Faisal pensava di fare una cosa buona quando diede a suo figlio e suo nipote una possibilità di fuggire alla povertà.
A marzo 2017, due uomini avvicinarono i ragazzi vicino la loro scuola a Piagapo, vicino Lanao del Sur, una delle province a maggioranza musulmana di Mindanao.
Gli uomini offrivano a Kaheel di dieci anni e Abdullah di 16 la possibilità di un collegio islamico a Marawi, capitale della provincia a 20 chilometri.
I ragazzi avrebbero studiato arabo ed imparato l’autodifesa, racconta Feisal.
Gli uomini si offrirono anche di dare alla famiglia 400 euro per ragazzo.
“Quello che sapevo allora è che il denaro mi sarebbe stato spedito da un altro paese, un paese arabo” racconta Feisal. Pensò che un paese del Medio Oriente stesse investendo nella Mindanao musulmana che è una delle regioni più povere delle Filippine.
“Ne avevamo bisogno di quel denaro” dice Feisal che da manovale con otto dollari al giorno deve sostenere una famiglia di dieci persone. Era un’occasione che esaudiva le sue preghiere, ma fin troppo buona per essere vera.
Qualche mese dopo, quando un migliaio di militanti islamici che avevano giurato fedeltà all’ISIS lanciò la battaglia di Marawi, Feisal ricevette una telefonata dal più grande dei ragazzi.
“Abdullah disse ‘quello a cui ci siamo uniti è alla fine ISIS. Ci uccideranno se non combattiamo’” racconta Feisal. “Gli dissi di trovare un modo per scappare”.
Quando i ragazzi furono portati a Marawi appresero presto che non c’era alcun collegio arabo.
“Sospettai qualcosa non andava perché vidi uomini del ISIS vestiti di nero” racconta Abdullah. “Non abbiamo mai imparato l’arabo. Ci dissero invece di andare a Piagapo e cominciare ad addestrarci”
I ragazzi fecero un addestramento di base prima di cominciare ad usare delle armi giocattolo.
“Ci dissero che quando tutti i primi combattenti erano morti saremmo stati i prossimi a combattere” dice Abdullah.
Avendo in mente il consiglio di Feisal, Abdullah attese che tutti dormissero e chiese ad una guardia di andare al bagno. Quando la guardia non guardava Abdullah si mise a correre scansando gli alberi della foresta nell’erba alta. Nella profonda oscurità riuscì a trovare la via per tornare a casa.
Ma Kaheed fu mandato ad un altro campo di addestramento ed era a Marawi prima dell’inizio della battaglia.
Scoppiarono i combattimenti ed i militanti islamici si scontrarono strada per strada con le truppe del governo. L’aviazione bombardava le posizioni dei militanti mandando per strada mattoni e cartongesso e le granate volavano nelle strade.
“Aerei ed elicotteri buttavano bombe. C’erano esplosioni e combattimenti” dice Faisal.
Kaheel fu salvato quando si fece un’operazione per salvare i civili intrappolati nella zona della battaglia dopo dieci giorni che era iniziato in conflitto.
Quando i soldati presero la costruzione in cui era prigioniero Kaheed ed un altro gruppo di bambini, i parenti degli scomparsi compreso Feisal ebbero due ore per ricercare i loro cari.
Quando Feisal ritrovò Kaheel, il ragazzo sembrava perso che fissava il vuoto.
Sottrasse il ragazzo dalla zona di guerra e lo portò a casa dove la moglie Sarah lo schiaffeggiò.
“Figlio di puttana. E’ tuo figlio. Lo hai fatto aderire al ISIS” gridava la donna. La donna prese Kaheel per mano e lasciò la casa. Rimase con i parenti per un mese troppo arrabbiata per guardare in faccia il marito.
Alla fine fu lui ad andarla a cercare supplicandola fino a farla tornare a casa.
Sarah racconta che, sebbene abbia riavuto il figlio fisicamente, non era più il ragazzo allegro e ambizioso che conosceva.
“Il Kaheel salvato era davvero un altra persona. Era sempre in un angolo a piangere e a gridare aiuto” dice Sarah.
