Pailin è una piccola cittadina annidata nella foresta tropicale vicino alla frontiera cambogiana con la Thailandia. Un posto senza pretese che si trova al centro di una delle aree principali di diboscamento della Cambogia.
Pailin nasconde segreti comunque. Alla fine degli anni 70 fu in questa città che i Khmer Rossi crearono una delle loro principali roccaforti governando il paese con una ferocia che causò almeno due milioni di morti. E’ una brutta eredità sotto ogni punto di vista.
Ma Pailin ha anche un’altra cosa non ricercata per essere famosa, associata anche con la morte diffusa.
La città è nel cuore di una regione che ha visto crescere ondate successive di resistenza ai farmaci antimalarici nella sua popolazione che si sono poi diffuse nel mondo.
Il costo delle morti successive lo si può misurare in milioni di vite secondo gli scienziati.
Non è chiaro perché la resistenza ai farmaci antimalarici sia nata qui. Gli scienziati sono comunque empatici: la regione ha visto la creazione di varie mutazioni nei parassiti della malaria che hanno permesso loro di ignorare le medicine che un tempo proteggevano gli esseri umani.
Anche peggio, hanno scoperto che è comparsa una nuova ondata di resistenza dei farmaci in questa piccola area e si diffonde già in Thailandia, Laos e Vietnam ed ha iniziato a viaggiare in Birmania viaggiando verso India e Bangladesh.
La prospettiva ha allarmato tanto scienziati e politici che la questione sarà posta come argomento di emergenza da dibattere ai capi di stato del Commonwealth a Londra dal 16 al 20 aprile.
Ci sono 19 stati africani nel Commonwealth, il continente che è il più vulnerabile alla malaria. Secondo le statistiche OMS, il 90% delle morti di malaria avviene in Africa. Di qui la preoccupazione di tanti capi di stato del Commonwealth che credono che le loro patrie spno le più a rischio della diffusione di resistenza della malaria.
“Il problema è che si è prudenti” dice il professore Nicholas White dell’Unità di ricerca di Medicina Tropicale di Oxfort della Mahidol. “L’OMS non ha dato la necessaria guida. Abbiamo bisogno di una ferma azione diretta ed al momento non l’abbiamo”.
La resistenza alle grandi medicine della malaria apparvero alla fine degli anni 50 quando la Clorochina, che allora era un trattamento estremamente efficace per la malattia, cominciò a perdere efficacia. Questa resistenza apparve per prima in Pailin sulla frontiera Cambogiana Thailandese e poi si diffuse in Africa nei primi anni 80.
Si aggiunsero varie milioni di morti al già tetro costo di vite umane della malattia.
Fu sviluppata una nuova serie di medicinali, le sulfadossine pirimetamine, che furono usate per trattare la malaria. Ma ancora una volta apparve la resistenza alle medicine ed ancora si manifestò attorno a Pailin prima di diffondersi ad occidente. Crebbe ancora il costo in vite umane.
Poi all’inizio di questo secolo, fu sviluppato un nuovo gruppo di medicinali. Conosciute come artemisine, furono scoperte nel 1972 da uno scienziato cinese Tu Youyou che ebbe il premio Nobel nel 2015 in medicina per il suo lavoro. Data come un secondo medicinale a più lenta azione, le artemisine sono diventate la medicina di scelta per trattare la malaria nel mondo, portando a miglioramenti nelle statistiche ed ad un minor numero di morti e contagi nel mondo.
Ma ora gli scienziati hanno scoperto ultimamente ancora una volta che è cambiata la resistenza alle medicine antimalariche fondamentali ed esattamente nello stesso posto: i villaggi e le campagne che circondano Pailin.
“La resistenza è emersa esattamente nello stesso posto dove sono emerse le resistenze per la clorochina e le pirimetamine. Lo stesso identico posto attorno a Pailin” dice White
Non è chiaro perché proprio questa piccola area del sudestasiatico si è dimostrata così fertile per la comparsa della mortale resistenza ai farmaci antimalarici, un fatto sottolineato da Dominic Kwiatkowski, direttore del centro di genomica e salute mondiale della Oxford University.
