Sei mesi fa, il 26 aprile 2018, ci fu la chiusura di Boracay ai turisti.
Dopo aver lanciato una brutta guerra contro la droga, il presidente Duterte diresse il suo sguardo all’isola paradiso e lanciò il suo pugno di acciaio ancora una volta, ordinando la chiusura dell’isola ai turisti per sei mesi fino al 26 ottobre 2018.
Era un cesso dove l’acqua puzzava di “merda”, disse il presidente per giustificare la sua direttiva.
Il governo disse che la chiusura doveva servire per la riabilitazione, ma coloro che si opponevano dissero che la chiusura era troppo frettolosa ed improvvisa.
Migliaia persero il lavoro, il PIL perse qualche punto, ed i turisti dovettero cancellare le prenotazione alberghiere. E’ valsa la chiusura di Boracay tutto questo trambusto?
La gente del posto ha detto che la chiusura era attesa da molto tempo, un sacrificio che erano disposti a fare.
Ma non tutti sono stati felici perché ha significato sei mesi senza lavoro e senza entrate.
Molti erano preoccupati che non ce l’avrebbero fatta a sopravvivere a sei mesi di incertezze.
Rappler dà uno sguardo agli effetti di questa chiusura sulle persone, le imprese e l’ambiente.
Il Sacrificio
Quando il presidente annunciò la chiusura a febbraio la gente del posto non fu consultata, né il governo chiese loro quello che pensavano dell’ordinanza.
Una cosa fu chiara a loro: non ci sarebbe stato nessuna manifestazione per Laboracay, l’evento della giornata del lavoro che attira tantissimi turisti, permette guadagni a man bassa, e per cui avevano accumulato.
Avevano sperato che il più grande evento dell’anno avrebbe permesso loro di fare altro denaro per il resto del periodo di chiusura, ma invece li ha lasciati nei debiti.
Da un guadagno giornaliero di 30 euro al giorno sono rimasti con nulla. 17 mila lavoratori degli hotel dei ristoranti 2 2000 persone del settore informale tutti rimasti senza un lavoro o senza una fonte di entrate, all’improvviso.
La chiusura creò una massiccia disoccupazione, ma il governo promise che ci sarebbero stati posti di lavoro.
A 323 peso al giorno, 5 euro al giorno, la paga minima nelle Visayas Occidentali, il ministero del lavoro e fornì lavori per 30 giorni ai residenti colpiti dalla chiusura. Ma c’era un problema, erano unici e domande simultanee di altri parenti non erano ammesse.
Sebbene lontano dagli ideali, le offerte di lavoro erano meglio del nulla. “Abbiamo una possibilità di scelta?” chiedeva la gente del posto.
Non molto dopo i centri del governo che davano assistenza finanziaria e lavori temporanei erano pieni di disoccupati.
Il rischio
Quando scoccò la mezzanotte del 26 aprile, l’isola party del mondo si distaccò da tutti i ritmi e i bicchierini di techila. Era il momento della riabilitazione.
Poi i contanti scomparvero improvvisamente a Boracay.
L’autorità dello sviluppo e dell’economia all’inizio minimizzò l’impatto economico della chiusura e fece una proiezione di calo del PIL pari appena al 0.1%.
Comunque il secondo trimestre il PIL crebbe di un 6% infrangendo il record di 10 trimestri consecutivi al 6.5% a trimestre. Gli obiettivi del 7% e 8% non saranno probabilmente raggiunti.
L’industria turistica nel 2017 era la terza fonte di entrate per l’economia del paese con il 20% delle entrate generali generate dal settore che viene da Boracay.
Nel 2017, due milioni di turisti hanno visitato Boracay.
Oltre 17 mila lavoratori hanno perso il lavoro per la chiusura.
Il governo ignorò questi numeri scoraggianti.
“Se il PIL cadrà ulteriormente a causa del desiderio del Presidente di proteggere l’ambiente, che sia così. Investiamo nel futuro, non nel presente” disse Harry Roque, l’ex portavoce presidenziale.
A dispetto di queste dichiarazioni da guerrieri ambientalisti, persistevano i discorsi della possibile apertura di un casinò sull’isola vergine di Boracay.
Rappresentanti del Ministero del Turismo e di quello dell’ambiente avevano detto che il pianificato casinò non sarebbe passato. Insistettero che tutte le attività di gioco d’azzardo sull’isola sarebbero state vietate.
Il gruppo di Macao Galaxy Entertainment Group Ltd ed il suo partner filippino Resorts World Corporation dissero che i loro progetti vanno avanti e non sono colpiti dalla chiusura.
Il governo sta dando un passaggio libero colossale a spese della gente del posto?
Il ministero dell’ambiente ha da tempo suonato l’allarme sull’inquinamento delle acque a Boracay.
Tre anni prima con una amministrazione differente, il ministero dell’ambiente aveva già promesso di fermare le operazioni delle imprese non in regola.
C’è una lunga lista di problemi a Boracay, ma il problema degli scarichi è forse il più pressante, particolarmente per una destinazione famosa turistica che si vanta delle acque cristalline blu.
Il ministro dell’ambiente Roy Cimatu disse: “il sistema di fogne di Boracay è il problema numero uno nell’isola.”
Anche il presidente crede che è il problema che causa i guai sull’ecosistema dell’isola.
Questa è perché la prima promessa di Cimatu fu: “Ci assicureremo che le acque di Boracay possano superare gli standard internazionali di qualità dell’acqua”.
Lui enumerò una serie di cose da fare per risuscitare l’isola:
Velocizzare il miglioramento e completamento dei sistemi di scarico e di fogna; uso delle tecnologie amiche dell’ambiente per la discarica della frazione residuale e dei rifiuti biologici; riabilitazione delle aree umide; rimozione di strutture illegali, dei sedimenti, dei detriti e di specie invasive in aree vitali; recupero delle aree di foresta; stabilire l’Habitat critico dell’isola di Boracay.
Mentre il suo ministero si assumeva il compito di riabilitare l’isola, Cimatu disse ad Aprile.
“Il nostro compito di ripulire e rendere Boracay una comunità vivibile ed una destinazione turistica migliorata continuerà persino al di là dei sei mesi di chiusura”
Ora il resto del paese e del mondo attende di vedere a cosa assomiglierà la Boracay verde e pulita.
Aika Rey – Ralf Rivas, Rappler