Di fronte al rischio potenziale di una condanna al carcere per aver messo in dubbio i resoconti storici sulla battaglia di elefanti di un antico Re Thailandese, l’anziano e rispettato critico sociale Sulak Sirivaksa si appellò al Re Maha Vajiralongkorn alla ricerca di un aiuto reale.
L’accusa, lanciata secondo la legge di lesa maestà alla fine del 2014 da due soldati, è stata presto lasciata cadere da un tribunale militare dopo anni di indagini prolungate. Sulak, che si proclama un monarchico radicale e critico feroce dei militari, afferma che il caso è stato lasciato cadere dopo l’intervento del Re presso il generale Prayuth Chanochoa sulla questione.
“Se il caso fosse andato nel tribunale militare, sarebbero stati costretti a mettermi in prigione senza alcuna legge, perché la legge non significa nulla per loro” ha detto Sulak in una intervista recente tenutasi nella sua casa tradizionale di legno nel centro di Bangkok, riferendosi all’accusa militare.
“Tantissime lettere, email di Amnesty International, Pen International, dai Premi Nobel di tutto il mondo, ma Prayuth non ha fatto nulla. E quando il re gli ha detto di far cadere il caso, ovviamente è stato il consiglio reale a funzionare”.
La giunta realista thailandese ha accresciuto il numero di accuse di lesa maestà contro i critici del palazzo, da quando prese il potere nel golpe del 2014, mentre i tribunali militari hanno inflitto alcune delle sentenze al carcere più lunghe mai viste secondo una legge considerata tra le più dure del genere in tutto il mondo da esperti di legge e militanti dei diritti.
La repressione giunse sullo sfondo di quello che era vista come una successione reale incerta da Re Bhumibol, scomparso il 13 ottobre 2016, al suo erede principe Vajiralongkorn.
La giunta si è giustificata in parte affermando che voleva eliminare disegni antimonarchici compreso uno presunto ad interferire durante i riti funebri sacri di Ottobre 2016. Più di recente il regime militare ha affermato di essersi infiltrato e distrutto un movimento repubblicano, che stava distribuendo magliette repubblicane, con legami ad un agitatore antimonarchico di base in Laos.
Ma mentre Re Vajiralongkorn consolida con forza e velocità il suo palazzo reale e i grandi generali sembrano destinati a cedere il potere alle prossime elezioni di restauro della democrazia all’inizio del prossimo anno, ci sono chiari segni nascenti che la temuta legge sarà usata con meno frequenza nel nuovo regno.
Sulak conosce questa legge che protegge in modo stringente il Re, la Regina ed il reggente da ogni critica nel nome della sicurezza nazionale.
Negli anni 80 e 90 Sulak si trovò di fronte ad accuse simili per la sua critica ad una generazione precedente di golpisti e le richieste di riforme reali che miravano a suo dire ad assicurare la sopravvivenza di lungo periodo alla sacra istituzione.
Sulak sostiene da molto tempo ormai che la legge di lesa maestà, che può dare pene di 15 anni di carcere con un tasso di condanne del 99% dei casi andati in tribunale, deve essere fondamentalmente riformata.
Sulak sostiene che il re Vajiralongkorn ha riconosciuto gli abusi passati di questa legge fatti a scopo politico durante una recente audizione personale avuta col Re in cui gli ha offerto il proprio consiglio su molte questioni.
“Dissi al re che suo padre lo aveva detto chiaramente, ed è scritto, che chiunque lanci un’accusa di lesa maestà lo danneggia personalmente e mina la monarchia” ha detto Sulak. “E puoi dirlo pubblicamente che il Re ha scritto personalmente alla Corte Suprema e all’Avvocatura dello Stato, e da allora non ci sono stati altri casi di articolo 112”
Questo è successo questo anno, come attestano avvocati e diplomatici che seguono le accuse secondo questa legge, sebbene pochi hanno pubblicamente parlato delle ragioni. Avvocati dei diritti umani di Bangkok che non vogliono essere citati notano come alcuni loro clienti, accusati secondo la legge, si sono visti prosciolti in modo inesplicabile dai loro accusatori di stato.
A fine settembre, con una sentenza senza precedenti, una corte d’appello thailandese ha ribaltato le accuse di lesa maestà contro sei persone tra i 18 e i 20 anni per aver incendiato i quadri dei Re Vajiralongkorn e Bhumibol. Invece sono stati condannati a condanne lunghe per danneggiamento della proprietà pubblica. Il tribunale non ha dato spiegazioni sulle ragioni delle mancate condanne di lesa maestà.
