Vicino in ideogrammi cinesi su una rete metallica dichiarano: “La via della Seta raggiunge l’isola di Maday”.
E’ un messaggio perduto nei villaggi di questo angolo di stato Rakhine che solo lo scorso anno ha avuto la luce elettrica, e che ha ancora bisogno di mandare i suoi giovani a cercarsi lavoro altrove. Ma le reti che si presentano in diversi appezzamenti circostanti ricordano loro dei cambiamenti che la Cina porterà.
Maday fa parte di Kyaukphyu, una cittadina strategica vicino all’oceano indiano che si trasforma in fretta in un’avanguardia della Via della seta cinese per allargare la propria presenza nelle economie regionali. Qui le superpetroliere da 300 mila tonnellate scaricano il petrolio del medio oriente che è pompato attraverso un oleodotto a 771 chilometri attraverso l’interno montagnoso della Birmania fino alla provincia cinese dello Yunnan.
Un consorzio al 70% a guida cinese costruisce un nuovo porto di mare profondo e sarà completato da una zona economica speciale, a maggioranza cinese, che secondo le autorità creeranno centomila posti di lavoro.
Sono anche cominciati i sondaggi per creare un collegamento ferroviario ad alta velocità tra Kyaukphyu e lo Yunnan.
Per i cinesi sarà il porto di importanza strategica nell’Oceano Indiano e fornirà una rotta alternativa per le importazioni di energia in Cina bypassando i colli di bottiglia potenziali nello stretto di Malacca. I progetti di Kyaukphyu accelereranno la crescita nella povera regione sudoccidentale della Cina.
Per qualcuno nel Rakhine il denaro cinese offre il tanto desiderato sviluppo e importanza al secondo stato più povero della Birmania. “Kyaukphyu è la porta della Birmania al mondo” dice il direttore di un hotel, Nyeinn Chann Maung.
Un buon amico
Il centro di Kyaukphyu è un groviglio di motociclette, di risciò e di negozi di tè, molto differente ancora dai saloni di massaggi, casinò ed immensi resort che trasformano Sihanoukville in un avamposto cinese.
Eppure il giorno di fine anno, si sente parlare il Mandarino nella sala della colazione al Hotel Varanathi di proprietà di Nyeinn Chann Muang. Il potente di Kyaukphyu ci tiene a specificare di non essere di etnia cinese.
La Cina, però dice, è un buon amico della Birmania. “Ed i buoni amici non daranno aiuto se è dato loro alcun beneficio”
Pechino ha dato a Naypyitaw molto sostegno diplomatico lo scorso anno mentre la comunità internazionale la ricopriva di condanne per il trattamento della popolazione Rohingya nello stato Rakhine.
Considerati immigrati clandestini del Bangladesh, vivevano già limiti enormi al loro movimento prima che l’attacco di insorti Rohingya di agosto 2017 scatenasse una risposta da terra bruciata da parte dei militari.
700 mila Rohingya fuggirono in Bangladesh lasciandosi dietro case che sarebbero state rase al suolo dalle autorità.
Contro la volontà di Naypyitaw una commissione di accertamento di fatti presentò un resoconto di torture, assassini e stupri di massa per i quali raccomandò il deferimento alla Corte Penale Internazionale.
La Cina col suo potere di veto nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU si è opposta a sanzioni contro la Birmania. Lo scorso anno propose persino che fossero tagliati i fondi approvati dall’Assemblea dell’ONU per raccogliere prove per i prossimi processi penali, secondo Human Rights Watch.
L’ambasciata cinese in Birmania definì la crisi dello stato Rakhine “una questione tra Birmania e Bangladesh”. Nella email al Sunday Times si leggeva:
“La questione dello stato Rakhine è una storia complicata. La nostra posizione non è a sostegno di qualunque approccio che può complicare, peggiorare o internazionalizzare la questione”.
Pechino che ha donato 1100 case prefabbricate e 150mila euro come aiuto alla risistemazione ha reso prioritario l’ordine e lo sviluppo economico.
“La Cina rafforza la cooperazione con la Birmania per costruire la Zona economica speciale di Kyaukphyu al fine di promuovere il benessere delle persone e lo sviluppo complessivo nello stato Rakhine.” ha detto l’ambasciata.
Ma Kiaukpyu era nel mirino di Pechino molto prima della crisi.
Nel 2009 mentre China National Petroleum Corporation (CNPC) firmava un Memorandum di Intesa col regime militare birmano per la costruzione di un oleodotto da Kyaukphyu nello Yunnan, il gruppo di investimento dello stato cinese Citic firmava un altro Memorandum di Intesa per costruire un porto profondo ed una rete ferroviaria nella Zona Economica Esclusiva di Kyaukphyu.
Quest’ultimo accordo non ha dato seguito. Il risentimento pubblico contro la Cina, che usava le maniere dure verso le preoccupazioni locali trattando esclusivamente con la giunta precedente, ribollì quando la Birmania alla fine aprì le porte all’occidente.
La posizione cinese sulla crisi del Rakhine aiuta ora la Cina a riprendersi qualche nota positiva, dice Khin Khin Kyaw Kyee, analista dell’ISP di Yangoon.
Mentre gli investitori occidentali esitavano ed i turisti europei non arrivavano, i cinesi si sono buttati a tuffo firmando un Memorandum di Intesa su un “Corridoio economico Cina Birmania” dalle vaste implicazioni e concludendo degli accordi finanziari per il porto profondo a Kyaukphyu.
