ASEAN epicentro del traffico di schiavi è un articolo interessante sull’ultimo rapporto dell’ONU sul traffico di schiavi nel mondo in relazione ai paesi del ASEAN.
Abbiamo voluto collegare altri due articoli importanti sul tema anche in relazione al fatto che gli USA hanno promosso la Thailandia, nella loro classificazioni dei paesi in base al traffico di esseri umani dalla Lista di Osservazione del Tier 2 a Tier 2 direttamente.
Sul Prachatai si legge che il passaggio della Thailandia dalla Lista di Osservazione del Tier 2 al Tier 2 è un passaggio non ricercato da chi lavora sul traffico umano e contestato da parlamentari USA che l’hanno definito come “semplicemente ingiustificabile e preoccupante”, poiché il primo ministro Prayuth sta diffondendo paura nelle comunità emigrati in Thailandia con una serie di arresti di massa che li rende suscettibili al traffico di schiavi.
Benché ci siano stati interventi legislativi importanti in seguito anche alla pressione internazionale, l’applicazione di queste leggi manca e l’efficacia di queste leggi è in realtà minore rispetto a quanto affermato dal governo.
Dice Judy Gearhart, direttore esecutivo di International Labor Rights Forum:
“Riconosciamo che la Thailandia ha fatto progressi ma questa scalata viene troppo presto e rschia di avere l’effetto di diminuire le pressioni sul governo thai quando si attende che facciano azioni concrete per proteggere i lavoratori della migrazione. Il governo ha detto che renderanno le riforme legali necessarie ma attualmente i lavoratori della migrazione che fanno le esportazioni thai non hanno diritti legali di organizzazione e contrattazione collettiva cosa che li rende silenziosi. Non si può bloccare la schiavitù in queste condizioni”
Il Prachatai ricorda che il governo non protegge le vittime del traffico che osano parlare e che quindi rischiano di essere condannati per mancanza di documenti. Essi vengono detenuti fino alla fine del processo legale.
Si deve ricordare il caso di 14 birmani scappati dall’azienda di polli della Thammakaset nella provincia di Lopburi che sono stati denunciati dal proprietario per diffamazione e rischiano l’arresto o sanzioni pecuniarie. Su questo caso si è espresso persino Il Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra.
Finché non ci sarà il diritto di organizzazione o di entrare nei sindacati non cambierà la situazione di vulnerabilità dei lavoratori della migrazione. In base a questo è prematuro e senza appigli la scelta del dipartimento di stato americano di migliorare la posizione della Thailandia nel suo ranking, anche in considerazione di quanto dice Judy Gearhart:
“La condanna di persone importanti dello scorso anno di rappresentanti dello stato in un processo di traffico mostra quello di cui è capace il sistema giudiziario thailandese quando c’è la volontà politica di agire. Sfortunatamente al di là dei riflettori, c’erano più casi lo scorso anno che mostravano come la corruzione continui a minare il governo della legge per vittime del traffico, e come sia più facile che i datori di lavoro denuncino i lavoratori della migrazione per aver osato denunciare piuttosto che i lavoratori abbiano giustizia per i loro diritti violati”.
Sul giornale The Nation invece troviamo qualcosa di più mite e allo stesso tempo rivelatore di come funzioni la Thailandia sotto l’egida di Prayuth
Il rapporto di Human Rights and Development Foundation (HRDF) e Anti-Labour Trafficking Project (ALT) che vede la situazione del 2016 e 2017 dice che i casi di traffico di lavoro erano inferiori perché non scoperti o non riportati.
Secondo il ministero dello Sviluppo sociale la Thailandia ha perseguito 333 casi di traffico umano nel 2016 e 302 nel 2017. Di questi 244 e 246 sono in relazione alla prostituzione con persone indotte o costrette a lavorare nel commercio sessuale. Il resto riguarda altri tipi di lavoro dell’industria e nella pesca.
Secondo il rapporto il lavoro costretto nell’agricoltura, pesca ed industria è il più remoto ed oscuri e difficile per le autorità da individuare.
Il rapporto indica che il basso numero di casi era dovuto più al mantenimento dei dati e alla mancanza di collaborazione tra agenzie ed autorità coinvolte e non rifletteva la situazione attuale.
Questa deve essere la causa perché la Thailandia è passata solo nel 2018 al Tier 2 non negli anni 2016-2017.
Prawit Roikaew, procuratore specializzato in casi di traffico umano ha detto che il paese aveva approvato una legislazione e emendamenti legali ma il problema sta nel come le autorità implementano la legge.
