lo svergognare e umiliare l’apparato delle forze thai.
Vogliono esplorare altre possibilità ed opportunità attraverso l’intervento di negoziatori internazionali.
Ma questo spostamento del campo di gioco dal campo di battaglia al palcoscenico mondiale non sarà una cosa facile. I membri della comunità internazionale sono riluttanti a trattare con il BRN per paura di inquietare Bangkok.
Una delle richieste del BRN per un negoziato formale con i thailandesi è la mediazione da parte della comunità internazionale. La questione si pose durante una serie di incontri negli scorsi mesi tra il mediatore designato malese Ahmad Zamzamin Hashim ed un membro anziano del comitato centrale del BRN, Doonloh Waemano.
Zamzamin usò anche il suo incontro con il capo del BRN per organizzare un incontro tra Doonloh e il capo negoziatore thailandese generale Aksara Kerdpol in Indonesia in un giorno da stabilire.
Le fonti del BRN insiste nel dire che il prossimo incontro non è né una rottura né una svolta. La posizione del BRN resterebbe la stessa: se i thailandesi vogliono portare avanti negoziati formali dovranno internazionalizzare il processo, che vuol dire che i negoziati dovranno essere mediati e facilitati da governi esteri e il luogo dovrà essere al di fuori della Malesia.
Le fonti del BRN dicono che permettere l’incontro tra Doonloh e il capo negoziatore thai è “atto di buona volontà” verso la Malesia nella sua posizione di facilitatore dell’iniziativa di pace.
I rappresentanti thailandesi sono divisi sull’idea dell’incontro stesso. Per alcuni l’incontro faccia a faccia tra Aksara e Doonloh è un passo positivo, un passo nella giusta direzione.
Altri sono preoccupati che il trattare direttamente con il BRN minerà il processo ufficiale tra Bangkok e gli altri gruppi separatisti, cioè l’ombrello organizzativo dei gruppi separatisti Malay storici di MARA Patani. Questi vorrebbero vedere il BRN entrar nell’organismo MARA Patani e trattar da lì con lo stato thailandese.
Le fonti del BRN hanno fatto sapere che il gruppo non ha fretta a sedersi al tavolo. Prima di tutto, ai loro rappresentanti dovrà esser garantita immunità legale ed essere addestrati in modo appropriato da membri della comunità internazionale con esperienza nella risoluzione dei conflitti e mediazione di pace.
Inoltre dicono che un negoziato formale dovrà essere fatto fuori della Malesia e preferibilmente in paesi occidentali con una forte reputazione nella mediazione risoluzione di conflitti.
Sia i Thai che le fonti BRN hanno detto che queste richieste hanno fatto arrabbiare Zamzamin, il capo in pensione dello spionaggio malese che ha investito molta energia nel fare la spola tra i Thailandesi ed i ribelli per tenere Kuala Lumpur al centro del processo.
Dopotutto la Malesia condivide una frontiera comune con la regione Thailandese affetta dal conflitto, cosa che la rende più parte in causa del conflitto che un onesto mediatore.
Le fonti dicono che ci siano stati almeno tre incontri tra Zanzamin e Doonloh negli scorsi sei mesi, durante i quali ha provato a convincere Doonloh di permettere al BRN di unirsi ai colloqui di pace facilitati da Kuala Lumpur tra MARA Patani e la Thailandia.
La decisione di unirsi a MARA Patani o di andare al tavolo del negoziato non dipende solo da Doonloh, perché il gruppo è governato da un consiglio, il Dewan Penilian Parti (DPP) ed una decisione così importante deve essere presa collettivamente.
Mentre MARA Patani afferma di avere membri del BRN, gli operativi del BRN sul terreno e all’estero, come anche il Dipartimento dell’Informazione in Indonesia del movimento, sostengono che queste persone agiscono da sole e senza il consenso del DPP.
I rappresentanti thai al lavoro sul conflitto dicono che MARA Patani si muove si una base incerta perché il loro processo non ha causato nulla di significativo. Inoltre il solo fatto che il BRN, che controlla virtualmente tutti i militanti sul terreno, si rifiuti di unirsi a loro al tavolo, rende difficile andare avanti con un piano qualunque, come l’implementazione di una zona di sicurezza, area limitata dove si osserva un cessate il fuoco.
L’impegno di Kuala Lumpur in questi colloqui dovrebbe chiarirsi per la fine di febbraio quando si deve rinnovare il contratto di Zamzamin con il governo. Alcuni osservatori non credono che MARA Patani possa sopravvivere senza Zamzamin al comando.
Il progresso del processo di pace va al passo di lumaca in parte perché il BRN che controlla i militanti rifiuta di venire al tavolo; ed in parte perché Bangkok non ha mai mostrato di essere interessata di voler davvero affrontare i risentimenti storico-culturali dei Malay di Patani.
La Thailandia vuole solo trattare gli aspetti della sicurezza di questa insorgenza e scontento. Il governo crede che può convincere la popolazione locale malay musulmana a negare al BRN la legittimità della lotta armata.
Questi sforzi non potranno dare frutti se Bangkok rifiuta di parlare della sfiducia e dei risentimenti storici tra Stato e la minoranza malay musulmana.
Don Pathan, Benarnews