Gli interessi del Rakhine
Nello stato Rakhine gli investimenti cinesi agitano un insieme di speranza e disagio. I Rakhine Etnici, che lamentano che la loro lotta è stata ignorata tra il clamore per la giustizia per i Rohingya, temono che loro sopporteranno il costo maggiore di questo scambio geopolitico. Questa frustrazione è infusa di profondo sospetto verso il governo centrale che come i militari è dominato dalla maggioranza etnica Bamar.
“I nostri nonni e nostri padri lottarono contro il colonialismo britannico. Credevano che se avessimo avuto l’indipendenza, i nipoti e figli sarebbero state persone libere” dice Htun Aung Kyaw del Partito Nazionale del Arakan, ANP. “Ma col controllo del governo non abbiamo avuto sostegno sufficiente.
Lo stato Rakhine traccia le proprie radici nel regno del Arakan che fu conquistato dai Bamar due secoli fa. Nelle elezioni fondamentali del 2015 vinte a man bassa dal NLD gli elettori si opposero alla tendenza dando la maggioranza dei seggi del parlamento dello stato al ANP.
Per le strade polverose della capitale dello stato Rakhine, Sittwe, la gente sostiene apertamente l’armata etnica Arakan Army che ha costretto i militari a duri scontri a fuoco. Ha attaccato quattro posti di polizia uccidendo 13 poliziotti il 4 gennaio.
“Lottano per noi e per le nostre opportunità” proclama un uomo di affari Maung Ko Naing.
La disoccupazione costringe i giovani Rakhine a lasciare casa per i lavori più duri. Sono conosciuti per ricercare pezzi di giada nelle miniere facili alle frane dello stato Kachin.
Alla ricerca di migliori opzioni il giovane dell’isola di Maday, Maung Than, provò and entrare in Malesia in cerca di lavoro, ma si ritrovò bloccato da uno schiavista in Thailandia dopo che la sua famiglia non riuscì a mandare abbastanza denaro per il passaggio finale. Fuggì dopo tre giorni di fame e si incamminò per sei giorni in Malesia.
Ora commercia in frutti di mare a casa sua e dice che le scelte per gli altri abitanti del villaggio sono magre nonostante la vicinanza alla struttura petrolifera cinese.
“La maggioranza dei lavoratori birmani viene da Mandalay e Yangoon. Solo pochi sono di queste parti” dice. Ogni volta che arriva una petroliera ai pescatori è vietato avvicinarsi rafforzando le ansie per il proprio futuro.
Il parlamentare del Senato Htoot May dice che una parte della colpa è del governo per la cattiva gestione degli impatti locali dei progetti scorsi. Nella cittadina di montagna Ann, per esempio, alcuni contadini soffrono ancora per essere stati ricollovati dall’oleodotto cinese senza neanche essere stati avvisati.
Il signor Tin Hlaing dallo sguardo arcigno di indica la striscia di arbusti che attraversano le altrimenti colline verdi ad indicare i luoghi dove furono scavate le trincee per l’oleodotto sotterraneo. Parte di quelle colline ospitavano il cimitero del villaggio.
“Provammo a fermarli” dice. “I lavoratori dissero però che avevano il permesso del governo. I cinesi non ci parlavanp. Non ci hanno rispettato a noi gente dell’Arakan.”
In un negozietto di tè di Kyaukphyu vicino alla futura ZES, lavoratori preoccupati con difficoltà fanno conoscere i loro dubbi sulle canzoni ad alto volume di un camion pieno di giovani allegri che festeggeranno l’anno nuovo.
Non avendo ricevuto alcuna visita dalle autorità, se non per impiegati che venivano a misurare la loro terra, temono che la terra sarà loro confiscata senza alcun preavviso. In modo agitato dicono che il lavoro alla fine andràai cittadini cinesi o birmani delle altre regioni.
“Spero che il mio nipote di 14 anni possa avere un lavoro qui” dice Lu Pu, un anziano di 75 anni.
Un nuovo capitolo?
Metà del debito estero birmano lo ha la Cina. Da quando è giunto al potere, il governo NLD rimugina sugli accordi bilaterali firmati dai suoi predecessori, specie il progetto di porto profondo di Kyauphyu dello stato Rakhine e l’abbattimento del costo della prima fase a 1.3 miliardi di dollari per gestire il debito nazionale.
Mentre si riduce lo spazio diplomatico a Napyidaw, l’analista Khin Khin Kyaw Kyee teme che si possa finire in accordi buoni ad una parte soltanto.
“Una volta che questi investimenti sono integrati, sarà duro per la Birmania voltarsi indietro anche se potrebbero esserci altri negoziati lungo il percorso”
Ma il ministro dello stato Rakhine alla pianificazione, finanza, tasse ed economia Kyaw Aye Thein nega che gli investitori esteri avranno libero gioco.
“Non permetteremo alle imprese di comportarsi irresponsabilmente nel Rakhine” dice. “Gli investitori cinesi faranno i loro affari in modo trasparente e secondo le norme internazionali”.
La maggioranza della gente vorrebbe che la Zona Economica esclusiva sia operativa quanto prima, dice il Ministro. “Pensiamo di aprire molti centri di addestramento quando inizia il progetto, approfondendo il loro livello di istruzione. Così possono avere il lavoro dopo essere stati addestrati”
Nyeinn Chann Muang h idee differenti. Giriamo insieme attraverso un dormitorio a due piani in mattoni vicino al suo hotel che inizierà ad ospitare giovani a Kyaukphyu questo anno. Finanziato da donazioni saranno addestrati alla politica e all’economia, per essere i capi del futuro.
“La gente crede che la Cina un giorno si prenderà il Rakhine” dice camminando per il corridoio sotto una targa che specifica che la costruzione è una donazione del Yunnan Aid.
“Per impedirlo abbiamo bisogno di programmi come questi”
Tan Hui Yee, Indochina Bureau Chief, TheStraitsTimes