“Vediamo questo effetto dove le autorità non sanno se fare molte accuse o non farne proprio” dice il procuratore. “Alcuni pensano che poiché abbiamo tutte queste leggi dovremmo avere più casi. Altri nascondono la verità per paura di essere trasferiti. Nessuno applica la legge davvero”
L’avvocato Somchai Homlaor del HRDF ha indicato una questione simili di autorità che si affrettano a perseguire casi e li portano in tribunale. Nonostante l’entusiasmo superficiale sul lavoro affrettato significa che l’indagine non è completa. Alla fine i trafficanti finiscono per essere rilasciati per insufficienza di prove.
“Piuttosto che badare alla quantità dovremo guardare al risultato finale dei processi” ha detto l’avvocato.KAS CHANWANPEN, Thenation
ASEAN, epicentro del traffico di schiavi
La scoperta di 28 campi abbandonati del traffico di schiavi e di varie fosse comuni nella giungla folta a Wang Kelian vicino al frontiera Malese Thai nel maggio 2015 fu un grande shock nel ASEAN e nel mondo intero.
Quasi 800 persone si crede siano state tenute in condizioni squallide, in gabbie di legno raffazzonate e filo spinato troppo piccole perché u adulto ci potesse stare in piedi.
La scoperta di un orsacchiotto e di altri giocattoli come anche di caricatori e catene metalliche indicarono che si schiavizzavano anche bambini nell’area e si torturavano le vittime.
Furono esumati i resti di oltre 150 persone e le autopsie rivelarono storie di morte per fame e per malattia mentre attendevano i riscatti delle famiglie delle vittime prima di essere fatti entrare in Malesia.
Nel luglio 2017 due anni dopo la scoperta raccapricciante, un tribunale thailandese condannò 62 dei cento accusati per detenzione forzata che porta alla morte, schiavitù, stupri e appartenenza a reti criminali transnazionali. Erano implicati anche 15 personaggi dello stato thailandese come il generale Manas Kongpan. 91 erano thailandesi, nove birmani e quattro del Bangladesh. Nessun malese fu implicato.
Un articolo di media locali individuarono 12 malesi coinvolti nel traffico, uno dei quali agiva da intermediario.
Per tutto il processo si fecero tanti rapporti di minacce non verificate contro testimoni, interpreti e poliziotti. Ci vollero 12 ore per leggere la sentenza di 500 pagine contro i 100 accusati durante la quale il giudice spiegò i ruoli di ogni imputato del cerchio criminale: dagli agenti a i trasportatori delle guardie, finanziatori e osservatori. Le sentenze andarono da 27 a 78 anni con multe che andavano attorno a 132 mila dollari per 58 vittime.
Il processo fu uno sforzo senza prevedenti da parte delle autorità thai per condannare gli schiavisti.
Il processo mise in luce non solo i legami tra schiavisti e i conflitti e disordini civili ma anche la sovrapposizione tra rifugiati, migranti trafficati e vittime della schiavitù.
Secondo un rapporto del UNODC furono individuate 63251 vittime in 106 paesi e territori tra il 2012 e 2014, sebbene il 42% dell vittime non avessero attraverso il confine nazionale.
La presenza di elementi criminali transnazionali nei paesi delle vittime ed il profilo socioeconomico aumentava la vulnerabilità di una persona al traffico umano nel processo di migrazione.
Secondo il rapporto persone che scappavano da zone di guerra e dalla persecuzione erano particolarmente vulnerabili al traffico umano perché erano i più probabili a prendere decisione di migrare per la pura disperazione.
Spose costrette, spose false e madri
La forma più importante di schiavitù individuata nel rapporto era lo sfruttamento sessuale ed il lavoro costretto, riportati dappertutto.
Le donne sono particolarmente vulnerabili al traffico per matrimoni costretti nel Sudestasiatico e per matrimoni falsi in paesi ricchi. Altre vittime erano trafficate per essere usati come mendicanti e per la produzione di pornografia. 10 paesi erano coinvolti per il traffico di organi.
Nelle regioni Asia Orientale, Sudestasiatico e Pacifico la maggioranza delle 2700 vittime trovate tra il 2012-2014 erano donne con un numero importante del Sudestasiatico. A parte l’alto numero di ragazze trafficate, i bambini costituiscono un terzo delle vittime trafficate. Oltre il 60% delle vittime in queste regioni erano trafficate per sfruttamento sessuale, mentre un terzo per lavoro forzato nell’industria della pesca in Cambogia, Indonesia e Thailandia. Altri casi sono di servitù domestica all’interno dei paesi di origine e all’estero.
