Cina e Filippine prendono in considerazione una serie di accordi di condivisione delle risorse marine del mare cinese meridionale, ultimo sviluppo di una tendenza diplomatiche calda che ha ridisegnato il calcolo strategico dell’area marittima della disputa.
L’iniziativa è stata svelata durante la visita di fine marzo del ministro degli esteri filippino Peter Cayetano a Pechino, dove ha fatto eco all’esaltazione di Duterte del periodo d’oro delle relazioni tra Cina e Filippine.
Cayetano ha reiterato l’interesse del suo paese ad assicurare che “le dispute nel mare cinese meridionale non bloccheranno più lo sviluppo di legami bilaterali” ma piuttosto “diventeranno una fonte di amicizia e cooperazione tra i due paesi”.
I due vicini hanno accettato di perseguire progetti di “esplorazione di petrolio e gas” basati sy “un adatto quadro legale” che sarà benefico per entrambi e chiaramente eviterà le questioni intrattabili di sovranità sulle caratteristiche di mare contestate.
Il ministro degli esteri Wang Yi ha riassicurato che qualunque accordo di condivisione di risorse nelle aree ricche saranno esplorate e condotte in un “modo prudente e costante” per assicurare il successo e la fattibilità.
Le Filippine hanno un bisogno disperato di sviluppare sorgenti di energia alternativa nazionali mentre la Cina vuole legittimare i suoi vasti reclami nel mare cinese meridionale come definiti nella sua nota mappa delle nove linee.
L’Istituto di studi internazionali del Ministero degli esteri cinese ha stimato che potrebbero essercu fino a 344 miliardi di barili di petrolio e fino a 72 migliaia di miliardi di tonnellate di gas naturale nel Mare Cinese Meridionale.
L’ente energetico USA d contrasto stima che l’area ha fino a 33 migliaia di miliardi di petrolio e 14 migliaia di tonnellate di gas naturale.
Comunque sia il potenziale di olio e gas contribuisce alla crescita delle tensioni nella critica via d’acqua attraverso cui passano 5 milioni di miliardi di dollari di traffico marittimo all’anno.
La nuova proposta cinese filippina troverà una forte resistenza a Manila dove importanti figure militari, politiche e nazionaliste restano scettiche delle intenzioni più vaste della Cina nelle acque reclamate dalle Filippine.
Non è la prima volta che i due paesi hanno cercato di trovare un compromesso piuttosto che scontrarsi sule risorse dell’area.
Un tentativo precedente fu fatto dalla presidente Arroyo nel 2001 quando Filippine e Cina insieme al Vietnam esplorarono la possibilità di un accordo di sviluppo congiunto sulle aree dove si sovrapponevano i reclami territoriali.
Secondo l’accordo JMSU del 2005 il gigante energetico cinese CNOOC iniziò l’esplorazione sismica nelle aree potenzialmente ricche che erano rivendicate dai tre paesi. A sua volta Petrovietnam e la PNOC filippina avevano il compito di trattare e interpretare i dati dell’indagine del CNOOC.
Lo scopo era generare fiducia e confidenza prima di procedere con l’estrazione e condivisione delle risorse nell’area. Nel 2002 Cina e Vietnam negoziarono un accordo di delimitazione marittima nel golfo del Tonkino come preludio per un accordo di sviluppo congiunto.
Questo in quel tempo fu visto come un preludio alla cooperazione in aree geografiche più sensibili, cioè le aree ricche di energia della costa vietnamita e vicino alle isole Paracelso occupate dalla Cina. Sia l’accordo sul golfo del Tonkino che JMSU non si materializzarono o furono prese da controversie.
Vari gruppi della società civile filippina ritennero l’accordo JMSU anticostituzionale sollevando preoccupazioni sulle clausole segrete come sullo scopo dell’accordo.
Per alcuni l’amministrazione Arroyo svendette gli interessi di sovranità nel mare cinese meridionale proprio mentre suo marito fu impelagato in un progetto infrastrutturale di telecomunicazioni con la cinese ZTE.
Allo stesso tempo Hanoi sostiene che Pechino non si è attenuta alla sua parte dell’accordo sul golfo del Tonkino.
Un accordo simile annunciato nel 2008 tra Cina e Giappone per fare del Mare cinese orientale un’area di “pace cooperazione e amicizia” ebbe un simile contraccolpo nel 2013 a causa delle costruzioni cinesi nelle aree contestate.
Questa volta comunque la Cina mira chiaramente a comportarsi bene con le Filippine, alleato storico degli USA che si è spostata verso la Cina sotto Duterte.
“Vogliamo essere certi che le nostre relazioni bilaterali non sono definite dalle dispute ma dalle aree di comune interesse” ha detto l’ambasciatore filippino Jose Santiago Sta Romana in Cina.
Il JDA ha detto il diplomatico è un modo di assicurarsi che i due vicini stabiliscono un modus vivendi sostenibile nel Mare Cinese Meridionale. Finora non è chiaro quello che hanno in mente i due paesi.
In teoria, ogni accordo di condivisione deve essere consistente con gli interessi nazionali di entrambi come pure con la decisione del tribunale de L’Aia del 2016 che annullò molti dei reclami storici della linea delle nove linee sulle aree rivendicate da Manila.
La costituzione filippina vieta ogni JDA con entità straniere che rifiutino di riconoscere la sovranità esclusiva all’interno della zona economica esclusiva.
Ogni accordo all’interno della mappa dalle nove linee potenzialmente viola la legge internazionale legittimando i reclami eccessivi e di espansione della potenza asiatica nelle acque adiacenti.
Secondo la decisione arbitrale del 2016 Filippine e Cina non hanno zone economiche esclusive in sovrapposizione , quindi non è chiaro quale sarebbe la base legale per un’equa e legittima condivisione di risorse in accordo con i dettami ella UNCLOS.
Il giudice della corte suprema Antonio Carpio ha descritto ogni accordo con la Cina di condivisione di risorse all’interno delle acque filippine come incostituzionale che da la base per la messa sotto accusa di Duterte. I rappresentanti della difesa continuano a suonare l’allarme sulla presa militare cinese nelle acque adiacenti.
Le due parti forse pensano ad azioni di condivisione di risorse come quella del gas della Camago Malampaya, al largo dell’isola di Palawan nel mare cinese meridionale dove giganti energetici Chevron e Shell sono gli investitori principali.
Una proposta è che la Filippina PNOC faccia un contratto con la cinese CNOOC per sviluppare risorse energetiche nelle vicine isole Calamian che sono fuori della zona filippina e della mappa delle nove linee.
L’accordo apparentemente libera gran parte degli scogli legali potenziali e sembra fattibile politicamente. Un accordo simile anche s controverso lo si considera nelle vicinanze alle Reed Bank, sito potenziale di grandi risorse di idrocarburi.
Anche se le due parti non concretizzano mai l’abbozzato JDA la sola discussione di tali accordi permetterà alla Cina di ulteriormente dividere e comandare i suoi vicini più piccoli resistenti mentre dà una nuova veste diplomatica alla sua presenza militare in costante espansione nel più vasto mare cinese meridionale.
Richard Heydarian, Atimes.com