Il nocciolo del problema era l’apprensione della rete politica monarchica di fronte per l’ascesa di Thaksin che minacciava di sostituire il vecchio ordine politico con un suo proprio.
Alla fine si ebbe il golpe nel 2006 che rovesciò Thaksin il quale fu costretto a lasciare il paese. Thaksin ora vive in esilio volontario a Dubai.
All’apparenza, sembrò che la rete politica monarchica avesse vinto questo scontro politico. Ma il ritorno nel 2011 degli Shinawatra in politica fece capire che la guerra politica tra la rete vecchia e quella nuova era tutt’altro che terminata. Nel 2011 la sorella di Thaksin, Yingluck, trionfò nelle elezioni diventando la prima donna a rivestire la carica di Primo Ministro. La famiglia Shinawatra aveva vinto in modo impressionante ogni elezione dal 2001 al 2011. I successi a ripetizione di Thaksin e Yingluck coincidevano con la crisi di potere della monarchia thailandese. Quindi mentre si avvicinava la transizione reale la rete politica monarchica cercò di eliminare, ancora una volta con un golpe, i propri nemici politici.
La rimozione di Yingluck dal potere nel 2014 fu uno degli sforzi della élite per gestire la successione reale mantenendo i loro vantaggi politici.
Chiaramente la famiglia Shinawatra continuò ad essere percepita come minaccia alla posizione di potere della rete politica monarchica che, per decenni, aveva mantenuto con fermezza il dominio del potere sulla politica thailandese. L’abolizione della monarchia assoluta in Siam nel 1932, nome con cui era conosciuta la Thailandia fino ad allora, all’inizio indebolì lo status politico del Re.
Ma con la salita al trono di Bhumibol nel 1946, risuscitarono i vecchi giorni di gloria della monarchia thailandese, grazie alla costruzione di una nuova alleanza politica tra monarchia e militari.
Bhumibol lavorò con i despoti militari per ristabilire la legittimazione della monarchia. In cambio, la difesa della monarchia divenne un compito fondamentale dei militari, oltre ad essere anche la gruccia per giustificare il proprio ruolo in politica.
La Guerra Fredda giocò la propria parte nell’esaltare il legame della monarchia thailandese ed i militari. La Thailandia si allineò apertamente con il Mondo Libero sotto l’egida americana. Insieme Thailandia ed USA trovarono i loro nemici comuni nella forma dei comunisti.
La minaccia comunista, che si presentava esternamente in Indocina ed internamente con il partito comunista thailandese, offrì il contesto in cui poterono prosperare successivi regimi autoritari col sostegno forte degli USA. Si nutriva la dittatura thailandese in nome della difesa della nazione thailandese e della monarchia dai predatori comunisti.
L’egemonia politica monarchica
La Guerra Fredda terminò alla fine degli anni 80. Il potere dominante della monarchia e dei militari in politica comunque continuò a restare. Gli anni 80 e 90 videro l’apice dell’egemonia politica monarchica.
L’avvento del governo Prem Tinsulanonda, nel 1980, radicò il potere reale nel dominio della politica thailandese. Prem era stato un capo dell’esercito e fu scelto come primo ministro da Bhumibol. Nell’era di Prem, la rete politica monarchica emerse come la cerchia politica più importante del paese che controllava l’esercito, la magistratura oltre alla burocrazia.
Conosciuta come “Rete Monarchica”, era questa cerchia politica a tirare le fila in modo dispotico dietro le scene.
Prem era considerato come l’amministratore delegato della rete politica monarchica che poneva Re Bhumibol alla sommità della struttura politica in Thailandia. Quando Prem si dimise da primo ministro, Bhumibol lo nominò presidente del Consiglio della Corona, posizione che occupa tuttora. Si potrebbe dire che il Consiglio della Corona divenne il motore di forza che spingeva in avanti la rete politica monarchica.
Grazie all’immensa influenza sui rimpasti militari, si creò una ragnatele di fedeli uomini forti militari per servire da difensori inamovibili della monarchia. In molti modi il sistema permise ai militari di affondare le proprie radici in politica. La difesa divenne affare esclusivo dei militari; i governi civili ebbero poca strada. Indiscutibilmente il Consiglio della Corona agì da collante a cementare ancora di più i legami tra monarchia e militari.