In un altro processo di lesa maestà, un sospettato che si era dichiarato in precedenza colpevole di lesa maestà ha visto il suo proscioglimento dopo che il giudice dichiarò che non esistevano prove a sufficienza per condannarlo.
I militanti notano che persino coloro che erano stati coinvolti in un presunto disegno repubblicano antimonarchico non erano stati detenuti o accusati secondo la lesa maestà.
Per Sulak queste accuse lasciate cadere sono indicative della “grazia” del nuovo re. Mentre la legge permette a chiunque di accusare qualcuno in difesa della corona, Sulak dice che è chiaro ora che i prossimi casi potranno andare avanti nelle indagini e nelle accuse con il consenso della famiglia reale. Questo segnerebbe un cambiamento da padre in figlio.
“Re Bhumibol si considerava un re costituzionale, e lui non interferiva” ha detto Sulak riferendosi alle accuse di lesa maestà fatte e perseguite nel regno di suo padre. “Usava una via indiretta, alla siamese, parlava ai giudici, alla accusa, ma molti ignoravano il suo avviso.”
Ma il re di oggi, in modo differente dal padre, non solo consiglia, ordina.” dice Sulak in riferimento alla diversa applicazione della legge. In Thailandese usa il Pradet, o potere reale, e Prakun, il perdono reale”.
Re Vajiralongkorn si è mosso alacremente e con scopo nel consolidare il suo regno che pochi diplomatici ed osservatori hanno previsto, quando accettò di salire al trono a fine 2016. Quello ha portato ad una nuova centralizzazione del potere reale che era cresciuto in modo diffuso in alcuni reami durante le ultime fasi del regno riverito da tutti Re Bhumibol.
Dicono che lo si vede negli emendamenti richiesti dalla famiglia reale e ricevuti nella costituzione fatta dai militari che riaffermava certe prerogative e poteri reali che non erano incluse nella versione approvata nel referendum di agosto 2016.
Lo si è visto nelle riforme guidate dal palazzo del Clero Buddista, Sangha, dove molti monaci anziani ribelli sono stati di recente sospesi a divinis.
Sulak, che ha offerto la propri opinione al re sulla riforma della Sangha, dice che i recenti cambiamenti al codice e struttura del clero non sarebbero stati possibili senza il sostegno morale del nuovo re.
Altri osservatori si domandano del pensiero di Re Vajiralongkorn sulla transizione incerta alla democrazia dopo quattro anni di governo militare. Il Re, che non ha mai parlato pubblicamente sulla questione, ha firmato le leggi elettorali ultime il 12 settembre scorso, il passo finale per far iniziare il processo legale per tenere nuove elezioni.
Alcuni danno importanza ad un recente manifesto distribuito alle missioni diplomatiche a Bangkok dove si indica che Re Vajiralongkorn presiederà la cerimonia d’apertura di un evento del King Prajadhipok Institute dal titolo “La democrazia Thailandese si muove” da farsi, forse in modo simbolico, il giorno 8 novembre alle Nazioni Unite a Bangkok.
L’ONU aveva espresso la propria grave preoccupazione sull’uso dell’articolo 112 di lesa maestà e l’impatto su quello che definiva “esercizio legittimo del diritto di espressione”.
Il governo militare rispondeva nella lettera come la legge “è in accordo alla tradizione e ai valori culturali thailandesi” e che la monarchia era “riverita da tutti i thailandesi”.
Quello scambio di lettere potrebbe essere in qualche modo datato perché l’uso della legge sembra essere molto meno pressante. Sembra sempre più chiaro che la cerimonia di incoronazione da prevedere di Re Vajiralongkorn avrà luogo dopo e non prima le elezioni e dopo che si instaura il governo democratico.
“La democrazia inizia con la libertà di espressione e di discussione” dice Sulak che echeggia una frase del suo libro “Fedeltà richiede il dissenso” dove racconta i suoi scorsi passati legali. Sulak crede ancora che la monarchia deve essere aperta al dissenso per sopravvivere e che il cambio di uso della legge è un passo nella giusta direzione.
Ma fino a quando gli accusati di lesa maestà sono ancora nelle corti marziali, i condannati languono senza perdono dietro le sbarre, e l’articolo 112 resta scritto allo stesso modo, Sulak dice:
“Avrò sempre i miei interrogativi se sia davvero possibile la critica aperta”
Shawn Crispin, Atimes.com