In un giorno di questa estate, Ayu la bambina undicenne sposò il quarantenne Che Abdul Karim Che Hamid in una piccola moschea rosa sulle rive del fiume Golok nel profondo meridione thailandese.
Quella mattina presto Che Abdul Karim Che Hamid e la sua promessa sposa bambina avevano attraversato il confine dalla Malesia nella provincia thailandese di Narathiwat per sposarsi.
Dopo la breve cerimonia e il viaggio all’ufficio del Consiglio Islamico per registrare il loro matrimonio, la coppia ha riattraversò il confine. Ora Ayu era la terza moglie di Che Abdul Karim Che Hamid.
In Malesia dove gli uomini possono sposare legalmente ragazze che hanno meno di 18 anni se ottengono l’approvazione della corte della Sharia, il caso di Ayu ha causato una protesta nazionale in parlamento e per le strade. Ma dall’altra parte del confine in Thailandia, dove è avvenuta la controversa unione, la risposta del governo e delle autorità religiose è stata muta.
L’imam che ha sposato la coppia, Hashim Yusoff, ha difeso l’accordo: Ayu era “matura” secondo lui ed il matrimonio era sah, legale secondo la legge islamica. L’imam fece promettere a Che Abdul Karim Che Hamid, anche lui un imam, che non avrebbe avuto relazioni sessuali con la giovane moglie ma le prove mediche si dice abbiano mostrato che l’uomo non ha mantenuto la promessa.
Il padre di Ayu, Madroseh Romadsa, che era presente alla cerimonia per esprimere il suo consenso ha detto solo: “Non abbiamo mai fatto nulla di errato. In Thailandia molte persone si sposano da giovani”
Dal 2003, secondo la ferma legge di protezione del fanciullo, nessuno che abbia meno di 17 anni può sposarsi e il sesso con un minorenne è un reato. Nelle province meridionali del paese, Narathiwat, Pattani e Yala, a maggioranza musulmana, un escamotage legale permette alle comunità islamiche di applicare la legge islamica nelle questioni familiari.
Secondo questa legge non esiste una età minima per il matrimonio e culturalmente le ragazze sono eleggibile quando iniziano le mestruazioni. In questo modo il matrimonio di bambini è continuato come una norma senza regola e come una soluzione alle gravidanze di minori e allo stupro, mentre il governo sembra chiudere un occhio.
“Ecco se una ragazza non si sposa fino a quando ha sedici anni, si sente che sia troppo tardi e che nessuno voglia sposarla” dice Amal Lateh che vive nella provincia di Pattani e che fu costretta a sposarsi a 15 anni con un giovane più grande di dieci anni.
L’escamotage legale ha anche creato quello che Anchana Heemina del gruppo di difesa del bambini descrive come “un grande affare del matrimonio transfrontaliero” cioè di uomini malesi che attraversano il confine nella Thailandia meridionale per sposarsi facilmente con bambine anche da poligami, cosa per cui in Malesia sarebbe impossibile se non dopo lunghi processi.
Mohammad Lazim gestisce uno di questi affari aiutando gli uomini malesi a celebrare matrimoni transfrontalieri. Lavora con circa 50 uomini l’anno che cercano una seconda o terza sposa ma insiste che nessuno delle ragazze è minorenne e che i suoi affari sono piccoli in confronto ad altri.
“Vengono da tutta la Malesia per farlo” dice. “E’ un settore che esplode. Invece di chiedere il permesso delle corti della Sharia in Malesia e rispondere a tutte le loro domande difficili, processo che richiede almeno un anno, accorciano il processo venendo in Thailandia. Qui non c’è legge”.
La pratica è anche particolarmente vantaggiosa per gli imam che stanno sul versante thai del fiume Golok, i quali chiedono ai visitatori malesi quattro volte il prezzo che ricevono dai loro concittadini thailandesi.
In Malesia per Che Abdul Karim sarebbe stato difficile se non impossibile ottenere il permesso per sposare Ayu; in Thailandia ha dato semplicemente un centinaio di euro all’imam e tutto è fatto.
E’ stato anche multato in Malesia in una corte della Sharia per 350 euro dopo aver confessato la poligamia ed aver fatto il matrimonio senza il permesso della corte.