Tre anni dopo il governo di Prem, i militari nel 1991 fecero un golpe che rovesciò il governo di Chatichai Choonhavan, il primo governo eletto democraticamente in dodici anni. Tra le accuse contro di lui c’era la corruzione.
Chatichiai fu accusato di aver presieduto un governo a buffet, una formazione ministeriale i cui eccessi e la cui corruzione istigarono il golpe militare.
Visto secondo questa prospettiva, l’intervento dei militari in politica apparve guidato dalla moralità. Ma un anno dopo a maggio 1992 quando il generale Suchinda Kraprayoon, uno dei golpisti, divenne premier, si agitò il risentimento tra la classe media thailandese. Migliaia si riversarono tra le strade di Bangkok per dare voce alla protesta contro l’ambizione politica di Suchinda. Le manifestazioni terminarono tragicamente con la repressione brutale per mano dell’esercito, un evento che fu chiamato il Maggio Nero.
Re Bhumibol si adoperò per fermare l’eccidio richiamando il primo ministro e il capo dei manifestanti. L’incontro al palazzo reale che fu trasmesso dal vivo in televisione alla fine divenne un evento storico che mise in mostra l’apogeo dell’autorità politica di Bhumibol.
Nella mente dei thailandesi rimasero indelebili le riprese delle due parti in conflitto prostrati ai piedi del re e della regina della Thailandia. Re Bhumibol con successo si assicurò lo status di forza stabilizzatrice nel reame talvolta violento della politica thailandese.
Ma l’intensificarsi della egemonia reale indicava che la politica thailandese era rimasta in qualche modo intrappolata nella Guerra Fredda che, per altro, era già terminata. Era rimasta intrappolata perché le due fondamentali istituzioni in Thailandia continuavano ad operare come se il paese non fosse mai andato avanti. In realtà il panorama economico e sociale era cambiato enormemente persino prima della fine della guerra fredda.
L’ondata di democratizzazione che colpì la Thailandia dopo il Maggio Nero, nonostante il tragico accadimento avesse elevato l’autorità morale del Re, aprì la porta alle reali riforme politiche che portarono alla costituzione del 1997, definita “costituzione popolare”.
Questa segnò un’altra pietra miliare nello sviluppo politico thailandese. Fu questo ultimo cambiamento politico ed economico a permettere ad una nuova razza di politici, in questo caso Thaksin, di entrare con fiducia nella politica thailandese e scrivere la propria sceneggiatura politica. La modernizzazione dell’economia, l’espansione della classe media, particolarmente nelle regioni un tempo marginalizzate, ed una nuova ondata di democratizzazione vennero a definire la politica thailandese.
Fu un periodo in cui le istituzioni elettive e non elettive erano fortemente in contrasto riguardo la questione dell’ordine politico thailandese.
A ricordo di Antonio Gramsci
Thaksin dal 2011 trasformò totalmente la politica thai: da una politica dominata dalla benevolenza del re attraverso la Rete Monarchica, ad una che era segnata dalla dottrina della rappresentanza partecipativa.
E’ vero che Thaksin attirò i propri sostenitori con politiche populiste seducenti, dalla economica assistenza sanitaria universale ad una moratoria dei debiti per i contadini, che permisero ai cittadini delle province più lontane di godere degli orpelli dello stile di vita degli abitanti di Bangkok.
Nonostante le pecche del suo populismo, Thaksin diede loro un segno di appartenenza politica. Ridisegnò la politica in una che rendeva prioritario il processo elettorale. Da allora in poi, gli elettori sentivano di poter eleggere rappresentanti che avrebbero lavorato nei loro interessi. In altre parole non solo Thaksin diede un maggiore accesso alle risorse economiche tra i propri sostenitori, offrì loro una scala per salire alla sommità della torre politica gelosamente custodita dalla rete politica monarchica.
Lo spostamento politico continuò nel periodo di Yingluck durante il quale il peggioramento delle condizioni di salute di Bhumibol causò una rapida diminuzione della sua prerogativa politica. Bhumibol alla fine passò a miglior vita nell’ottobre 2016, portando alla fine la sua permanenza di 70 anni sul trono.
