Il divieto è stata la prima grande azione del social network in risposta alla violenza contro i Rohingya musulmani dell’anno scorso che comportò l’esodo forzato di oltre 700 mila persone.
Questo gesto è giunto immediatamente dopo il rapporto rilasciato dal Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU sulla base di quanto scoperto dalla Commissione Indipendente conoscitiva sulle azioni dei capi civili e militari.
Il rapporto ha trovato che le operazioni di rastrellamento condotte dalle forze armate birmane ammontavano a “crimini contro l’umanità”
Il rapporto dava dei resoconti dettagliati delle atrocità commesse dai militari tra i quali stupri di gruppo, incendi e omicidi di massa organizzati. Il grado di coordinamento tra militari, dice il rapporto, indica che “la colpevolezza penale individuale si estendeva al di là dei singoli colpevoli fino ai loro comandanti della gerarchia”.
A tal fine il rapporto raccomandava che Min AUng Hlaing , insieme ad altri cinque generali, fosse inquisito per genocidio davanti alla corte penale internazionale.
Il doppio colpo del rapporto dell’ONU e del divieto di Facebook rappresenta fino ad ora la più forte condanna della comunità internazionale del comando supremo delle forze armate birmane.
L’azione di Facebook è probabile che abbia gli effetti maggiori. La piattaforma è molto popolare in Birmania ed i militari la usano per raccogliere consenso, promuovere la propria ideologia ed attaccare rapporti che pongono il paese sotto una cattiva luce. Inoltre man mano che cresce la campagna politica online il divieto potrebbe frenare le ambizioni politiche del comandante in capo, una delle figure più note.
Facebook ha scritto: “Questa è un’immensa responsabilità se si considera che in Birmania molti si affidano a Facebook per le informazioni, anche di più che in ogni altro paese dato lo stato nascente dei media e la rapida adozione recente dei telefonini.
Un’indagine del 2017 del International Republican Institute trovava che il 73% degli utenti Facebook birmani sostiene che l’uso principale è di leggere notizie locali ed internazionali.
Lo stesso Min Aung Hlaing stesso col suo seguito enorme usava Facebook per promuovere l’ideologia che disgna i militari birmani come difensore dei valori tradizionali del paese. Due profili attribuiti a lui hanno 2.8 e 1.3 milioni di amici. Facebook ha chiuso entrambi i due profili.
La piattaforma è stata spesso lo strumento principale del comandante in capo per comunicare in pubblico. Quando Papa Francesco visitò la Birmania lo scorso novembre e discusse con Min AUng Hlaing la risposta del generale a quell’incontro apparve prima su Facebook.
“Non esiste discriminazione religiosa in Myanmar e c’è libertà di religione” si leggeva sulla sua pagina. “L’obiettivo di ogni soldato è di costruire un paese stabile e pacifico.”
Il generale usava spesso Facebook per dichiarare quali notizie sulla Birmania erano considerate vere o false. In un post di giugno accusò la comunità internazionale di aver inventato l’idea dei Rohingya e scrisse:
“La parola Rohingya è una parola fabbricata dall’ONU. I cittadini birmani non accettano affatto l’uso della parola Rohingya.”
Mentre i militari si sono spesso rifiutati di commentare pubblicamente le operazioni dello scorso anno, l’uso sfacciato di Facebook per castigare i Rohingya è stato uno strumento cruciale per chi indagava sulla violenza.
A giugno Reuters pubblicava un resoconto dettagliato delle attività delle due divisione leggere di fanteria durante la campagna dello scorso anno. Molte delle prove del rapporto erano prontamente ottenibili su Facebook sotto forma di articoli pubblici.
I soldati delle divisioni 99esima e 13esima postavano dichiarazioni pubbliche delle loro azioni e motivazioni come queste.
“Se sono bengalesi saranno uccisi” e “I kalar ora sono calmi … i villaggi Kalar sono stati bruciati”. I militari rifiutano l’uso del termine Rohingya e chiamano la popolazione Bengalesi, mentre il termine Kalar è un termine razziale per caratterizzare persone dalla pelle oscua di origine dell’Asi Meridionale.
L’uso liberale di Facebook da parte dei soldati ha permesso alla Reuters di dettagliare con precisione delle due divisioni nella campagna contro i Rohingya.
Il Consiglio dei diritti dell’ONU raccomandava per i due generali di divisione Brigadier Generals Aung Aung and Than Oo, di essere indagati per genocidio e i loro profili Facebook sono stati chiusi.
Questo divieto di Facebook potrebbe avere profonde conseguenze sulle prossime elezioni birmane.
CI si attende da più parti che Min AUng Hlaing si candidi per la presidenza nel 2020. Ed Facebook è un modo conveniente per sostenere le sue credenziali politiche. La pagina personale del generale mostrava di frequente le sue visite al clero buddista, cosa importante per un politico birmano in una società molto devota.
Alcuni analisti credono che il doppio colpo del rapporto ONU e della messa a bando da Facebook sarà un disastro per il generale.
Khin Zaw Win della Organizzazione politica di Yangoon Tampadina Institute, in una dichiarazione scritta a TheDiplomat, ha detto che la messa al bando da Facebook “avrà un impatto grande perché qualcosa del genere non è mai accaduto ad un comandante in capo. E’ come essere stato umiliato di fronte a tutta la popolazione birmana. Le sue ambizioni politiche sono finite”
Per altri l’azione di Facebook avrà un impatto modesto. La piattaforma è un modo facile per raggiungere milioni di persone ma i militari controllano la radio e la televisione come molti giornali.
Questi media tradizionali sono stati importanti per il sostegno popolare ai capi militari. Molti in Birmania credono che l’azione dei militari contro i Rohingya sia stata giusta. E nessuna azione mondiale cambierà questa forma mentis.
Kelassa un giovane monaco di Yangook dice: “Min Aung Hlaing ha il sostegno della popolazione birmana perché difende i nostri valori tradizionali. Myanmar è un paese buddista e e il generale lo comprende bene. Noi lo sosteniamo”
Daniel Combs TheDiplomat