Un migliaio di manifestanti si sono riversati nelle strade di Chiang Mai, la più grande città del nord thailandese, per protestare contro la costruzione di case per rappresentanti pubblici ai piedi di una collina coperta di foreste, Doi Suthep, sacra per i Thailandesi del Nord.
La manifestazione per Doi Suthep è forse la più grande da quanto la giunta NCPO ha preso il potere con il golpe di maggio 2014, nonostante la giunta NCPO abbia vietato ogni forma di assembramento. La manifestazione comunque sembra sia stata autorizzata dalla polizia di Chiang Mai.
La manifestazione era stata organizzata da moltissime organizzazioni civiche che si sono definite persone dal cuore verde e che chiedevano la demolizione di questo progetto abitativo ed il ripristino dell’area forestata. La parola d’ordine era te-kwang, demolizione nel thailandese del nord.
La collina si erge sulla città di Chiang Mai ed ospita un grandissimo tempio buddista molto popolare che ospiterebbe una reliquia del Buddha. E’ un luogo sacro e di conservazione ambientale.
Per la giunta militare e le elite locali il progetto di case destinate a giudici e personale dei tribunali era stato portato avanti legalmente su un terreno del governo vicino al parco nazionale che copre il resto della montagna.
La rabbia della popolazione è cominciata a montare all’inizio dell’anno quando sono cominciate ad apparire sui media sociali foto aeree del progetto in costruzione, da cui si evince che le case sono proprio costruite all’interno della foresta.
“Vogliamo la demolizione delle case e il ripristino della foresta” dicono gli organizzatori della manifestazione. “Riporta la foresta a Doi Suthep. Ridate la foresta alla gente”
In Thailandia la questione delle aree protette e della salvaguardia ambientale è molto chiara. Le popolazioni etniche o le povere famiglie che da secoli vivono nelle foreste da cui traggono il loro sostentamento senza danneggiarle sono cacciate. Molte sono le famiglie condannate ad anni di carcere per aver raccolto funghi, molte le famiglie cacciate dalle aree ancestrali per salvaguardare l’ambiente naturale.
Poi le elite, i militari e i ricchi possono permettersi di fare caccia di frodo, come accaduto nel caso del padrone della Italian Thai Development oppure costruirsi le case nel mezzo dei parchi.
La voce dei manifestanti ha raggiunto alla fine il primo ministro generale Prayuth Chanochoa a cui chiedono che un ordine secondo l’articolo 44 per demolire le case e ripristinare la foresta.
Il progetto ha un valore di un miliardo di baht e comprende 145 costruzioni tra case ed edifici ufficiali su una superficie di 23 ettari di suolo.
Un problema è che le elezioni thailandesi sembrano avvicinarsi e tutte queste proteste non fanno bene al morale di Prayuth
Ma il generale Prayuth ha già fatto sapere di non avere alcuna intenzione di cancellare il progetto pubblico perché non ci sarebbero le basi legali per farlo.
Il problema vero è che con le elezioni che si avvicinano la reputazione di questa giunta in fatto di corruzione non è proprio tanta e sono in molti anche realisti che non credono più a questa giunta militare ed ai suoi intenti moralizzatori.
Scrive Voranaji Vanijaka su Khaosanenglish:
Nel distretto di Mae Rim di Chiang Mai, il progetto abitativo per la magistratura su 23 ettari di suolo sta per essere finito. Esso include uffici e tribunali giudiziari. Il progetto da un miliardo di Baht ha causato la rabbia generale perché è costruito ai piedi del parco nazionale di Doi Suthep.
All’inizio erano preoccupati solo la gente del posto e gli ambientalisti, ma la controversia ha preso da allora l’attenzione nazionale. Non tanto per la costruzione dei tribunali quanto per le case.
La questione non è stata finora risolta in alcun modo.
Ma un’intervista recente al precedente presidente della corte di appello regionale Chamnan Rawiwannapong ha fatto scuotere i capi e rivoltare lo stomaco da Chiang Mai fino a Yala.
Con una voce calma e molto educata ha assunto il ruolo di un ricco stimato che ha il compito di spiegare la complessità della questione a tutti i poveracci affinché possiamo vedere la luce e giungere a comprendere. Chamnan ci ha detto che c’erano dei casi di frodi elettorali in arrivo.
“Come potrebbero i giudici decidere sui casi se non hanno un posto dove stare” si è chiesto. “Non si vuole dare la comodità ai giudici? Gli uffici della corte di appello sono molto lontani, dieci chilometri dalla città. Come faranno i giudici a viaggiare? Vi aspettate che possano viaggiare? Dovete essere attenti a queste cose”
Sul modo di risolvere la cosa Chamnan si è appellato alla sensibilità (o alla ingenuità) dicendo che si deve permettere ai giudici di risiedere nelle case prima e vedere cosa possono fare per migliorare l’ambiente. Poi tra dieci anni si riveda la questione.
Giusto, dieci anni. La gente quasi non parla più degli orologi di lusso e della pantera nera uccisa, cose accadute qualche mese fa.
CI si può attendere questo tipo di ragionamento da chi gestisce le barchette sulla spiaggia di Phuket e deve spiegare perché dà un prezzo esagerato di fitto della barca ai Thailandesi e raddoppia il prezzo ai turisti. Ma Chamnan non è uno di quelli, ma un presidente di una corte di appello.
Naturalmente quell’intervista è diventata virale e si sono esaltati i media sociali. Ma la questione qui va ben oltre la soluzione acuta di un uomo ad un problema. E’ solo l’ultimo esempio di un problema che ci prende da tempo immemore, la rete del patronato, i giusti, egocentrici e rapaci per natura, amano i bottini tutti insieme, si sostengono e proteggono a vicenda.
Il contesto di questi bottini non sono i bottini di guerra, dove ci appropriamo di qualcosa che appartiene ad altri paesi e società. Ma è del bottino del proprio paese e della propria gente che i burocrati si appropriano.
Non si vuole dire che i giudici non devono avere progetti edilizi per loro, lo devono, e devono essere degni del loro ufficio e della magistratura. Ma se il progetto causa preoccupazioni ambientali e non incontra l’approvazione della gente, se l’attitudine della magistratura è di lasciar andare e e dire di riparlarne tra dieci anni, allora non è il caso di usare soldi pubblici per costruire le case ai rappresentanti pubblici, che è normale in tutto il mondo.
Piuttosto questo ricade nella categoria dell’appropriazione indebita del denaro della gente per nutrire una rete di patronato burocratico.