“Vorremmo sapere tanti la ragione ma non è ovvia” ha detto Kwiatkowski. “Un’idea è che l resistenza continua a nascere qui per ragioni storiche. Forse ha a che fare con il modo con cui vengono date le medicine qui. Ma esattamente come?”
Questa è solo una teoria tra le tante che sono state presentate per spiegare perché questa resistenza appaia prima qui.
Il ceppo locale di parassiti malarici forse acquisiscono speciali proprietà, oppure l’ecologia della regione ha caratteristiche che accrescono la nascita della resistenza. “Il punto fondamentale è che abbiamo bisogno di fare qualcosa e quindi di monitorare la situazione molto attentamente” dice Kwiatkowski.
Un fattore che di recente è diventato chiaro è che la resistenza ai farmaci apparve molto presto nella regione. Ricercatori della Wellcome Sanger Institute che hanno scritto su Lancet Infectious Diseasescorrect a febbraio hanno detto che la resistenza alle terapie combinate che includono artemisina nacquero quasi contemporaneamente quando l’artemisina fu introdotta come farmaco di prima linea. Comunque questa perdita di efficacia non fu subito individuata per varie ragioni se non vari anni dopo.
Le conseguenze di questo fallimento furono sottolineate da Ben Rolfe che guida Asia Pacific Leaders Malaria Alliance.
“Sotto la nostra osservazione i ceppi resistenti si sono diffusi quasi senza farsi notare” ha detto al BMJ. “Di conseguenza rischiamo una rinascita globale della malattia”.
La domanda che si trovano gli scienziati, e con loro capi di stato e ministri della sanità, è diretta: Cosa si può fare? White è enfatico: “Abbiamo una finestra di opportunità ma si sta chiudendo rapidamente.”
Quello di cui c’è bisogno è una campagna gestita con efficienza militare di usare le medicine attuali, finché mantengono una qualche efficacia, non solo sulle persone che hanno già la malaria ma anche su individui che sono stati infettati ma che non sono morti o che non mostrano sintomi della malattia.
“Questi individui portano con loro un piccolo numero di parassiti e sebbene non si ammalino sono fonti di nuove infezioni” dice White. “Le zanzare li pungono, prendono il loro sangue e li diffondono agli altri. Sono la fonte di nuove infezioni”.
Il piano proposto da White ed altri è che chiunque in un villaggio in un centro di malaria deve essere trattato con farmaci antimalarici, indipendentemente dai sintomi.
“Si chiama somministrazione di massa di farmaci. E’ molto problematico ma funziona, se fatto come parte di una strategia concertata. Se lo si fa male si peggiora il problema della resistenza. Lo si deve fare bene. Ma se non lo fai non potrai eliminare la malaria abbastanza velocemente e se la resistenza peggiora potrebbe non avere più trattamenti”
In aggiunta si propone che si aggiunga un terzo farmaco antimalarico alla terapia in combinazione attualmente usata per trattare chi invece ha preso la malattia: una tripletta invece di una doppietta. La prossima settimana, il dipartimento per lo sviluppo internazionale britannico annuncerà il sostegno per le prove dell’uso di tre farmaci in combinazione.
Da parte loro i rappresentanti dell’OMS dicono che i pericoli posti dai nuovi ceppi resistenti ai farmaci antimalarici sono esagerati e che migliori sforzi di prevenzione, di monitoraggio e trattamento limiteranno la sua diffusione dalla regione del Mekong.
Altri non sono così sicuri. Il summit sulla Malaria, organizzato dalla campagna Ready to Beat Malaria si terrà a Londra il 18 aprile, dopo quello del summit del Commonwealth, a cui parteciperanno scienziati e uomini di affari tra i quali Bill e Melinda Gates. Premono per impegni urgenti dei capi di tutto il mondo per combattere la malattia.
“Siamo attualmente all’orlo di un dirupo” dice un portavoce di Ready to Beat Malaria. “Continuiamo a combattere la malattia o rischiamo una rinascita acuta e mortale”
White sostiene questa visione. “Sta finendo il tempo a nostra disposizione e se non si agisce rapidamente la gente soffrirà e a soffrire di più saranno i bambini africani”
Robin McKie, The Guardian Observer