Il 30 aprile 2018 è stato liberato a Bangkok Somyot Prueksakasemsuk che rappresenta l’esponente più in vista dell’uso politico della statuto della lesa maestà.
Somyot Prueksakasemsuk fu arrestato nel 2011 accusato per aver pubblicato da editore e non da autore due articoli su un giornale che dirigeva, La Voce di Thaksin. Gli articoli parlavano di un regno della fantasia che i giudici reputarono fosse il regno di Rama IX.
Si rifiutò più volte in tribunale di rivelare il nome dell’autore e fu condannato nel 2013 a dieci anni di carcere, oltre a ricevere una condanna per diffamazione.
Quando l’autore fuggì all’estero, Somyot confessò il nome dell’autore, il quale però non ha mai detto nulla se fosse lui o meno l’autore reale.
Nel 2017 la Corte Suprema ha ridotto la sentenza a Somyot Prueksakasemsuk e permesso così l’uscita dal carcere anche per motivi di salute, dopo aver scontato 7 anni.
Somyot Prueksakasemsuk, che fu membro di un sindacato thailandese, è per i militanti, le organizzazioni dei diritti umani e l’organizzazione Internazionale del lavoro il prigioniero di coscienza per eccellenza.
Sul Nationmultimedia è apparso un commento sulla sua liberazione alquanto differente dai suoi soliti perché si esprime in modo favorevole per la modifica della legge di lesa maestà che così come è fatta si presta ad un uso strumentale e politico nella presunta difesa della Monarchia Thailandese.
La Thailandia può fare a meno dello statuto della lesa maestà
Il rilascio di Somyot Prueksakasemsuk dopo anni di prigione ci dà la possibilità di riflettere sugli abusi profondamente ingiusti della legge.
Il rilascio del militante sindacale Somyot Prueksakasemsuk deve spingere le autorità a rivedere la legge draconiana di lesa maestà che fu designata specificamente a proteggere la monarchia ma continua ad essere usata a fini politici.
Somyot è stato rilasciato da un carcere di Bangkok dopo aver scontato sette anni per lesa maestà, la sentenza più lunga mai vissuta. Fu arrestato nel 2010 quando il paese era profondamente diviso lungo le linee politiche. Le magliette rosse protestavano contro il governo di Abhisit Vejjajiva e il risultato fu uno degli scontri più sanguinosi della storia moderna thailandese.
Il governo nell’aprile 2010 incluse Somyot e il suo giornale La Voce di Thaksin su una lista di nomi di individui e gruppi accusati di essere antimonarchici. Non fu offerta alcuna chiara prova a favore di questa accusa. Un mese dopo Somyot fu detenuto senza accusa per 19 giorni in un campo dei militari. Al suo rilascio cambiò nome al suo giornale che divenne “Forza Rossa” e a settembre dello stesso anno il governo di Abhisit lo chiuse.
Non era e ancora non è illegale essere allineato col movimento delle magliette rosse che sostengono l’ex premier Thaksin e le sue politiche. E fu ingiusto che Somyot fosse identificato come antimonarchico senza alcuna prova. Eppure la cattiva percezione creata dal governo tra la gente portò al suo arresto il 30 aprile del 2011, mentre stava diffondendo una petizione che chiedeva l’emendamento dell’articolo 112 del codice penale, la legge di lesa maestà.
L’articolo 112 è abbastanza diretto. Dice che chiunque diffami, insulti o minacci il Re, la Regina, l’erede o il reggente sarà imprigionato da 3 a 15 anni. Il processo contro Somyot si basava sul fatto che aveva pubblicato nel suo giornale due articoli di Jit Pollachan, pseudonimo di un politico in esilio. La legge fu applicata al di là del suo scopo e significato. I due articoli citavano solo i ruoli della monarchia. Non c’era un insulto inerente alla monarchia.
In pratica persino una critica della monarchia in buona fede può essere ed è ritenuta lesa maestà. Il fatto che chiunque possa fare la denuncia che conduce all’incriminazione permette a persone con un’agenda politica di avvantaggiarsi della legge a proprio beneficio piuttosto che per il bene della monarchia.
Quindi le cause sono gestite come se la Thailandia sia ancora una monarchia assoluta piuttosto che una nazione sotto un moderno governo della legge. Alla gente che è accusata di lesa maestà si nega la libertà provvisoria e la si tiene in detenzione preventiva per mesi. A Somyot fu negata la libertà provvisoria per 16 volte.
Poiché era un editore di un periodico Somyot doveva esser protetto dalla legge della Stampa e dalle salvaguardie costituzionali che coprono la libertà di stampa.
Mala Corte Costituzionale decise nell’ottobre 2012 che la legge di lesa maestà rappresentava una violazione della sicurezza nazionale e quindi usciva fuori da qualunque protezione.
Somyot ricevette qualche attenzione nel verdetto finale dello scorso febbraio, quando la corte ridusse la sentenza da 10 anni a sei perché non aveva scritto gli articoli e perché era in età avanzata ed aveva già fatto sei anni.
Un anno di carcere in più lo ricevette per una precedente condanna per diffamazione di un militare.
Il caso di Somyot Prueksakasemsuk deve dare a tutti una pausa per riflettere. C’è un bisogno dannato di riforma politica e questa pratica ingiusta in particolare deve essere modificata.