Città con oltre dieci milioni di abitanti, Bangkok sprofonda, ed anche velocemente, al ritmo di due centimetri l’anno, secondo le stime di Greenpeace, mentre il mare del golfo della Thailandia sale a 4mm l’anno, oltre la media globale.
La capitale thailandese si trova approssimativamente a 1.5 metri sul livello del mare, e lo spettro dell’alluvione del 2001 che inondò la città e delle inondazioni in India Nepal e Bangladesh con loro carico di morti è ancora molto vivo.
A far ritornare a galla le preoccupazioni sono le recenti piogge che inondano la città e il lavoro preparatorio delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico ospitato a Bangkok.
“Quando ero piccolo amavo le inondazioni” racconta l’architetto Kotchakorn Voraakhom che è nato a Bangkok. “Spingevo la mia piccola barca fuori e la strada diventava un canale. Ci divertivamo così. Ma dopo quanto accaduto nel 2011, tutti quanti pensano quello che era una gioia da piccoli si è trasformato in un disastro. E peggiora.”
La risposta ingegnosa di Varaakhom è stata il Parco del Centenario della Chulalongkorn University da quattro ettari nel centro della metropoli. Sotto i suoi alberi e la sua erba si nasconde la sua caratteristica più interessante: una vasta riserva di acqua che insieme ad un laghetto può tenere 4 mila metricubi di acqua.
In condizioni normali l’acqua che non è stata assorbita alle piante finisce in questi ricettacoli, dove è tenuta per essere usata nella stagione secca.
Quando ci sono gravi inondazioni, la riserva mantiene l’acqua che sarà poi rilasciata nel sistema fognario dopo che l’alluvione recede.
Il prossimo anno Voraakhom e la sua impresa, Landprocess, apriranno una riserva di ritenzione simile da 13 ettari vicino la Thammasat University di Bangkok.
Il Parco del Centenario è anche un benaccetto pezzo di verde in una metropoli che, stando all’indice di Città Verde de Economist Intelligence Unit, ha appena 3.3 metri quadri di verde per abitante, mentre a Londra ce ne sono 27 e a Singapore 66 metriquadri.
Seri Suptharathit, che dirige il Centro sul Cambiamento climatico e sul disastro della Università Rangsit, sosteine che da quando si tenne quell’indagine nel 2011 altro verde si è ingrigito. Se si guarda agli ultimi 20 anni, lo spazio a verde di Bangkok si è ridotto dall’essere 40% della terra totale a meno del 10%, aggravando in modo estremo il rischio di alluvione.
Camminando attorno al Parco del Centenario, che si è aperto lo scorso anno vicino al Delta del Chao Praya che era sede di vari edifici residenziali dell’università, Varaakhom indica gli alberi, un centro di istruzione, il giardino pensile ed un giardino d’erba.
“Lo scorso anno avemmo sei ore di piogge torrenziali e tutte le strade qui intorno si allagarono” dice l’architetto. “Ma il parco riuscì a trattenere tutta l’acqua.”
Sakchai Boonma, direttore della Pianificazione urbana per l’Amministrazione metropolitana di Bangkok, sostiene che una zona verde a Bangkok orientale è già usata per trattenere l’acqua. Dal 2013 la preoccupazione degli allagamenti è stata meglio affrontata dai regolamenti cittadini.
“Ci deve essere ora spazio per fare assorbire l’acqua dalle nuove costruzioni. Bangkok si espande in tutte le direzioni ma le autorità della pianificazione hanno privilegiato la prevenzione e la sistemazione delle questioni di allagamento.” dice Sakchai Boonma.
Suptharathit sostiene che a sostenere comunque i colpi delle inondazioni maggiori saranno comunque le parti più povere della città. Moltissimi poveri vivono in edifici vecchi che non sono molto protetti dalle misure contro gli allagamenti e sono a rischio sfratto dalla ristrutturazione per la prevenzione attorno ai canali.
“Il ricco può sopravvivere con queste grandi strutture ma la gente normale? L’acqua andrà a finire da loro”.
Le predizioni di lungo termine del gruppo di ricerca di Suptharathit indicano che probabilmente Bangkok sarà colpita da grandi alluvioni una volta ogni dieci anni, e che per il 2100 la metropoli sarà per lo più sotto l’acqua.
Il direttore di Greepeace Thailand Tara Buakamsri, dice: “Non sappiamo soltanto quando accadrà “lo scenario peggiore possibile” con il contemporaneo arrivo di piogge intense e di acque alluvionali dal nord contemporaneamente ad un innalzamento del livello del mare. Arriveranno tutti nello stesso momento, succederà”.
Voraakhom ammette che i parchi come quello pensato da lei sono solo una piccola parte della soluzione, ma da un suo contributo alla coscienza del problema e “mostra alla società cosa può essere fatto nei prossimi cento anni”
Poi sale su una bici nel Parco del Centenario che ha lo scopo di permettere di fare esercizi fisici e di agitare l’acqua per impedire la stagnazione.
“E’ troppo tardi? Non lo so ma dobbiamo fare quanto più possibile”
Jamie Fullerton, Theguardian