Il turismo nel sudestasiatico è l’industria che continua a funzionare per le nazioni della regione ma potrebbe esserci il bisogno di contrarre il numero degli arrivi per salvare le affollate destinazioni costiere da una miscela di inquinamento ed eccessivo sviluppo.
La Thailandia che ora genera il 20% del suo PIL dal turismo ed industrie collegate ha chiuso periodicamente isole e centri di immersione sin dal 2011 per dare tempo alle vulnerabili barriere coralline di rigenerarsi.
A marzo il governo annunciò che Maya Bay sull’isola di Koh Phi Phi, celebrata in un film famoso, sarebbe stata chiusa per sei mesi a cominciare da giugno per permetterle di rigenerarsi a causa del numero sempre crescente dei turisti.
La destinazione popolare di Pattaya ha una qualità bruttissima dell’acqua nonostante sforzi annosi di pulizia. Sull’isola thailandese di Phuket la famosa spiaggia di Phuket è anche considerata al limite per la contaminazione delle sue acque.
La Thailandia non è sola. Il presidente filippino Duterte di recente ha ordinato la chiusura per sei mesi dell’isola turistica di Boracay a cominciare da fine aprile dopo che si è scoperto che 51 hotel e resort versano direttamente in mare i propri reflui.
Le valutazione di rischio ha anche ritrovato livelli insalubri di rifiuti umani e metalli pesanti a largo dell’isola indonesiana di Bali, legati in parte al turismo.
L’area turistica popolare vietnamita di Mui Ne si deteriora velocemente a causa delle cattive pratiche di costruzione che hanno portato all’erosione delle spiagge oltre che all’inquinamento. Duong Dong sull’isola di Phu Quoc è piena di rifiuti e reflui dagli hotel e dall’ancoraggio delle flotta di pescherecci del villaggio.
Persino la Birmania, il gioiello turistico emergente della regione, sembra essere stata toccata dallo stesso destino. La spiaggia a Ngapali, che ora riceve un milione di turisti l’anno, è minacciata dalla cattiva qualità della gestione dei rifiuti, dalla estrazione indiscriminata di sabbia e dall’assenza di pianificazione nella costruzione di alberghi.
Con tutte queste cattive notizie sarà un problema mantenere l’interesse dei turisti, ma la regione non può permettersi di lasciar andare un’industria che fattura 200 miliardi di dollari l’anno e dà lavoro a 12 milioni di persone. Contribuisce col 14% al PIL Cambogiano, col 7% a quello Vietnamita e una media del 5% a quello delle altre economie.
Il problema è che il destino del turismo è solo in parte nelle sue stesse mani. La questione dell’inquinamento è spesso causato da industrie, come estrazione mineraria e del legno nelle aree interne che riversano i loro reflui nei fiumi i quali poi alimentano gli estuari lungo la costa.
L’industria della pesca è un grande inquinante in Vietnam, le acque sporche dei porti sul versante orientale della Thailandia, Bali è inquinata da metalli pesanti dell’industria della gioielleria, e i fertilizzanti usati nell’agricoltura si riversano nelle aree costiere famose tra i turisti nella regione.
Nessuno dei dieci paesi della regione si posiziona nell’alta classifica per sostenibilità ambientale nell’Indice di Competitività del Viaggio e Turismo del WEF nel 2017.
L’Indonesia era al 131° posto, Cambogia al 130°, Vietnam al 129°, Malesia al 123°, Thailandia al 122°, Filippine al 118° Laos al 98° su 136 nazioni. Birmania e Brunei non sono stati inclusi e Singapore al 51° posto.
La cattiva protezione delle foreste e delle specie selvatiche sono gli elementi che hanno portato i punteggi verso il basso. Il quadro è migliore per la sostenibilità più specifica dell’indice di sviluppo dell’industria del viaggio e del turismo in tutti i paesi tranne Vietnam e Cambogia.
Questi due paesi hanno il quadro normativo tra i peggiori; la Thailandia ha anche degli intoppi normativi grossi che sono in via di risoluzione.
L’ASEAN ha fatto sforzi per rendere il turismo più rispondente con un pacchetto “Green Standards” per gli hotel, ma i governi spesso sono colpevoli di proteggere quelle imprese che hanno un legame politico.
A febbraio un tribunale vietnamita condannò il militante Hoang Duc Binh a 14 anni di carcere per aver fatto campagna contro un inquinamento ambientale di un’industria che aveva inquinato 125 chilometri di costa nel 2016.
L’industria siderurgica Ha Tinh di Formosa alla fine si è assunta la colpa pagando 500 milioni di dollari di risarcimento.
Venezia e Barcellona, le due grandi destinazioni turistiche europee, guardano entrambe ad una riduzione di arrivi. Dubrovnik in Croazia e Santorini in Grecia accetteranno solo 8000 turisti alla volta.
Il gruppo di isole delle Seychelles hanno vietato la costruzione di nuovi hotel per scoraggiare i visitatori; i turisti possono visitare le Galapagos per 15 giorni.
Machu Pichu in Perù imporrà severe condizioni alle visite a partire dal 2019 per ridurre il numero dei trekker. Le Cinque Terre sulla riviera italiana ha posto il limite agli arrivi a 1.5 milioni e la costa ligure guarda a simili misure.
Non sarà facile convincere le aziende del sudestasiatico a non accettare i turisti. I limiti degli attivi “produrranno opposizione dagli strati di popolazione a basso reddito o che non riescono a vedere una crescita” dice il rapporto del TCWT dove si legge anche:
“In modo sorprendente forse molti del settore privato sono d’accordo sul fatto che alcune destinazioni si trovano al limite operativo. Quello che vogliono è di operare con regolamenti chiari ed applicati uniformemente.”
Alan Boyd, Asiatimes.com