Economicamente non ha mai avuto senso, fino ad ora almeno, quando il promettente traffico marittimo della Cina metterà da parte lo stretto di 800 chilometri, un imbuto di traffico marittimo che si stringe a soli 64 chilometri vicino a Singapore con soli dodici chilometri utilizzabili per la scarsa profondità dei fondali.
Pechino nel 2013 firmò un Memorandum di Intesa sul progetto del Canale a Guangzhou tra China-Thailand Kra Infrastructure Investment Development Company e Asia Union Group.
I cinesi lo considerano un fulcro nella loro iniziativa della Nuova Via della Seta, una strategia di sviluppo che vuole collegare fino a 70 paesi in una rete economica vasta che vede Pechino al Centro, in un’integrazione tra la via terrestre con la via marittima della Seta, attenta alla connettività e alla cooperazione tra i paesi.
Lo stretto di Malacca raggiungerà la saturazione, secondo le stime, nel 2024 quando oltre 140 mila navi cercheranno di passare attraverso la stretta via di mare capace di accomodare 122640 navi all’anno. Le navi dovranno perciò optare per vie alternative più lunghe che passano attraverso lo stretto di Sunda e Lombok, parecchio più a meridione, se non si svilupperà una rotta più fattibile attraverso l’Istmo di Kra.
Inoltre i fondali bassi dello Stretto di Malacca presentano dei problemi per le grandi petroliere che richiedono una profondità di oltre 21 metri. Si riduce così la larghezza della via di passaggio a soli 4 chilometri di larghezza, rendendo il passaggio delle navi a rischio di incidenti marittimi, pirateria e terrorismo.
Un’altra seria preoccupazione è l’impatto ambientale delle perdite di petrolio dalle grandi petroliere.
In considerazione dello stato di saturazione e dei rischi potenziali di sicurezza ed ambientali nello stretto, è perciò inevitabile dover trovare una via marittima alternativa fattibile.
Il canale thai dell’ Istmo di Kra offrirebbe il passaggio più corto tra gli oceani pacifico ed indiano rispetto alle altre rotte. Ridurrebbe il tempo di viaggio di 700 chilometri e due giorni di navigazione a seconda delle rotte riducendo i costi di navigazione.
Una proposta vuole costruire un canale per accomodare le grandi navi. Ci sarebbe prima un livellamento della base e poi si costruirebbero i muri per eliminare il bisogno di scavare il suolo, riducendo i costi ed i tempi di costruzione. Due vie d’acqua parallele faciliterebbero la navigazione.
Ci vorranno dieci anni e 28 miliardi di dollari per completare l’opera. Ci sarebbero anche una zona economica esclusiva ed un porto profondo da costruire nella provincia meridionale Thailandese.
Nel trovare l’enorme investimento estero per costruire il canale, oltre al Fondo Mondiale e alla Banca Mondiale, sono pronti a partecipare nuovi sistemi monetari come la Cinese AIIB e la BRICS Bank.
In base a quanto detto il ragionamento alla base del Canale sull’ Istmo di Kra è impeccabile se non per la fonte e i metodi di finanziamento. Le riserve di chi si oppone per cui il canale separerebbe le province meridionali o avrebbe un impatto sulla sovranità e sicurezza o per il degrado ambientale sono facilmente risolvibili e possono esser tranquillamente lasciate stare.
Di contro il progetto rafforzerebbe la sicurezza nazionale perché le forze della Marina Thailandese non devono passare attraverso acque territoriali straniere. Sarebbe anche uno stimolo fondamentale per lo sviluppo del meridione thailandese.
Mentre la Cina continua ad espandere la propria influenza sui mari offre di finanziare grandi progetti infrastrutturali nei paesi africani ed asiatici in via di Sviluppo attraverso le proprie istituzioni finanziarie tra cui la AIIB.
Molti paesi ricettori comunque hanno iniziato ad avere qualche apprensione con le aggressive pratiche mercantilistiche cinesi lamentando di essere state sovraccaricate di ritardi e costi insostenibili, per non dire condizioni poco favorevoli per i paesi ospitanti.