Ma la prospettiva della Thailandia governata da un re impopolare era spaventosa.
Mentre Bhumibol riuscì a salvaguardare i benefici politici della classe elitaria, suo figlio, ora Re Vajiralongkorn, è incapace di garantirli. Raggiunse l’apice l’ansia dei membri della rete politica monarchica.
La Thailandia raggiunse una giuntura critica dove la monarchia non era più nella posizione di garantire stabilità politica, ma il nuovo modello politico non si è del tutto sviluppato. Questa condizione rappresenta il cuore delle crisi thai che si sono avute in un decennio.
In uno scritto di un centinaio di anni fa, Antonio Gramsci affermava:
“La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”.
In questo periodo, l’interregno, la società potrebbe vivere una miriade di problemi che derivano da una grande ansia per un possibile spostamento dello Status Quo. Nei tempi antichi interregno era una fase temporale che separava la morte del sovrano reale che trapassava prima dell’incoronazione di uno nuovo.
La successione reale, in modo inevitabile, ha causato una interruzione nella continuità del governo, della legge, dell’economia, dell’ordine sociale, come anche la fiducia delle persone.
Per adattarsi alla discontinuità nell’ordine politico e sociale, i Romani emisero una legge che permetteva una proclamazione del Justitium, una sospensione delle leggi prima vincolanti, mentre si anticipavano le nuove e differenti leggi che si scrivevano e entravano in vigore.
Non molto prima che Gramsci formulasse l’idea di interregno caotico come un concetto politico, la Russia aveva vissuto la rivoluzione nel 1917. Giunsero a termine secoli di assolutismo sotto la dinastia dei Romanov. Lo zar Nicola II e la sua intera famiglia furono passati per le armi a sangue freddo. Vladimir Lenin spiegò la sua rivoluzione come una spinta per distruggere completamente un sistema politico in cui i governanti volevano ancora governare, ma in cui i sudditi non volevano più essere governati.
Il concetto di Gramsci, però, di interregno si chiarì ulteriormente in una situazione dove il vecchio ordine sociale perdeva la sua presa e non era più autorevole, e allo stesso tempo un nuovo ordine sociale non si era ancor delineato o era troppo debole per assicurare il funzionamento della società. In questo interregno lo spazio politico sarebbe potuto diventare anarchico. In alcuni casi sarebbe potuta emergere la violenza.
La crisi protratta della Thailandia è una riflessione del concetto di Gramsci. Nello specifico, l’attuale transizione reale espone un pericoloso interregno in cui il sistema politico del passato, intriso dell’istituzionalizzazione di Bhumibol come fonte ultima di legittimazione politica sulle istituzioni elettive, è giunto alla fine.
Nel frattempo, un nuovo sistema politico, portato avanti da forze politiche alternative, come quelle degli Shinawatra, non può ancora nascere.
Dai golpe del 2006 e 2014, attraverso la fine ufficiale del regno di Bhumibol nel 2016, la Thailandia è rimasta intrappolata in un interregno. In questo momento precario, i guardiani del vecchio regime resistono con forza al cambiamento. Nel frattempo il nuovo re manca di autorità morale. La rete politica monarchica può mantenersi al potere solo attraverso un esercito fedele ed un sistema giudiziario politicizzato.
Ma covano le correnti politiche sotterranee e folle arrabbiate si moltiplicano. L’interregno ha prodotto una crisi di legittimità sia nel regime che sta uscendo che in quello che non può nascere.
Il regno malfermo di Vajiralongkorn
Vajiralongkorn ascese al trono a dicembre del 2016 mettendo a tacere numerose dicerie su chi fosse il successore di Bhumibol. La maggioranza dei monarchici avrebbe preferito la più popolare principessa Maha Chakri Sirindhorn per la sua somiglianza a Bhumibol.
La scelta di Sirindhorn sarebbe stata molto più accettata, perché avrebbe attutito ogni impatto indesiderato causato dalla successione reale. Ma la realtà è che non c’è mai stata guerra tra Sirindhorn e Vajiralongkorn.
