La tanto celebrata economia filippina, a due anni dall’inizio della presidenza Duterte, mostra segni di vulnerabilità.
L’inflazione ha superato gli obiettivi del governo, il peso è in caduta libera e il paese soffre il suo più grande deficit di partite correnti da 18 anni.
C’è poco entusiasmo tra gli investitori esteri preoccupati seriamente del governo della legge e della prevedibilità regolamentare. Gli investitori occidentali descrivono le Filippine come “difficile da vendere” per le politiche imprevedibili di Duterte, tra le quali l’improvvisa chiusura dell’isola paradisiaca di Boracay e la persistenza degli omicidi extragiudiziali e della corruzione.
Le agitazioni economiche hanno iniziato a colpire l’opinione pubblica poiché un numero crescente di Filippini si pone domande sulla gestione macroeconomica del governo. Duterte non è invincibile e la sua amministrazione avrà bisogno di riassicurare gli investitori esteri, ripristinare la fiducia nelle istituzioni del paese ed incoraggiare i manager economici ad operare nel modo più indipendente e professionale possibile.
Altrimenti è a rischio la presidenza Duterte col crescente scontento pubblico, mentre la crescita economica del paese potrebbe esaurirsi e portare alla fine alla crisi di investimenti pubblici.
Appena dopo la sua ascesa alla presidenza, molti tecnocrati e dirigenti finanziari nelle Filippine lo videro abbastanza ironicamente come una boccata di aria fresca. Nonostante la sua forte retorica populista, Duterte si presentò come un politico nuovo capace di dare una scossa all’economia del paese che era stata maltrattata dalle oligarchie, dalle infrastrutture deboli e dagli incubi regolamentari.
Paradossalmente fu proprio la sua ammissione di non conoscere l’economia a far nascere le speranze che il nuovo presidente si sarebbe affidato ai consigli di gestori economici solidi. Inoltre Duterte si conquistò gli elogi per le sue riforme burocratiche nella sua città di Davao dove fu sindaco per oltre venti anni.
La città, che rappresenta il cuore commerciale dell’isola meridionale di Mindanao, ha esibito uno dei tassi di crescita maggiori del paese giungendo alla vetta negli indici di facilità di fare affari, grazie alla riduzione della corruzione e dell’approccio personalistico di Duterte nel tagliare la corruzione istituzionalizzata.
Ed ancora Duterte chiarì che, a parte il suo progetto personale di restauro della legge e dell’ordine con la sua guerra totale alla droga, i suoi ministri tecnocrati avevano il controllo completo sui loro ministeri.
Appena dopo aver vinto le elezioni, il suo gruppo di economisti stese un’agenda economica di dieci punti che reiterava l’impegno della nuova amministrazione ad aderire alle riforme macroeconomiche responsabili del suo predecessore. Nel 2017 il paese crebbe del 6.7%.
Le preoccupazioni sul governo della legge, nel mezzo della guerra totale alla droga, come pure la prevedibilità della politica hanno da allora minato seriamente il sentimento degli investitori esteri.
“Crediamo fortemente nell’importanza del governo della legge, del giusto processo e del rispetto dei diritti in tutti i paesi, Filippine incluse. La sicurezza è la questione su cui gli investitori sono più attenti quando decidono e scelgono un posto o un paese.” disse Lee Ho-ik, presidente della Camera di commercio coreana nelle Filippine. “Ad essere franco finora le Filippine non sono un paese sicuro”
Nella prima metà del 2017, c’è stata una caduta del 90% anno su anno in promesse di nuovi investimenti da 1.45 miliardi di dollari a 141 milioni. Nel primo anno di presidenza, gli investimenti coreani crollarono del 93% e quelli americani del 70%. Nel frattempo la posizione del paese nell’indice di corruzione globale raggiungeva un minimo storico nel 2017. Nel primo trimestre del 2018 le promesse di nuovi investimenti crollarono del 38% su base annuale giungendo al punto più basso dal 2010.
In modo preoccupante persino alcuni ministri e tecnocrati di valore di Duterte hanno ceduto ad affermazioni retoriche e provocatorie che hanno fatto sorgere le preoccupazioni sulla loro affidabilità e professionalità. Il ministro delle finanze Ben Diokno ha spesso usato una retorica sprezzante nel discutere di argomenti controversi. Quando gli si chiedeva della crescente inflazione, che colpisce la gente comune, ha risposto di recente “dovremmo fare a meno di un bambino piagnucolante”.
