L’agente immobiliare e scrittore Wilson Lee Flores, per esempio, i cui antenati emigrarono dallo Fujian sette generazioni fa salutano positivamente questo arrivo:
“Aiutano l’economia perché spendono qui i loro soldi” dice. Sostiene la strategia del presidente Duterte sul Mare Cinese Meridionale di lasciare da parte il conflitto per ottenere prestiti ed investimenti cinesi.
Flores dice che, dopo la normalizzazione dei legami diplomatici tra Cina e Filippine, Pechino ha risposto estendendo prestiti seguita a ruota dal Giappone che vuole essere all’altezza del rivale.
Aggiunge che parte della normalizzazione ha incluso “mettere da parte senza però abbandonare quanto si reclama nel Mare Cinese Meridionale e negoziare sempre di continuo”
Altri sono comunque stanchi dell’espansionismo cinese anche se non lo diranno mai apertamente.
Un’indagine condotta dal SWS a settembre ha scoperto che 87% dei filippini considera importante che il paese mantenga il controllo delle barriere che la Cina ora occupa.
Il dibattito di recente è degenerato quando Solita Monsod, noto economista ed ex ministro della pianificazione, ha scritto un articolo sul quotidiano di punta Philippine Daily Inquirer sulle ragioni per cui i filippini non si fidano dei cinesi e della Cina.
“Di fatto ho spesso osservato, caro lettore, che un cinese filippino non affermerà mai in modo inequivocabile che è prima filippino e poi cinese (per dire che la sua fedeltà è alle Filippine)” ha scritto. “Mettete insieme questo col fatto che la maggioranza dei nostri miliardari sono cinesi filippini, e che sembrano essere contrari culturalmente a sposare donne filippine, e che essi sono dei datori di lavoro più odiati. Diventa allora più facile comprendere il fattore di sfiducia”
Il collega giornalista di Monsod, avvocato Oscar Franklin Tan, è rimasto colpito dalle sue parole ed ha scritto su This Week in Asia:
“Mi considero Filippino sebbene mi identifico come un filippino di etnia cinese dove il contesto è importante”.
Ha detto che lui e molti giovani cinesi filippini sono stati feriti quando Tiffany Uy, che ottenne nel 2015 i voti più alti dal 1946 nell’Università delle Filippine, fu definita “non una vera filippina”
“Credo che un filippino è un cittadino con passaporto filippino e qualcuno che ama il nostro paese, la nostra storia e la nostra tradizione, indipendentemente dall’etnia” ha scritto Tan, filippino di terza generazione e con una laurea in legge ad Harvard. “Spero che i filippini abbraccino tutti i nostri concittadini di tutte le etnie, religioni e tradizioni perché sottolineiamo che a rendere una persona un filippino è dove sta il suo cuore non il suo sangue”
I cinesi etnici costituiscono una parte piccola ma importante del tessuto nazionale. Sono all’incirca 1,2 milioni di persone su una popolazione totale di 105 milioni di persone, secondo Teresita Ang See, cofondatrice di Kaisa Para sa Kaunlaran (Uniti per Prosperità), ONG che sostiene l’integrazione di cinesi etnici nella massa.
Ha definito la popolazione cinese etnica “unica” in tutto il Sudestasiatico perché erano “molto omogenei” e vennero principalmente dalla città portuale di Quanzhou nel Fujian. Ha detto che, come nel resto dell’Asia, la maggioranza dei migranti a Manila provenivano da Zhangzhou, ma quell’emigrazione terminò con due massacri ad opera dei soldati spagnoli nel 1603 e 1639.
I colonizzatori americani e dopo la repubblica filippina, continua Teresita Ang See, continuarono a restringere l’emigrazione preferendo i convertiti al cristianesimo.
“Nel 1992 deliberatamente promuovemmo l’uso della parola Tsinoy a causa dei problemi crescenti causati dal rimanere degli stranieri … accusati di contrabbando e di droghe illegali”.
