Lo stato occidentale birmano del Rakhine, o Arakan, è stato sconvolto a fine dicembre da vari attacchi con scontri forti tra la sicurezza birmana e l’armata etnica buddista Arakan Army, dopo essere stato oggetto delle operazioni di pulizia etnica del Tatmadaw, nel 2017, che mandarono oltre 700 mila Rohingya oltre il confine del Bangladesh. L’operazione per l’ONU fu definita un crimine contro l’umanità.
L’Arakan Army, un gruppo etnico buddista che si oppone al centralismo duro di Naypidaw da alcuni anni ormai, ha attaccato da novembre varie cittadine nello stato Rakhine come Maungdaw, Buthidaung, Rathedaung, Mrauk U, Ponnagyun e Kyauktaw oltre alle cittadine dello stato Chin di Paletwa.
Oggetto degli attacchi del Arakan Army sono sia il Tatmadaw che la polizia di frontiera BGP.
Vari attacchi sono stati condotti lungo la frontiera con il Bangladesh come l’attacco del 3 dicembre e quelli dei due giorni successivi da una forza di un centinaio scarso di combattenti contro altri posti di frontiera. Questi attacchi indicherebbero che Arakan Army usa il territorio del Bangladesh come santuario.
Gli attacchi contro il Tatmadaw sono stati compiuti anche nella zona più meridionale attorno a Rathedaung dove Arakan Army ha attaccato un convoglio dell’esercito con granate RPG.
Restano dubbie e non verificabili le cifre di morti di militanti, esercito e civili.
Secondo OCHA dell’ONU sono state cacciate dai villaggi 2500 persone dal 8 dicembre attorno a Ponnagyun e Kyauktaw.
Questo è comunque un conflitto che va avanti da anni durante il quale ci sono sempre state accuse reciproche di violazioni di diritti, di uso di civili come scudi umani e uso di mine. Molte di queste violazioni sono state documentate negli anni dalle organizzazioni Rakhine e Chin.
Importante dire che si è avuta una diffusione simultanea degli scontri, dell’aumento costante delle operazioni del Arakan Army dalle colline meridionali Chin alle aree isolate ma anche nelle piane centrali dello stato Rakhine.
Non è chiaro anche quale sia la consistenza delle forze dei gruppi insorgenti che secondo alcuni sarebbe di varie migliaia tra le città Chin e Rakhine.
Il gruppo sarebbe stato implicato anche in omicidi di specifici capi politici o di personaggi dell’intelligence, cosa negata dal gruppo.
Il 24 dicembre sarebbe stato ucciso, in uno dei tanti omicidi irrisolti, un fondatore del Arakan League for Democracy U, Khin Than Maung, che è visto molto vicino alla NLD birmano.
Dopo l’assassinio di un membro dell’intelligence la polizia ha arrestato vari giovani Rakhine alimentando il risentimento contro la presunta ingiustizia commessa dalla polizia e con esso anche le file dell’insorgenza.
La repressione contro la comunità politica etnica Rakhine e contro figure religiose vicine all’Arakan Army va avanti da anni con l’uso della dura Legge dell’Associazione illegale.
Il caso più famoso fu l’arresto del fondatore del Arakan National Party Aye Maung per alto tradimento dopo un discorso tenuto dopo la morte di alcuni manifestanti a Mrauk U.
“Sotto il governo coloniale ed il regime razzista birmano Arakan è diventato lo stato più povero della Birmania dove la gente dell’Arakan è preda del ciclo vizioso di ineguaglianza, povertà e fame. Queste sofferenze e tragedie non hanno dato alle nuove generazioni arakanesi altra scelta che lanciare una rivoluzione nazionale” è il contenuto di una lettera recapitata a vari personaggi con acclusa una pallottola che si oppongono all’insorgenza.
Questi attacchi si inseriscono anche in una paura rara offerta dal Tatmadaw che ha proclamato un cessate il fuoco in vari stati settentrionali ed orientali per portare al tavolo del negoziato chi non si era mai inserito dopo una dichiarazione di vari gruppi etnici, spinti dalla Cina, che avevano dato la disponibilità a una pace col governo centrale. Tra questi c’era l’Arakan Army che ha il quartier generale nello stato Kachin.
La sospensione delle attività militari birmane comunque non copre il Rakhine anche in ragione dell’esistenza del ARSA e di mantenere una prontezza operativa. ARSA comunque non si è vista e non ha né le forze né l’operatività del Arakan Army.
Comunque molte armate etniche del Nord hanno segnalato al Tatmadaw di la sospensione delle attività militari se fossero state estese anche allo stato Rakhine in relazione al Arakan Army.
Questa nuova ondata di scontri sconvolge un po’ gli equilibri precari e i vari attori nell’area dalla Cina all’India ai vari paesi donatori disposti ad investire nello sviluppo del Rakhine.
La Cina vuol vedere la pace nella zona interessata alla sua Nuova Via della Seta con un porto profondo a Kyaupyu e di alcuni oleodotti e gasdotti che attraversano lo stato diretti allo Yunnan; l’India vede un’altra insorgenza al suo confine Nordorientale mentre sta investendo in un progetto di transito intermodale che punta su Sitwe e Paletwe nel Chin.
Ultimo ma non per importanza è il Bangladesh sul cui suolo ci sono 2 milioni di Rohingya che non vede di buon occhio la ripresa della guerra nel Rakhine perché restringe ancor di più la strada al rimpatrio dei Rohingya.
Va notato comunque che i Rohingya che rimangono nel Rakhine non sono stati oggetto di attenzioni da parte del Arakan Army.