Tali tattiche manipolative hanno reso molti paesi sospettosi delle aperture economiche cinesi.
Come denunciato da AsiaSentinel in varie storie, paesi come Pakistan, Sri Lanka, Maldive si sono ritrovati nella schiavitù economica verso la Cina che ha anche delle estensioni politiche. Non esiste un esempio migliore del vicino thailandese, la Cambogia, che nel 2016 bloccò la risoluzione del ASEAN per conto della Cina.
Pechino cerca di estendere la propria egemonia anche in Africa attraverso prestiti e progetti infrastrutturali.
Si deve riconoscere che il forte sviluppo economico ha permesso alla Cina di mettere una buona parte di risorse nella modernizzazione militare oltre alle proprie proposte economiche. La priorità è stata ora spostata dal mantenere l’integrità territoriale ad una postura più attiva che pone rischi esistenziali ad alcuni sui vicini asiatici come anche alla prominenza delle forze USA nel Pacifico.
Con l’abilità economica e le risorse abbondanti, la Cina ha potuto proiettare il proprio dominio regionale nelle sfere economiche e militari come manifestato dalla costruzione di una fascia di basi militari nel Sudestasiatico, compreso un aeroporto di due chilometri e installazione di radar nelle Isole Spratly che appartengono tecnicamente alle Filippine.
Mentre gli USA con Trump e con la sua America Per Prima abbandonano la TPP, la Cina ricca di soldi con le sue riserve di 4 milioni di miliardi di dollari, spinge la propria agenda lanciando il proprio RCEP, seguito dalla Nuova VIa della Seta per attrarre nella propria orbita i vicini asiatici con offerte attraenti di grandi investimenti infrastrutturali consistenti col proprio disegno della connettività asiatica.
La Thailandia col suo regime militare fa di tutto per guadagnarsi l’accettabilità internazionale ed è già attratta dai finanziamenti cinesi dei progetti ferroviari ad alta velocità e potrebbe essere tentata dall’offerta cinese di finanziare il progetto del canale sull’Istmo di Kra.
Il tanto esaltato progetto dell’amministrazione Obama, Fulcro dell’Asia, non fu mai seguito da azioni tangibili fino all’avvento di Trump che ha scelto di contrastare la minaccia militare cinese nel mare cinese meridionale e la minaccia nucleare coreana a testa alta, sebbene l’ultima potrebbe essere insufficiente e tardiva.
La postura militare cinese aggressiva potrebbe essere la linea di faglia di fatto che porrebbe la CIna contro gli USA, laddove lo stretto della Malacca potrebbe essere un potenziale collo di bottiglia attraverso cui passa 80% del petrolio destinato in Cina.
Il canale thailandese sull’ Istmo di Kra nella sua operatività sarebbe un altro collo di bottiglia in un simile scenario militare.
Poiché il canale dell’Istmo di Kra sarebbe interamente in Thailandia sarebbe sotto la sola giurisdizione thailandese se la sua sovranità e neutralità non saranno compromesse dalle condizioni di investimento fissate dai finanziatori internazionali.
Qualunque studio di fattibilità sul canale deve perciò includere un’analisi realistica costi benefici. Nel negoziato con le istituzioni finanziarie straniere il governo thai deve lottare per mantenere la propria indipendenza economica e neutralità in senso geopolitico.
Con la condanna internazionale e l’ostracismo debole dei paesi occidentali che soppesano l’attuale regime militare venuto al potere col golpe, il regime forse non ha il massimo dello spazio di manovra per fare un accordo giusto.
Il troppo affidamento all’investimento cinese diretto metterebbe il paese in una posizione di svantaggio.
Cionondimeno, se il paese dovesse incorrere in un debito pubblico grande nel costruire il canale, è bene che lo faccia un governo eletto democraticamente con la benedizione di un parlamento totalmente eletto e non un regime che non risponde alla popolazione.
Pithaya Pookaman ex Diplomatico Thai Asia Sentinel.