Lo scorso mese l’Assemblea Nazionale della Thailandia, il parlamento controllato dai militari, annunciò un piano per ritardare l’applicazione della nuova legge elettorale ponendo così le basi per un nuovo ritardo delle elezioni. In precedenza il PM generale Prayuth promise che le elezioni si sarebbero tenute nel 2018. Sarebbe così la quarta volta di uno spostamento della data delle elezioni.
L’annuncio ha dato vita ad uno scossone nel mercato azionario thailandese. Il 25 gennaio l’indice della borsa perse 1.07% a riflettere l’ansia per l’incertezza politica futura. La mancanza di fiducia degli investitori colpirà senza dubbio in modo negativo la credibilità del governo militare che, giunto al potere col golpe militare del 2014, ha mostrato pochi segni di voler restaurare del tutto il potere democratico di civili.
In ballo non c’è solo il benessere economico del paese ma anche il futuro politico. La capacità di controllare il dominio politico dell’era post Bhumibol è fondamentale per gli interessi di lungo termine della giunta al potere.
La fluidità della transizione reale, che ha visto la salita al trono di un re impopolare come Vajiralongkorn, significa che la situazione è lontana dall’essere definita spingendo i militari a continuare a tenersi attaccati al potere.
In questo contesto le tattiche dilazionatorie vogliono assicurare che non ci sono oppositori e che non ritorneranno dopo le prossime elezioni, e che i militari garantiranno la propria parte di potere politico persino dopo che si dimetteranno in un futuro indefinito. Per le elite militari, che non nascondono il disgusto per gli ex premier Thaksin o la sorella Yingluck, gli Shinawatra rappresentano ancora la minaccia maggiore sia alla loro posizione politica che, più importante, alla stabilità del trono.
Infatti fu la paura dell’influenza restante degli Shinawatra a spingere i militari a lanciare due colpi di stato in otto anni, rovesciando nel 2006 Thaksin e nel 2014 Yingluck.
L’emergere nel 2001 di Thaksin aveva minacciato di spostare la struttura vecchia di potere, dominata per decenni dall’asse monarchia militari. Thaksin, che era il campione della democrazia elettorale, riscrisse il copione politico, costruendo una efficace piattaforma politica che mirava a rafforzare i poveri ed alienarsi il vecchio ma potente duopolio.
Per bloccare l’influenza crescente di Thaksin, i nemici lo posero in contrasto con il riverito Re Bhumibol e permisero di portare avanti la loro battaglia politica personale contro Thaksin sotto il pretesto di salvaguardare la monarchia, importante istituzione riverita del paese. Ma ora che l’era di Bhumibol è terminata con la scomparsa del monarca rispettato, i militari sono più suscettibili per presunti legami stretti tra Thaksin e Vajiralongkorn.
Che siano reali o falsi, queste dicerie hanno innervosito i militari, i cui comandanti sono preoccupati che il vuoto di potere, generato dalla fine del regno formidabile di Bhumibol ed ora nella piena incertezza, sia a rischio di manipolazione se non persino occupato in parte dagli Shinawatra.
Per loro le relazioni tra Thaksin e Vajralongkorn danneggeranno il vecchio status quo che governa da tanto il paese.
Benché fosse stipulato nella costituzione che la monarchia dovesse stare al di sopra della politica, gli interventi periodici durante le crisi violente del passato da parte di Bhumibol erano diventati una norma politica accettata dalla maggioranza dei Thailandesi. Considerando il ruolo significativo della monarchia nella politica, ci si attende che la visione di Re Vajiralongkorn forgerà di certo i contorni politici futuri della Thailandia.
Sin dalla sua ascesa al trono nel dicembre 2016, Vajiralongkorn si è preoccupato di consolidare la propria posizione, in modo particolare attraverso la richiesta di emendamenti costituzionali, in particolare, sugli articoli che parlano degli affari reali.
Limitò, per esempio, la responsabilità del reggente in modo che, da ora in poi, non ha bisogno di nominare un reggente quando risiede all’estero. Questo elemento è significativo perché gli consente di governare il regno stando lontano, mentre assume la Germania come principale paese di residenza. In aggiunta ha preso il pieno controllo effettivo dell’Ufficio delle Proprietà della Corona permettendogli di gestire la propria ricchezza senza interferenza dello stato.
Sebbene Vajiralongkorn abbia già violato apertamente i protocolli reali, i militari vogliono farlo felice per poter mantenere i loro legami. Di conseguenza, fu accettata la sua richiesta di emendamenti costituzionali. In questo contesto la tattica dilatoria delle elezioni è utile, almeno in questo momento, per rafforzare sia la collaborazione dei militari con il nuovo re e per rimuovere la minaccia degli Shinawatra una volta per tutti. Le pressioni su Yingluck a fuggire dal paese realizzavano la missione dei militari
Per dimostrare la propria lealtà al re, i militari sono stati pronti ad applicare la legge di lesa maestà per proteggere la dignità del nuovo re. Dall’inizio del nuovo regno sono cresciuti vertiginosamente i casi di lesa maestà. Uno studente di Khon Kaen è stato arrestato per aver condiviso un articolo della BBC sulla biografia del controverso re. Reprimere i critici della monarchia è stata da molto la missione principe dell’esercito ma la recente assertività è davanti agli occhi di tutti.
Nel frattempo Vajiralongkorn ha ricambiato lavorando su molti progetti insieme ai militari, dalle sue campagne di passeggiate in bicicletta, sponsorizzate totalmente dai militari, alla sua benedizione del regime militare dimostrata dall’indifferenza verso le voci democratiche del paese. Anche questo non dovrebbe essere una sorpresa: il ritardo delle elezioni è una tattica necessaria nel processo rinnovato del vecchio duopolio militari monarchia.
Cosa comporterà tutto questo per la democrazia? Il ritardo deluderà molti Thai e investitori esteri. Potrebbe o sfinire i movimenti democratici nel paese o intensificare la loro determinazione a rovesciare il regime militare. Comunque uno stallo governerà il paese.
Il ritardo avrà ripercussioni per la democrazia nel Sudestasiatico. Gli ultimi eventi nella regione fanno sorgere il pessimismo sul futuro della democrazia con la nascita del governo Duterte nelle Filippine, la continuata repressione dei diritti umani in Cambogia e la crisi Rohingya che si è sviluppata sotto la presenza di Aung San Suu Kyi.
Pavin Chachavalpongpun, Thediplomat