Wannakanok Pohitaedaoh che dirige un rifugio per bambini a Narathiwat fu costretta in un matrimonio violento da giovane.
“Il più grande problema con i matrimoni di bambini in Thailandia è che nessuno vuole parlarne, né il consiglio islamico, né gli imam né il governo. E’ polvere da nascondere sotto il tappeto ed è lì che vogliono che rimanga.”
La sua opposizione è profondamente personale. Wannakanok che ora ha 34 anni, fu costretta a 13 anni a sposarsi dai genitori e dice che è un’esperienza che “mi perseguita l’anima fino ad oggi”.
“Quando mi chiese di avere l’atto sessuale, non ero pronta. Non sapevo neanche cosa significasse e rifiutai. Poi mi stuprò” dice piangendo nel ricordo. “Era molto violento e ogni volta che voleva avere sesso usava la violenza. Vivevamo a casa ed i miei genitori mi sentivano piangere.
Era la stessa cosa per tante delle mie amiche. Molte avevano 12 o 13 anni erano andate finite in sposa a uomini che erano molto più grandi, di trenta o quaranta anni. Ma le ragazze erano quanto me e non volevano sesso e la violenza era comune. Non avevamo idea d cosa fosse il sesso allora”
La maggior parte delle amiche erano incinta a 14 anni. Wannakanok ascolta ancora regolarmente storie analoghe alla sua e a quella di Ayu.
Una ragazzina di 13 anni Naa era stata di recente al rifugio di Luk Riang mentrela madre lavorava in Malesia.
“Sua madre venne a prenderla ma immediatamente dopo la diedero in sposa ad un quarantenne come seconda moglie” dice Wannakanok. “La famiglia era molto povera e lei era un peso economico: fu più facile darla in sposa”.
Non ci sono dati ufficiali sul matrimonio di bambine in Thailandia, ma i dati della commissione dei diritti umani mostrano che nel solo 2016 negli ospedali pubblici di Narathiwat hanno partorito 1100 ragazzine. Le cifre non includono chi ha partorito in casa, nelle cliniche private o i quelli delle province dove il matrimonio di bambine è tollerato.
Il governo thailandese sembra riluttante ad affrontare il problema a livello ufficiale spostando la responsabilità ai consigli islamici.
“Questa questione non è stata mai posta nel parlamento. Il governo pretende che non esiste perché non vogliono provocare le comunità. Si proteggono” dice Heemina
Aggiunge che la loro riluttanza è radicata nella sensibilità per l’autodeterminazione per le comunità islamiche nel profondo meridione thai, che da 14 anni è acceso da una guerra civile che prende le province di Narathiwat, Pattani e Yala e occasionalmente Songkla. La radice di questa guerra sta nell’annessione e conquista thailandese del 1909 del sultanato malay di Patani che si estendeva su queste province. Negli anni 50 si formò un movimento separatista che nel 2004 è maturato in un’insorgenza completa.
Sebbene il conflitto sia diminuito di intensità negli ultimi anni sono comuni le bombe e le esecuzioni ed il costo della guerra è giunto a 7000 persone per lo più civili.
Di conseguenza le politiche imposte sul meridione sono spesso causa di grande frizione, ed il governo thailandese, con le migliaia di soldati di stanza nel meridione, ha poco interesse ad accendere tensioni interferendo in questioni che toccano la sensibilità religiosa.
Il governatore di Narathiwat, Suraporn Prommul, dice di aver incontrato il Consiglio Islamico su questa questione. Il solo risultato del caso di Ayu è un accordo per cui in futuro, per i casi che coinvolgano una giovanissima moglie ed uno straniero, la coppia deve andare al consiglio islamico prima di sposarsi per dare al comitato l’occasione di indagare”. Ma su come sarà applicato questo accordo non si è deciso nulla.
Dopo la rabbia che ha preso la Malesia per il matrimonio di Ayu, la ragazza e la famiglia sono tornati alla loro nativa Thailandia. I militanti dei diritti temono che l’apatia del governo thailandese sulla questione voglia dire che Che Abdul Karim il qual resta in Malesia non sarà mai accusato di abuso di minore.