“L’elevata prevalenze di donne tra e vittime è legata al fatto che donne e ragazze non sono trafficate solo per sfruttamento sessuale m anche per lavorare. Nella larga categoria di altre forme di sfruttamento, è importante il matrimonio forzato.. I matrimoni forzati erano denunciati nell’area del Mekong come Cambogia, Cina, Birmania e Vietnam. E’ il reclutamento di giovani donne che sono vendute come mogli spesso all’estero”…
Paesi destinatari per il traffico umano sono Australia, Giappone, Cina, Malesia e Thailandia.
La Malesia riceveva per lo più dall’Indonesia, Filippine e Vietnam, mentre la Thailandia le vittime erano Cambogiane, Laotiane e Birmania.
Secondo il rapporto a dividere una regione dalle altre è la dimensione globale dei flussi del traffico che si originano da essa. Le vittime di una regione sono state individuate o rimpatriate da 60 paesi in tutto il mondo. Flussi significativi di traffico sono stati individuati da molti paesi europei occidentali e meridionali, nord-America e Medio Oriente.
Il segretario dell’ONU Guterres nel suo messaggio della giornata contro il Traffico di Persone del 2018 ha detto che in molti casi di traffico umane si individuano donne e ragazze, ed esse vanno a finire in sfruttamento sessuale brutale come prostituzione non voluta, matrimoni costretti e schiavitù sessuale come anche la spaventosa tratta di organi.
“La schiavitù umana prende molte forme e non conosce frontiere. I trafficanti spesso operano nell’impunità ed i loro crimini non ricevono molta attenzione. Questo deve cambiare”
I governi del ASEAN
Ogni anno il Dipartimento di stato USA classifica i paesi del mondo in base agli sforzi dei governi per soddisfare agli standard minimi affermati nella legge di Protezione delle Vittime del Traffico del 2000 (TVPA) per l’eliminazione della schiavitù.
La TVPA va di pari passo con la convenzione ONU contro il crimine organizzato transnazionale o Protocollo di Palermo che affronta la prevenzione, soppressione e pene per i trafficanti di persone, specie donne e bambini, come pure il traffico di migranti.
La classificazione non ha conseguenza sulla severità del traffico umano nei paesi.
Nessun paese del ASEAN si trova nel Tier 1 del 2018 del rapporto TIP. Brunei, Indonesia, Cambogia, Singapore, Thailandia, Vietnam e Filippine sono classificate al Tier 2 in cui i governi non soddisfano ai minimi standard del TVPA ma fanno sforzi importanti per adeguarsi a questi standard.
La Malesia è stata posta nella lista di osservazione del Tier 2, perché il numero delle vittime di forme severe di traffico sono significative o crescenti in modo significative. La Malesia non ha dato prove complete di aver accresciuto gli sforzi per combattere le forme severe di traffico rispetto all’anno precedente. Birmania e Laos sono state poste al Tier 3 perché i governi non incontrano gli standard minimi e non fanno nulla in merito.
Alcuni giorni prima della celebrazione della Giornata contro il Traffico di Persone, la polizia indonesiana arrestava tre persone che erano dietro al traffico di 18 donne indonesiane mandate in Cina con progetto di matrimonio.
Altre 12 donne inviate in Cina precedentemente avevano vissuto abusi fisici per mano dei mariti, costrette a lavorare o erano state rivendute ad altri uomini in Cina.
I tre arrestati includevano una donna ed un uomo che drogavano donne tra i 16 e i 28 anni a Giava ed uno straniero che era l’intermediario in Cina. Un altro complice è ancora libero.
E’ difficile immaginare cosa ci voglia per un trafficante trattare un’altra persona come una mera merce o proprietà. Il diventare una tale persona crudele molto spesso inizia con l’essere stata una vittima. Quello che rende più difficile per una vittima cercare aiuto è il fatto che la loro vittimizzazione è iniziata con un qualche grado di consenso sebbene poi sia stata individuata la frode, la coercizione, la minaccia e gli abusi.
Lo sforzo per porre fine alla schiavitù non deve mai cessare sia attraverso le leggi che i trattati internazionali, attraverso misure preventive come istruzione e sviluppo socioeconomico, o il salvataggio delle vittime attraverso vari meccanismi, nei paesi di origine che di destinazione.
Ma prima dobbiamo riconoscere che il crimine, i criminali e le vittime esistono dentro le nostre comunità e alcuni sono legati con sistemi politici e culturali. E’ dopo tutto secondo ogni parametro una forma di schiavitù moderna.
Maizura Ismail, ASEANPOST