Infatti Vajiralongkorn si era già fatto carico della corte reale persino prima della morte del padre. Rimosse, per esempio, quelli che lavoravano com Bhumibol sostituendoli con uomini suoi fidati. In altre parole, il nuovo ordine dentro il palazzo era stato già instaurato da Vajiralongkorn in previsione del suo regno. Altre missioni di Vajiralongkorn includevano un maggior potere reale e l’intensificazione del suo ruolo politico.
Sebbene abbia mantenuto Prem come presidente del Consiglio della Corona, l’istituzione è stata segnatamente indebolita.
Di conseguenza il re è più direttamente coinvolto nella politica invece di agire attraverso un intermediario. Vajiralongkorn ha anche richiesto degli emendamenti della nuova costituzione che da un lato lo liberavano di alcuni obblighi, e centralizzavano il suo potere dall’altro. Ora può essere re stando a Monaco in Germania, sua usuale residenza, senza dover nominare un reggente. Contemporaneamente ha preso il controllo totale dell’Ufficio delle Proprietà della Corona, facendo sapere a tutti che la proprietà della Corona è interamente sotto il suo possesso.
Ma il nuovo regno sotto Vajiralongkorn è andato ben al di là dei confini legali normali. E’ proliferato un clima di paura. Vajiralongkorn è ricorso all’intimidazione contro i suoi nemici. Tre dei suoi più stretti aiutanti sono morti in carcere in modo misterioso. Erano stati accusati di essersi arricchiti a spese di un progetto reale sponsorizzato da Vajralongkorn per onorare il compleanno della madre, Regina Sirikit.
Perciò furono accusati di lesa maestà, il reato di ingiurie contro la casa reale definita dall’Articolo 112 del codice penale thailandese. Esso stabilisce che commenti, diffamatori, insulti o minacce sul re, sulla regina ed il reggente sono punibili da 3 a 15 anni di carcere.
Più che in ogni altro momento della storia recente della Thailandia, i casi di lesa maestà hanno raggiunto livelli critici, divenendo uno strumento politico usato per zittire i critici della famiglia reale.
La fedeltà dei monarchici in Thailandia non è necessariamente toccata dal fatto che il Re manchi di autorità morale, sebbene possano essere in ansia per il nuovo regno. A loro potrebbe non piacere il nuovo re ed il suo stile di vita eccentrico. Ma nella monarchia ci sono i loro interessi enormi. L’esistenza della monarchia è equivalente all’esistenza del loro benessere politico ed economico.
La rete politica monarchica appassirebbe se Vajiralongkorn non dovesse avere più il sostegno dai monarchici. Questo spiega perché i sostenitori della monarchia, di cui fa parte la giunta militare, abbiano continuato ad adottare una linea a favore della monarchia per rinforzare i propri privilegi in politica. Spiega anche perché abbiano disperatamente provato a puntellare il vecchio ordine politico mentre impedivano al nuovo di emergere.
Nel 2018, quattro anni dopo il golpe, sono sempre di più visibili questi disperati tentativi. La giunta ha cambiato molte volte la data delle elezioni. Attualmente nessuno è certo se si terranno le elezioni all’inizio del 2019 come promesso dalla giunta. La costituzione, scritta da un comitato pro-giunta, sarà promulgata ma porrà grandi problemi ai futuri governi eletti.
Vajiralongkorn ha scelto di stare molto tempo a Monaco. La sua casa lontana è vista come uno spazio vitale per il governo a Bangkok per operare senza la stretta supervisione del re.
Membri della classe media di Bangkok, la maggior parte della quale si allinea con la rete politica monarchica, dopo aver chiesto il golpe contro Yingluck, sono ora costretti a stare attenti alla loro posizione unita contro un nuovo ordine politico.
Nel fare così, resta imperativo affidarsi alle istituzioni extra-costituzionali, monarchia e militari, per mettere in sicurezza la loro posizione politica. Allo stesso tempo questa tattica li porta direttamente in contrasto con chi risiede nelle province che desiderano la nascita di una nuova specie di ordine politico. Questa situazione approfondisce di più la polarizzazione politica, oltre un decennio dopo che la politica codificata dei colori aveva tenuto il paese in ostaggio. Per oltre un decennio la politica di identità, dei gialli contro i rossi, è stata responsabile in parte di una divisione che si è radicata tra i thai sulla base delle loro ideologie politiche irriconciliabili.