“Ho paura che sarà un altro caso di matrimonio di bambine che legittima la pedofilia che si nasconde sotto i tappeti” dice Heemina.
A livello internazionale è accertato che l’impatto del matrimonio sulle ragazze prima dei 18 anni causa danni fisici ed emotivi duraturi e perpetua il ciclo della povertà. Le ragazze del meridione thailandese sono comunemente portate via dalla scuola una volta che si sposano. Molte si ritrovano anche prima dei 18 anni con un figlio e divorziate.
Ma Safei Cheklah, presidente del Consiglio Islamico di Narathiwat, mentre sottolinea che le linee guida consigliano di non sposare ragazze prima dei loro diciott’anni e ammette che non è cosa giusta, difende con forza la pratica:
“Devo parlare secondo il principio islamico e in accordo con l’Islam, il padre può dare permesso che la ragazza si sposi fintantoché la ragazza abbia raggiunto la maturità fisica”
Per Abdul Razak Ali, segretario del consiglio islamico, la cui madre si sposò a 13 anni con il padre settantenne, permettere ad un minorenne di sposarsi si giustifica come una forma di prevenzione di casi “odiosi” di adulterio o di figli illegittimi. La cosa si estende anche ai matrimoni di ragazzine stuprate che sposano il proprio stupratore.
Angkhana Neelapaijit, che fa parte della commissione dei diritti umani thailandese, racconta il caso di una quindicenne stuprata nel suo villaggio della provincia di Yala. La ragazza fu portata in un rifugio ma due giorni dopo il consiglio islamico fece visita alla ragazza per costringerla a sposare lo stupratore.
“Dissero che sarebbe stata la cosa migliore per la ragazza” racconta Angkhana.
Appaiono riluttanti a fare qualcosa persino alcune organizzazioni umanitarie.
Aiyub Chena, vice presidente della ONG islamica Nusantara che lavora con i bambini orfani nel meridione thailandese, difende il matrimonio di bambine perché protegge le ragazze dallo stigma se sono colte insieme ad un uomo.
“L’adulterio è sbagliato e peccaminoso secondo l’Islam, ma se vietano il matrimonio di bambine ho paura che renderà l’adulterio accettabile” dice Ayub. “Cambi la legge ma non cambierai la società qui. Ci saranno molte ragazze incinta che saranno rigettate, ed i loro figli non saranno accettati perché illegittimi”.
Tuttavia nel mondo musulmano c’è un movimento per mettere fuorilegge il matrimonio di bambine. Algeria, Oman, Bangladesh, Pakistan, Egitto, Marocco e Turchia hanno posto l’età minima a 18 anni, e di recente anche l’Indonesia si prepara a chiudere gli escamotage legali che permettono i matrimoni di bambini con un decreto presidenziale.
Nel piccolo villaggio di Pattani, a Sai Buri, le donne parlano di quanto sia ancora comune nel meridione thailandese il matrimonio di minorenni, e descrivono le figure dei facilitatori che vanno al villaggio per conto di uomini che cercano la moglie giovane.
Amal Lateh costretta a sposarsi a 15 anni dice:
“Quando vanno alle case i facilitatori, non lo chiedono direttamente al padre. Piuttosto chiedono se abbia un agnello o una capretta da vendere. Tutti sanno cosa voglia dire, che cercano una vergine da sposare. E poi si farà un accordo tra il padre e il facilitatore. La ragazza non ha alcuna voce in merito”
Suranya Litae aveva 15 anni quando fu costretta da suo padre a sposare un uomo più grande di lei di sedici anni per aiutare la famiglia finanziariamente. Parla della sua rabbia percé la legge non protegge le ragazze dal trauma di questo tipo di matrimonio.
“Non volevo sposarmi. Piansi tantissimo e volevo tanto scappare” dice Suranya. “Ma la mia famiglia aveva bisogno di soldi dalla mia dote per costruire la casa. Allora ero così triste perché sposarsi significava che avrei abbandonato gli studi.”
Poi accarezzando il capo del figlio di sette anni Afdon dice: “Sognavo di diventare insegnante, ma è un sogno che non si è avverato”
Hannah Ellis Petersen, The Guardian