Grazie alla sua popolazione fatta di molte etnie e gruppi indigeni, la Malesia ha sempre puntato sulla sua reputazione di nazione univocamente diversa eppure in armonia. Talvolta la realtà incontra la retorica. E talvolta la facilità con cui le forze del razzismo e del rancore riescono a trionfare su chi sposa la moderazione, che vari governi hanno affermato essere il loro marchio, non fa sperare che il paese si allontanerà mai dalla politica del pregiudizio e della paura.
Esempio tipico: a settembre il primo ministro malese Mahathir Mohamad annunciò che il suo governo “voleva ratificare tutti i fondamentali strumenti ONU per la protezione dei diritti umani”.
Uno di questi è il ICERD, la Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. Poiché questa convenzione è stata sottoscritta da quasi tutti i paesi del mondo, non si credeva che sarebbe stata particolarmente controversa.
Ma la questione è stata purtroppo usata prontamente come un’arma dal partito islamico malese, PAS e dal UMNO, il partito a guida Malay che ha governato la Malesia fino a maggio scorso. Questi partiti hanno sostenuto che la ratifica del ICERD avrebbe richiesto la modifica dell’articolo 153 della costituzione federale sulla posizione speciale dei Malay (e delle popolazioni indigene e di Sabah) che la costituzione definisce come musulmani , per cui i loro diritti sarebbero stati minacciati.
Il capo del PAS, Hadi Awang, dichiarava che era “obbligatorio” per i musulmani opporsi al ICERD.
Il presidente del UMNO, Zahid Hamidi, ha posto in dubbio la fede religiosa del ministro degli esteri Saifuddin Abdullah, diplomatico ben accetto, per aver sostenuto la ratifica.
La pianificata manifestazione anti ICERD del 8 dicembre ha fatto crescere le tensioni al punto che ci sono state inviti ai militari a stare in guardia per mantenere la pace. Tantissimi parlamentari hanno chiarito che la convenzione permette la discriminazione positiva e che non c’era alcuna necessità di modificare la costituzione, perché in nessun modo l’Islam o i Malay sono sotto minaccia. Si sarebbe potuto adottare una posizione appena differente da una non vincolante operazione di facciata.
Nonostante questo la scorsa settimana il governo ha ceduto. La ratifica è stata cancellata. Gli agitatori hanno vinto, provando ancora una volta che giocare la carta della razza e della religione paga sempre in Malesia, indipendentemente da quanto costi alla coesione sociale del paese o a quanto sia corrosiva verso la politica.
L’azione del governo forse è stata di prudenza. Persino Lim Kit Siang, un anziano parlamentare indipendente, ha invitato ad essere cauti, affermando che se ICERD fosse andata avanti, “gli elementi irresponsabili che cercano di incitare e far crescere la sfiducia razziale e religiosa, l’animosità e l’odio” avrebbero potuto causare un altro 13 maggio.
Questa data segna i disordini razziali del 1969 che fecero centinaia di morti, in gran parte cinesi, dopo che malay in Kuala Lumpur affermarono di essere stati provocati e minacciati dai sostenitori dell’opposizione cinese, i cui partiti erano andati bene come non mai nelle elezioni generali di qualche giorno prima.
Chi ha vissuto quel periodo con la violenza, gli incendi e i saccheggi lo ricorda con orrore. Portò direttamente alla discriminazione positiva in favore dei malay che continua tutt’oggi.
Considerato che in quel tempo i Malay e le popolazioni indigene costituivano una maggioranza della popolazione ma che avevano solo il 3% della ricchezza del paese, fu una politica necessaria.
Benché si capisca la sensibilità di una maggioranza di popolazione con una memoria storica di oppressione sistematica, questa sensibilità è ormai diventata eccessiva.
Oggi i malay comprendono una porzione persino maggiore della popolazione, perché la comunità cinese si crede si contrarrà a meno del 20% della popolazione per il 2030. I nove regnanti ereditari del paese, che eleggono il re tra i propri ranghi, sono malay, mentre, per dirla con un politico, ci vorranno altri 50 anni per vedere primo ministro un non malay.
In breve non ci sono possibilità che l’Islam o i Malay saranno mai sotto minaccia in Malesia. Il presunto rischio ad un gruppo sociale che ha sempre tenuto le chiavi del potere sono costruite puramente per continuare a giocare sulle insicurezze del fondamentale voto malay conservatore che talvolta hanno fatto della Malesia lo zimbello del mondo
Tuttavia, come mostra questa questione del ICERD, che potrebbe ancora essere tremendamente seria perché la manifestazione del 8 dicembre è ancora lì anche se per celebrare il rigetto della ratifica, non esiste fine ai tentativi di far crescere la paura e la rabbia tra i Malay.
Una tale retorica è sempre a detrimento dei malesi di etnia cinese ed indiana, molti dei quali sono ancora considerati emigranti che dovrebbero tornare a “casa”, anche se varie generazioni delle loro famiglie sono nati lì.
Ho due figli malay a metà, e li ho sempre incoraggiati ad essere fieri del loro paese. Ma ora non me la sento più di farlo. Come posso chiedere loro di essere fieri di un paese che ha detto al mondo: vogliamo essere liberi di praticare la discriminazione razziale tanto da far scorrere il sangue per strada se non ci è permesso?
Roma non fu costruita in un giorno, dicono alcuni. Ma non sarebbe mai stata costruita se qualcuno non avesse cominciato a porre i mattoni. E non ci sono segni che la Malesia comincerà mai il processo di liberarsi dalla maledizione della politica razziale.
Ogni partito è rappresentativo di una razza. Ogni campagna di unità nazionale, dalla Nazione Malese degli anni 90 alla concettuale 1Malesia dell’ultimo primo ministro Najib Razak, è stata politicizzata con gli estremisti che denunciavano l’abbandono dei diritti dei Malay, una critica che fecero anche della visione pluralistica e multietnica di Malesia dei Malesi che fu portata avanti.
Non c’è neanche la speranza che le nuove generazioni si libereranno della mentalità di vittima. Sia l’attuale ministro della gioventù, Syed Saddiq ed il suo predecessore Khairy Jamaluddin, hanno posto questioni sul ICERD anche se sono entrambi abbastanza intelligenti da sapere che tali paure non hanno alcuna base.
Ci sono buone persone di tutte le comunità le quali sanno che il razzismo che colpisce la politica malese è un male, ma pochissimi si esprimono quando sorge lo scontro.
“Non puoi cambiare la società nel giro di una notte” è l’adagio. Ma se lo ripeti sempre non cambierà mai.
I miei figli e tutti i malesi meritano qualcosa di meglio
Sholto Byrnes, TheNation.ue