Ancora violenza?
A grande distanza dalla capitale, le regioni del nord e del nordest del paese cercano ancora desolate un nuovo contratto sociale attraverso cui possano reclamare una quota più equa delle risorse politiche, una volta offerte loro generosamente da Thaksin.
Il vecchio paradigma politico offriva loro scarsi benefici divenendo così non accetto. Ma sia Thaksin che Yingluck, ancora i loro salvatori, non ritorneranno a casa nei tempi brevi. La prospettiva che uno dei due torni è flebile dato che la loro immagine di minaccia non è affatto scomparsa.
Un miliardario prestato alla politica Thanathorn Juangroongruangkit, vice amministratore delegato del Thai Summit Group, che sta entrando ora sotto i riflettori della politica, è visto come un raggio di speranza in una arena politica triste. Con una piattaforma politica democratica, il suo partito Future Forward, si è datala difficile missione di depoliticizzare i militari. Modernizzare la Thailandia è l’obiettivo chiave del Partito Future Forward.
Ma Thanathorn deve tenere a mente che la modernità è nemica della tradizione. La rete politica monarchica ha funzionato, sopravvivendo così vari decenni, sulla base di un insieme di valori tradizionali. Quando alcuni membri del suo partito proposero un emendamento della legge di lesa maestà il partito fu subito accusato di lesa maestà. Alla fine ha dovuto abbassare i toni antimonarchici.
Quindi qual’è la direzione che prende la Thailandia? Significheranno qualcosa le prossime elezioni per il paese? La risposta a queste giuste questioni non sono per i deboli di cuore.
In questo pericoloso interregno un vecchio sistema si rifiuta di morire. Il rifiuto spesso si accompagna con misure spietate per eliminare i nemici politici. I figli degli Shinawatra sono attualmente in fuga. I militanti democratici dentro il paese di tanto in tanto sono in carcere. I politici non possono comunicare con gli elettori. Le elezioni, dovessero aversi, potrebbero non portare ad un sistema genuinamente democratico.
Alcune clausole della costituzione sono state scritte per impedire la nascita di partiti influenti, come quello dei Thaksin, che abbiano una maggioranza parlamentare. Nel periodo post-elettorale ci si può aspettare un governo di coalizione debole sottomesso agli interventi della rete politica monarchica. Non è un fenomeno insolito.
Una coalizione a più partiti era una caratteristica dei partiti politici del passato. Quindi le elezioni non porteranno alla soluzione del problema politico.
Nel frattempo la politica del palazzo non è affatto meno complicata ed imprevedibile. La Regina Sirikit è bloccata a letto. Se dovesse passare a miglior vita, la Thailandia vivrà un altro periodo di lutto prolungato. Le elezioni potrebbero essere di nuovo spostate. Si organizzerà l’incoronazione ufficiale di Vajiralongkorn. Ma per ora non è stata ancora fissata una data. Seguirà presto un matrimonio reale.
La domanda su chi sarà la futura regina ha già allungato le ombre sull’inquieto regno di Vajiralongkorn. Nessuno può discutere di questi eventi persino coloro che indubbiamente causeranno un immenso impatto sulle loro vite.
Poiché la monarchia thailandese non può essere separata dalla politica, gli sviluppi dietro le mura del palazzo interessano tantissimo i Thailandesi.
La Thailandia ha fatto tanta strada dalla sua rivoluzione politica nel 1932. Dando uno sguardo più da vicino, il passo del progresso della democrazia è stato quello di una lumaca. La rete politica monarchica, resa popolare dal semidio Bhumibol, si trova di fronte alla propria fine. Ma i suoi difensori negano che ci sia un declino della potenza reale. Negano anche che emerga un ordine politico desiderato dalla maggioranza dei thailandesi.
In questo periodo volatile di transizione reale tenere il potere politico diventa estremamente importante per la rete politica monarchica.
Potrebbe seguire la violenza. La domanda intrigante è quando.
Pavin Chachavalpongpun, Center for Southeast Asian Studies, Kyoto University, TheDiplomat.