A gennaio del 2018 ci fu il terremoto che ha colpito Giacarta che mandò per strada cittadini, lavoratori e studenti.
Il numero totale dei disastri registrati è di 2426 compreso il terremoto da 7,4 di Sulawesi centrali ed il terremoto da 6,4 di Lombok e Bali.
Il 2017 vide meno disastri naturali, 2862, di quest’anno e anche meno morti con 378, mentre furono 578 nel 2016 con 2306 disastri..
“Questo anno è stato particolarmente disastroso per l’Indonesia. 4231 è il costo di vite umane più alto dal 2007” lo dice il portavoce del BNPB Sutopo Purwo Nugroho.
Quello che manca secondo Dwikorita Karnawati che presiede l’agenzia di Geofisica sono programmi per accrescere la coscienza dei disastri nonostante il paese sieda proprio sull’anello di fuoco del Pacifico. Non mancano perciò eruzioni vulcaniche e terremoti.
Secondo i dati del USGS il 2018 ha vissuto 221 terremoti di magnitude 5 e 1807 sono quelli superiori a 2.5.
Benché non manchino disastri naturali di tipo atmosferico, quelli che hanno reclamato più vite sono quelli geologici con terremoti, tsunami e liquefazione del suolo che hanno reclamato 3939 vite con 2426 eventi.
Questa cifra però non comprende quanto accaduto a Sunda che ha reclamato altre 430 vite umane a causa dell’eruzione del Krakatoa e successivo tsunami dovuto a frane sottomarine.
I terremoti delle Sulawesi e di Lombok hanno causato le morti maggiori.
Il terremoto di magnitudine 7.0 della turistica Lombok il sei agosto ha colpito moltissimo anche l’economia dell’isola.
Nella parte nord dell’isola vicino all’epicentro è stato distrutto il 75% delle case perché non a prova di terremoto.
A Palu il 28 settembre ci fu poi lo tsunami attivato dal terremoto che fece onde che seppellirono tantissima gente sulla costa.
L’Indonesia nonostante stia sull’anello di fuoco del Pacifico è molto arretrata sia sugli standard di costruzione delle case che sui sistemi di rivelazione degli tsunami e dei terremoti stessi.
Infatti proprio dopo lo tsunami di Palu si scoprì che la rete di rilevamento dello tsunami è virtualmente inesistente.
“Nessun sistema di individuazione di tsunami è operativo nel paese in questo momento, sistemi che servono a individuare queste onde in modo preventivo. Quelli installati prima sono stati oggetto di vandalismo” ha detto Abdul Muhari, esperto di tsunami.
Con lo tsunami nello stretto di Sunda sono tornate le stesse discussioni.
Il BMKG annunciò che c’era stata un’ondata di marea rifiutando l’idea dello tsunami. Solo dopo l’agenzia ha dovuto ammettere che si era trattato di tsunami che era stato provocato da due fattori concomitanti: un’alta marea particolare a cui si si sono sommate le frane sottomarine.
In quel punto i sismometri sono andati distrutti dall’eruzione. Inoltre l’Indonesia non sembra attrezzata con sistemi di avviso adatti a tsunami causati da tremori vulcanici.
Ad essere colpita è anche l’industria turistica indonesiana particolarmente con i terremoti di Lombok e Bali e con le eruzioni del Vulcano Agung a Bali. Il Krakatoa poi ha colpito le spiagge che si affacciano sullo stretto di Sunda in un momento di picco del turismo.
Oltre a vulcani e terremoti ci sono anche le alluvioni delle piogge monsoniche che a gennaio 2019 vedranno il picco delle piogge e dei possibili allagamenti.
https://www.straitstimes.com/asia/se-asia/2018-is-indonesias-deadliest-year-in-decade