Seduto a bere il tè nel centro di Yangoon, ha la sensazione che non si insegni la storia alle generazioni più giovani, una frustrazione che riflette il disappunto più vasto verso il governo da parte di molti finiti in carcere per essersi opposti alla giunta che ha governato il paese per quattro decadi.
“Tutte le storie vere non sono state condivise con la gente” dice Ko Shell.
I regimi militari birmani hanno messo in carcere quasi diecimila persone sin dalla loro presa del potere nel 1962 che mandò il paese in uno stato di isolamento.
La figlia di Aung San, eroe dell’indipendenza birmana, Suu Kyi fu presa dalla rivolta appena dopo essere ritornata dalla vita di famiglia in Inghilterra per accudire la madre malata.
Ma nonostante abbia speso 15 anni di arresti domiciliari a causa del regime paranoide, Suu Kyi ha sostenuto la riconciliazione con i militari dopo aver vinto le elezioni del 2015.
Mentre un terzo dei suoi parlamentari sono stati in carcere per essere stati dei militanti, non furono scelti i membri importanti delle proteste del 1988 per partecipare alle elezioni.
La mancanza di risarcimenti o di altre forme per compensare le vittime hanno causato rabbia mentre molti non possono ottenere un lavoro a causa dello stigma della prigione.
“La maggioranza ha grandi difficoltà” dice Ko Shell, che ora fa il tassista.
La storia è un argomento pericoloso nel paese a maggioranza buddista dove i militari sostengono il discorso di voler unificare il paese diviso da linee di faglia etniche e religiose.
La questione tossica di appartenenza la si ritrova nella crisi dei Rohingya, in cui la minoranza musulmana è definita bengalese per connotarla come una comunità di immigrati clandestini del Bangladesh.
Mentre ex membri della giunta fanno una vita normale se non sono coinvolti nel governo, non è solito ripescare i ricordi dei prigionieri politici.
Ma Kyaw Soe Win della Assistance Association for Political Prisoners di Yangoon spera di cambiare tutto questo.
Il museo che ha contribuito a creare è uno dei tanti posti in Birmania dove i visitatori possono conoscere quello che i prigionieri dovettero sopportare.
“I libri di scuola non mostrano mai la storia vera” dice stando davanti ad una cella ricostruzione di una prigione .
Ci sono le foto delle manifestazioni studentesche, di soldati che reprimono, ed una ricostruzione della più brutta prigione birmana, la Insein. Sono in mostra i ciondoli, le opere e gli strumenti musicali fatti in prigione.
La coscienza limitata di ciò che fu il 1988 è parte di un gap più grande che lascia spazio a versioni semplicistiche della storia.
“Un grande problema in Birmania oggi è la mancanza di discussione critica sul recente passato del paese” dice lo scrittore Thant Myint-U.
E’ cresciuta la frustrazione verso il governo birmano di Suu Kyi da quando salì al potere due anni fa. Il paese si è trovato di fronte alla rabbia di tutto il mondo per la gestione sanguinosa della crisi Rohingya, definita dall’ONU e Washington, come pulizia etnica, mentre bruciano ancora i conflitti ai confini lontani ed i militari controllano ancora il 25% dei seggi in Parlamento.
Suu Kyi è stata accusata anche per la mancanza di riforme economiche significative e di una gestione dall’alto della politica.
Le prossime elezioni nazionali si terranno nel 2020 ed un gruppo di veterani del movimento del 1988 hanno annunciato di volersi porre come un’alternativa alla NLD di Aung San Suu Kyi.
Ko Ko Gyi, uno dei manifestanti del movimento 1988 coinvolto nel nuovo partito, ha detto che l’essenza della rivoluzione dei “quattro 8” è democrazia, e “democrazia significa pluralismo”.
“Proveremo ad essere una migliore alternativa per i nostri elettori” dice Ko Ko Gyi.
Min Thu, un anziano militante che ha passato dieci anni in carcere, riconosce che la riforma si sviluppa molto lentamente ma è sempre meglio del passato.
“La gente può mostrare la propria opinione liberamente e possono fare critiche” dice in un congresso annuale a Yangoon, sostenendo che il partito sta dando un po’ di aiuto agli ex prigionieri politici.
Senza fare alcun cenno ai militari, accusa il progresso imperfetto a decenni di cattiva gestione, ma ora gli elettori possono scegliere alle elezioni nuovi governi se sono insoddisfatti.
Ma la maggioranza degli ex-prigionieri politici sono preoccupati dell’oggi non delle prossime elezioni.
Ko Shell dice che ha problemi familiari perché il volersi sentire libero gli rende la vita familiare difficile. “Voglio essere libero sempre” dice.