La spinta a cambiare la carta costituzionale filippina potrebbe essere un modo per estendere la presidenza Duterte oltre il limite naturale di una legislatura
Il presidente filippino Duterte entra nel nuovo anno con un forte slancio politico da parte sua.
Ma un tentativo in corso di cambiare la carta costituzionale filippina da permettergli potenzialmente di essere presidente oltre il limite di un solo mandato di sei anni potrebbe rappresentare un momento di scontro nei mesi a venire.
L’amministrazione Duterte è prossima ad emendare la costituzione filippina per creare una nuova forma di governo parlamentare federale. Il tentativo, secondo chi lo critica, non è nient’altro che un tentativo di stravolgere il regime democratico del paese per creare una autocrazia autoreferente.
Ci sono al momento varie proposte di come rinnovare la costituzione del 1987, una carta il cui scopo era di prevenire il ripetersi della dittatura abusiva del presidente Marcos.
Una dei termini è il limite di un solo mandato per ogni presidente eletto che assicura il trasferimento pacifico di potere dal un presidente eletto ad un altro.
Pone anche condizioni stringenti per la dichiarazione della legge marziale a livello nazionale e le altre misure di emergenza da parte del ramo esecutivo. Lo sorso anno il congresso a maggioranza vicina a Duterte permise al presidente di porre l’isola meridionale martoriata dai conflitti di Mindanao sotto la legge marziale per tutto il 2018.
Chi critica il regime teme che la legge marziale potrebbe essere estesa su tutto l’arcipelago in risposta ad un attacco terroristico o ad una crisi di sicurezza. Per i sostenitori di Duterte comunque l’attuale costituzione crea una presidenza non necessariamente debole dando al capo di stato tempo e potere limitati per poter effettuar una trasformazione.
I suoi difensori pensano che il sistema attuale presidenziale unitario concentra il potere Nella Manila imperiale a spese delle regioni periferiche come Le isole Visayas e Mindanao, il regno del presidente.
L’introduzione di un nuovo sistema parlamentare di governo, sostengono, aprirà la strada alla nascita di tipi di presidenti visionari e partiti dominanti che trasformarono regioni arretrate, come lo erano Singapore e la Malesia, in centri economici importanti sotto la guida di capi nazionali forti come Lee Kuan Yew e Mahathir Mohammad.
Questo per loro potrebbe essere un momento strategico da afferrare. Secondo indagini statistiche indipendenti Duterte ha conquistato l’apprezzamento di quattro filippini su cinque alla fine del 2017. La sua valutazione era scivolata in modo deciso nel terzo trimestre a causa della percezione negativa sulla sanguinosa guerra alla droga.
Il presidente filippino ha anche abilmente fatto leva sul summit del ASEAN a Manila, dove i capi globali si sono intrattenuti con Duterte, per lustrarsi le sue credenziali agli occhi pubblici.
Questo rende dello sboccato presidente populista il più popolare dei capi eletti al mondo. Sostenuto da un forte plauso popolare, Duterte ed i suoi alleati sembrano intenti a consolidare la presa duratura sulle istituzioni statali attraverso la trasformazione del sistema politico.
Essi sembrano intenti a reprimere ogni critica del suo governo come lo si è visto con l’ordine del SEC di lunedì che revoca a licenza operativa al coraggioso Rappler.
Il governo ha negato ogni coinvolgimento nell’ordine di chiusura anche se Duterte in precedenza aveva minacciato il sito per il suo giornalismo sulla guerra alla droga. Mettere la museruola ai media, dicono alcuni, potrebbe essere parte di una cospirazione più vasta a mitigare la critica della spinta a cambiare la costituzione.
La bozza costituzionale del partito di Duterte PDP-Laban vuole apertamente rimuovere i limiti attuali alla presidenza estendendo il regno del presidente oltre il limite del 2022 quando finiscono i sei anni di presidenza.
Abolirebbe anche a vicepresidenza, storicamente e attualmente la roccaforte dell’opposizione. L bozza invece prevede una legislatura bicamerale, composta di un’assemblea federale, dove i rappresentanti sono selezionati su base nazionale, ed un Senato composto di rappresentanti regionali.
Un sistema di presidenza dominante, dove l’esecutivo eletto può stare al potere per un decennio e seleziona il primo ministro tra i membri dell’Assemblea federale, è simile a quello francese e turco. Il presidente resta comandante in capo delle forze armate e architetto della politica estera.
L’opposizione a Duterte sostiene che la costituzione proposta potrebbe potenzialmente creare un sistema presidenziale duale alla Putin mentre una figura dominante potrebbe ruotare tra gli offici della presidenza e del primo ministro ed essere perpetuamente il capo nazionale di fatto.
Tra i più forti sostenitori del presidente ci sono Ferdinand Bong Bong Marcos, figlio del dittatore filippino Marcos, e Gloria Macapagal Arroyo, ex presidente filippino, e già sono largamente visti come i possibili futuri primo ministro di Duterte nell’eventualità del cambiamento costituzionale.
Alla fine dei conti uno spostamento verso la nuova forma di governo porrebbe Duterte nella posizione di estendere il suo mandato dandogli un’opportunità senza precedenti di riformare il sistema politico filippino a sua propria immagine.
Il portavoce presidenziale Harry Roque comunque ha negato piani per estendere il mandato di Duterte ed ha detto “Se la costituzione è emendata.. Duterte vorrebbe lasciar andare, perché non è entusiasta di restare come presidente. Questa è la verità”
I capi dell’opposizione come il senatore Antonio Trillanes risponde che c’è da essere ingenui a “mangiarsi tutto quello che dice il presidente” ed ha detto che una nuova costituzione darà a Duterte ed i suoi il pretesto di un cambiamento di regime.
Il presidente del Congresso Alvarez, forte alleato del presidente, ha proposto la cancellazione delle elezioni locali previste a metà 2018 per aprire la strada ad un plebiscito che a sua volta agisce da precursore alla creazione di una nuova forma di governo.
Il Congresso, che dà a Duterte una supermaggioranza, propone anche la creazione di una Assemblea Costituente, in cui i membri della camera bassa votano insieme con il senato sugli emendamenti proposti che devono essere approvati con i tre quarti dei voti della legislatura combinata.
I capi dell’opposizione vedono in ciò un modo nascosto per diminuire il potere del Senato che ha molti membri in meno e che storicamente è servita come controllo istituzionale dei presidenti che tendono a strafare.
Ma il popolare Duterte e i suoi sostenitori nel parlamento sembrando pronti a spostare la democrazia filippina verso una direzione meno democratica.
Jason Castaneda, Atimes.com