La famiglia non può fare a meno di vedere due mesi di agonia mentre Kaheel si deteriora pian piano incapace ad affrontare il trauma, lasciandosi deperire fino alla morte.
“Continuava a piangere e gridare. Poi si fece troppo debole e smise di mangiare” dice Sarah con la voce rotta. “Continuava a piangere per gli scontri che vide. Poi lo portammo all’ospedale dove morì tre giorni dopo”
Quando gli si chiede di descrivere il tipo di ragazzo che era Kaheel, Sarah crolla per il solo dolore del parlarne.
Feisal è perseguitato dal rammarico. “Ogni volta che ci penso mi fa male qui” dice toccandosi il cuore. “Non riesco a perdonarmi naturalmente. E’ come se avessi venduto mio figlio”
Non è la sola famiglia ad essere passata per questo dolore. Non ci sono cifre ufficiali sul numero di bambini reclutati dai militanti del ISIS a combattere a Marawi, ma sono molti i genitori che dicono di essere stati indotti a mandare i loro figli ad addestrarsi come soldati bambino.
I civili salvati durante il conflitto hanno detto di aver visto bambini combattere insieme ai militanti.
Gli ostaggi salvati hanno riferito che erano i bambini incaricati di fare la guardia. Nei video sui media sociali messi dai militanti si vedono bambini tenere le armi.
Abdullah dice che c’erano una cinquantina di giovani anche donne nel suo campo di addestramento. In tanti casi le famiglie avevano avuto soldi e la promessa di un’istruzione per i figli. Altre famiglie un reclutatore si era fatto amico con i genitori promettendo di aiutarli finanziariamente.
Alcuni mesi dopo fu offerto altro denaro in cambio per il figlio. Le famiglie erano povere e senza istruzione e chi li reclutava capitalizzava sulla loro disperazione.
La povertà si nasconde dietro la decisione di Faidah di aiutare i militanti islamici al reclutamento di giovani. Lei aveva appena 16 anni quando le si avvicinarono i militanti nel 2016. All’inizio Faidah racconta di essere stata riluttante ad aiutarli, ma il padre non era a casa per lavoro e la promessa di soldi per sostenere la famiglia le fece cambiare idea.
“La mia paga iniziale fu du 150 dollari. Poi crebbe fino a 400 dollari” racconta Faidah.
Faidah ha reclutato circa una trentina di giovani da addestrare compreso i suoi migliori amici con la promessa di un po’ di soldi.
“I ragazzi che reclutai avevano tutti una conoscenza di arabo e si riuscivano a relazionare con quello che facevano” dice “Quando ti unisci al jihad si crede che se muori in battaglia, andrai in paradiso. Reclutai e dissi loro che questo è per noi, per la prosperità di Marawi. E c’è anche qualcosa da guadagnare”
“Se avessi saputo cosa sarebbe successo non lo avrei mai fatto perché questa non è jihad. Me ne pento profondamente” dice la ragazza.
Sin dalla fine della guerra, Faidah riesce a sfuggire alle autorità.
“Passo la vita a nascondermi ora. Sono sempre triste e la mia coscienza mi prende”
Il rammarico più grande è stato di aver convinto la sua migliore amica ad unirsi all’insorgenza. Lei era nel campo di battaglia principale durante il picco degli scontri e non è mai più tornata a casa. I genitori le hanno detto che molto probabilmente è morta.
“A tutti quelli che sono rimasti colpiti” dice Faidah “Mi spiace. Sono una delle ragioni per cui le vostre vite sono miserabili e le case distrutte.”
Per Feisal è la sua reputazione ad essere stata distrutta. Quando i vicini seppero di quello che era accaduto lo accusarono di aver sostenuto l’ISIS. La famiglia ha dovuto andarsene da Piagapo per cominciare una nuova vita. Abdullah è ancora arrabbiato.
“Non sapevo che mi aveva venduto. Pensavo che avrei studiato arabo”.
Per provare a riconciliarsi Feisal lo manda a scuola, il solo della famiglia ad avere questo privilegio.
“Non provo a ricordare quanto accaduto. Mi concentro sullo studio” dice Abdullah. “Voglio diventare un poliziotto per arrestare chi abusa della gente e fa cose cattive, come quelle accadute a me”
Chieu Luu, SCMP