Questa resa unitamente al basso numero di morti registrate lo scorso anno fa sorgere speranze che l’insorgenza stia giungendo verso la fine con una vittoria del governo thailandese.
Resta ancora da vedere se questo segni davvero l’inizio della fine della insorgenza nel profondo meridione thailandese.
Secondo le statistiche del Deep South Watch, il numero di morti legate all’insorgenza del profondo meridione thailandese tra il 2004 ed il 2017 è stato di 6145. Questa cifra non tiene conto di due attacchi di presunti ribelli a Narathiwat che hanno ucciso un soldato e ferito altri sei di giugno dello scorso anno.
Il numero di morti è dal 2014 andando scemando e coinciderebbe con la salita al potere della giunta militare.
Dopo il golpe militare, la giunta promise di porre fine alla violenza nel giro di un anno. Come sostiene l’esperto Zachary Abuza del National War College, il declino della violenza ha permesso solo ai militari il lusso di prolungare i negoziati senza concedere assolutamente nulla.
Abuza nota che ad ottobre 2015, il BRN si era ritirato dal processo di pace sentendo l’intransigenza della giunta nel non voler fare concessioni anche su questioni fondamentali come amnistia, rilascio di prigionieri o riforme nel capo linguistico ed, a maggior ragione, qualunque cosa che minasse la natura unitaria dello stato thailandese.
Poi ad aprile 2017, il BRN emise una dichiarazione pubblica “rara” in cui si rigettava il piano di pace dei militari e domandava che qualunque processo di pace includesse la partecipazione di una terza parte della Comunità Internazionale ed un mediatore imparziale per la conduzione dei colloqui.
La giunta mise da parte questa richiesta in una risposta immediata del primo ministro Prayuth Chanochoa e dal capo negoziatore generale Aksara Kerdphol.
“Non diamo molta attenzione a quella dichiarazione e insistiamo nel continuare i colloqui di pace e crediamo ce questo format sia sufficiente. La Malesia è solo un facilitatore dei colloqui, non un mediatore. Non c’è bisogno di un osservatore internazionale nei colloqui. Non date molta corda a tali dichiarazioni dei separatisti. La separazione è impossibile. Chi sarebbe mai d’accordo con l’idea della separazione? Nessuno nell’area del confine meridionale.” si leggeva nella loro dichiarazione.
Il governo thai nega ancora che i ribelli abbiano legittime rivendicazioni aggiungendo che il generale Piyawat Nakwanich aveva affermato che dietro le ragioni del grande attacco al grande magazzino Big C c’erano interessi economici e non il separatismo. Il riferimento è alle bombe del 9 maggio contro un grande magazzino di Pattani.
“Altri rappresentanti dei militari continuano a spingere per la linea priva di fondamenti per cui l’insorgenza sia una questione di commercio illegale di droghe. Negano alla gente di Pattani la loro identità e non riescono ad immaginare la ragione per cui i Malay di Pattani continuano a resistere all’assimilazione” sostiene Abuza.
Quello che la giunta fa di buono
La giunta militare fa qualcosa di buono almeno secondo John Blaxland dell’Istituto del Sudestasiatico della ANU australiana.
Il declino della violenza e dei morti lo si può spiegare in parte con quello che i militari thai hanno fatto per accrescere la professionalità tra le proprie file. Questi cambiamenti hanno portato ad una riduzione forte di accuse di violazioni di diritti umani.
“Le fonti indicano che mentre il governo resta determinato a non cedere sulla questione del governo separato, sono state fatte concessioni per accomodare i costumi locali sulla lingua e sul vestire islamico. Questi sembrano aver avuto effetti positivi” ha detto John Blaxland.
Nel 2017 un membro del BRN disse ai media che il declino delle morti era dovuto semplicemente all’incapacità del gruppo a creare violenza.
“I militari sono dappertutto anche nei villaggi. Ma ci sono ordini di portare avanti attacchi e talvolta non ci riusciamo” ha detto il militante chiedendo l’anonimato.
Rispetto agli anni scorsi il numero dei morti è il più basso di sempre, ma la violenza non è affatto finita.
Secondo Khen Han Ming, esperto di sicurezza, il governo thai deve restare cautamente ottimista.
“Mentre la situazione sembra migliorare finché ci sono morti ci sono ancora passi che il governo può fare per migliorare la situazione”
Addolcendo il loro approccio, continuando a rafforzare le comunità riconoscendo le differenze culturali e costruendo l’economia con la creazione di lavoro, si potrebbe arrivare alla fine della insorgenza, secondo Khen Han Ming.
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