Tsinoy è una parola composta di due parole del tagalog, tsino per cinese e Pinoy per indicare le Filippine e tutto ciò che è filippino.
“Coniammo la parola Tsinoy non per dividere ma per isolarci dall’etichetta razziale dei media … Noi non siamo i cinesi di cui parlano i media”
Ang-See che ha scritto un libro su questo argomento dice che i cinesi filippini si classificano generalmente per tre ondate di migrazione dalla Cina continentale.
Lao Cao, la prima generazione più vecchia che arrivò prima della seconda guerra mondiale. Ci sono anche i Jiu Qiao, stranieri che sono restati e residenti che venivano dalla Cina via Hong Kong negli anni 50 fino agli 80, la maggioranza dei quali divennero cittadini negli anni 90.
Poi ci sono Xin Qiao, turisti, vsitatori temporanei con documenti falsi, residenti permanenti o persone con passaporto filippino dagli anni 90 in poi.
Per Flores, l’agente immobiliare e scrittore, “il risentimento della gente del posto contro i nuovi immigranti sarà sempre normale perché i nuovi sono migliori negli affari e più attivi”.
Ang-See dice che c’è un’altra ragione per distinguerli.
“I Tsinoy sono quelli nati, cresciuti ed istruiti nelle Filippine. La loro prima lingua è il Filippino, poi l’inglese, prima che imparino Hokkien e mandarino. Il 90% di loro sono cristiani. Sono radicati nel suolo filippino e sono fortemente fedeli alla bandiera filippina”
Lo storico Michael Charlston “Xiao” Chua dell’Università De La Salle a Manila,fa una giusta descrizione. La quarta generazione di Cinesi Etnici non conosce il Mandarino, ha studiato in una scuola protestante, ha dimenticato il nome cinese, e non ha legami con la Cina.
Ironicamente il soprannome Xiao con cui è generalmente chiamato è un nome che lui stesso si è dato. I suoi compagni di scuola avevano sempre pronunciato male il suo nome di famiglia Chua, così decise di battezzarsi col quel nome: “Talvolta me ne dispiace” dice. “Non credevo allora che sarebbe diventato un problema.
Nel 2013, dopo aver fatto un discorso sulla storia del paese, una donna gli si avvicinò e disse:
“Sei molto bravo e hai mostrato così tanto amore per il paese, ma Signore, tu sei cinese”
“Fui colto di sorpresa” dice Chua ed aggiunge che quella fu la prima volta che era stato posto di fronte all’origine etnica. Ha detto anche che sempre più sui media sociali alcuni lo attaccano per la sua eredità cinese come un modo per colpire il suo lavoro di studioso.
“Non esiste un puro filippino … quando si pensa alla questione del DNA” dice Chua. “Siamo tutti in questo paese in parte cinesi, spagnoli, in parte di qualcosa”.
Chua è rimasto scioccato per quello che Monsod ha scritto nel suo articolo.
“La mia fedeltà sta nei Filippini. Il mio solo paese sono le Filippine … qualunque sia il sangue o la razza, quando ti identifichi con quella cultura e dici che appartieni a quella cultura, sei Pinoy”
La professoressa Monsod ha ammesso “di aver toccato un nervo scoperto” nel suo articolo. Lei dice che quello che ha scritto era “molto specificamente una sua personale osservazione. Non posso mentire su quello che loro, filippini cinesi, mi hanno detto”
“Non comprendo perché abbiano espresso un proprio shock” dice la professoressa. “Era davvero così scioccante quello che ho detto? Ho detto che nella mia esperienza i Filippini cinesi, a cui ho parlato durante una cena tra Cina e Filippine, furono univoci nel rispondere alla domanda chi avrebbero scelto”.
“Alcuni di loro mi hanno detto. Sono cinese di sangue, filippino di cuore. Va bene. Ma dall’esperienza che ho avuto, non ho mai sentito dire Sono prima filippino”.
Raissa Robles, RR