Nei mesi prima il suo ministero fu attaccato quando uno dei suoi sottosegretari disse, durante alcune discussioni sui diritti umani, che le Filippine avrebbero dovuto rigettare tutti gli aiuti esteri, specie quelli occidentali.
Nel frattempo la Banca Centrale Filippina, forse l’istituzione più rispettata del paese, fu criticata per il suo ritardato aggiustamento dei tassi di interesse di fronte ad una salita dell’inflazione e di una valuta storicamente debole.
L’autorità di sviluppo economico nazionale, NESA, un’altra istituzione molto rispettata, di recente ha provocato una risposta pubblica, quando disse che, in uno studio ipotetico, ad una famiglia di cinque persone bastano meno di 200 dollari al mese per condurre una vita decente.
I legislatori più importanti criticarono subito l’affermazione. Panfilo Lacson disse che quel minuscolo budget sarebbe stato sufficiente per la sua famiglia solo se “mangiamo una volta al giorno, senza lavarci i denti o fare la doccia, andando a lavorare a piedi, senza però sudare per non lavarci gli abiti”.
Il ridicolo diffuso che ha coperto i gestori dell’economia riflette la minore fiducia nelle istituzioni tecnocratiche del paese. Non è chiaro se alcuni ministeri sono sotto pressione politica per restare fedeli alla linea politica attuale o se se genuinamente non vogliono fare aggiustamenti necessari nonostante le condizioni macroeconomiche peggiori.
Sotto la presidenza Duterte, chi osserva i mercati ha cominciato persino a domandarsi della indipendenza e della affidabilità del gruppo di lavoro economico di Duterte.
Molti critici affermano che il pacchetto di riforme delle tasse, da poco approvato per finanziare i progetti infrastrutturali di Duterte, ha fatto crescere i prezzi ben al di là delle prime stime del governo. Questo è stato esacerbato dal crescente costo delle importazioni, come petrolio e riso, grazie alla caduta del peso al minimo da 12 anni divenendo la peggiore valuta asiatica.
Con l’applicazione delle nuove tasse, che hanno fatto salire il costo delle proprietà e degli uffici eliminando anche le agevolazioni fiscali, il settore del BPO maggiore del paese comincia a perdere forza. Vari gruppi importanti si sono opposti apertamente a vari aspetti della riforma fiscale.
Sebbene lo sfrontato Duterte resti ancora popolare, le peggiorate condizioni economiche per il filippino medio potrebbero minare la sua base popolare. Nell’ultimo sondaggio di Pulse Asia metà degli intervistati a marzo indicavano nella crescita dei loro salari la politica più urgente, mentre il 45% vedeva l’inflazione come la preoccupazione principale.
Tra le altre preoccupazioni economiche tra un terzo degli intervistati includeva una riduzione della povertà e più occasioni di lavoro. Senza un massiccio influsso di investimenti e una ripresa del peso, il paese lotterà per affrontare l’inflazione, la disoccupazione, le paghe e la povertà.
Tra le maggiori priorità delle persone erano assenti la legge e l’ordine sia in termini di tassi di crimine o di diffusione di droghe illegali che sono state la preoccupazione principale di Duterte. Quasi tutti i presidenti sono riusciti a mantenere alto il loro tasso di gradimento, ma la gente dopo tende a diventare più critica specialmente sulle questioni che riguardano il pane quotidiano.
Di conseguenza è bene il tempo che la amministrazione Duterte ripristini in modo competente ed onesto la fiducia nel governo della legge, nella prevedibilità delle politiche e le riforme inflazionistiche delle tasse, che colpiscono milioni di cittadini comuni che conducono un’esistenza alla giornata.
Soprattutto è importante che Duterte ripristini la fiducia degli investitori evitando decisioni politiche improvvisate come l’improvvisa chiusura di Boracay; che riveda l’applicazione delle nuove misure fiscali; ponga fine agli omicidi extragiudiziali e l’assalto continuo alla stampa libera e alle personalità indipendenti; e permetta ai tecnocrati di fare decisioni macroeconomiche basate sui fatti e su deliberazione attenta piuttosto che su dichiarazioni populiste.
Non si tratta solo del capitale politico di Duterte ma anche del potenziale immenso del paese che resta per lo più intatto.
Richard Heydarian, Nikkei Asian Review