Il primo ministro malese Mahathir Mohamad in visita a Manila per la prima volta dalla sua elezione ha incontrato il presidente Duterte con il quale ha affrontato i temi della lotta al terrorismo e della risoluzione pacifica delle questioni territoriali nel Mare Cinese Meridionale di fronte alla presenza aggressiva della Cina.
“Abbiamo deciso di accrescere la cooperazione per le questioni di sicurezza come terrorismo, pirateria e crimini transnazionali tra cui la lotta alle droghe illegali” ha detto Duterte nella conferenza stampa congiunta. “Abbiamo deciso di affrontare le questioni della sicurezza”.
La visita di Mahathir a Manila giunge poco dopo il plebiscito positivo che crea la BARMM a Mindanao, creata dopo cinque anni da un accordo di pace mediato dalla Malesia che ha posto fine alla ribellione del MILF.
“Abbiamo discusso una vasta serie di questioni sulle relazioni bilaterali come anche questioni regionali ed internazionali di mutuo interesse” ha detto Mahathir che ha assicurato Duterte del proprio impegno ad affrontare la questione seria del terrorismo e dell’estremismo violento.
Malesia, Filippine ed Indonesia si erano accordati per “intraprendere un pattugliamento aereo e marittimo per affrontare le sfide di sicurezza crescenti” con un accordo tripartito del giugno 2017 dopo che i militanti del IS lanciarono l’attacco alla città di Marawi. Ne seguirono bombardamenti aerei che posero fine a cinque mesi di battaglia. Morirono 1200 persone tra cui il temuto Isnilon Hapilon, riconosciuto emiro del IS.
Mahathir ha anche assicurato Duterte dell’impegno malese ad accrescere i legami economici e contribuire allo sviluppo di Mindanao, mettendo in guardia sul fatto che l’estremismo sarà ancora un problema serio.
“Prevedo che le cose peggioreranno nel futuro” ha detto Mahathir. “La ragione è molto semplice: rifiutiamo di riconoscerne le cause. Il terrorismo è causato da qualcosa. Identificare le cause. Provare ad affrontarle ed eliminandole ci sarà meno estremismo. Ignorandone le cause provando a combatterlo come una guerra convenzionale non serviranno a vincerlo”.
I due capi di stato hanno anche discusso la militarizzazione continua da parte cinese del Mare Cinese Meridionale su cui Malesia, Filippine, Vietnam, Brunei e Taiwan vantano rivendicazioni.
Duterte, forte sostenitore cinese, ha preferito impegnarsi con Pechino su un piano di amicizia incoraggiando gli investimenti cinesi.
Duterte ha anche messo da parte una decisione del 2016 del Tribunale de L’Aia che rigettava le rivendicazioni cinesi su tutto il Mare Cinese Meridionale sostenendo che l’area della contesa ricade nella zona economica esclusiva filippina.
In una visita del segretario di stato USA Pompeo a Manila, Washington ha anche assicurato dell’appoggio USA nel caso di un attacco sui suoi militari. Questa assicurazione è stata però vista con scetticismo dal ministro della difesa Lorenzana come un rischio di essere risucchiati in una guerra in caso di incidenti in mare tra USA e Cina.
“Sottolineiamo l’importanza di mantenere e promuovere la pace, la sicurezza, stabilità e ibertà di navigazione e di sorvolo sul Mare Cinese Meridionale, come anche la sistemazione pacifica delle dispute” ha detto Duterte. “Cioè senza usare la minaccia della forza secondo i principi riconosciuti della legge internazionale.”
Mahathir in un’intervista televisiva precedente aveva detto che Pechino doveva chiarire cosa significava “proprietà” nel mare cinese meridionale perché la regione dove passano migliaia di milioni di dollari in commercio globale deve restare aperta alla navigazione.
“Dobbiamo parlare alla Cina sulla definizione delle loro rivendicazioni e cosa si intende per proprietà o la cosiddetta proprietà che dicono di avere per trovare i modi per ricavare alcuni benefici da loro” a detto Mahathir alla ANC di Manila.
Mahathir ha anche detto che pur rispettando la strategia economica filippina si devono definire ogni arrivo di investimenti in modo opportuno.
Gli investimenti stranieri diretti “non devono coinvolgere che vivono grandi numeri di stranieri nel paese, alludendo ad un’inchiesta filippina sui 200 mila cinesi che sono giunti nel paese da quando Duterte è giunto al potere.
“Finché non diventano residenti permanenti non c’è pericolo per le Filippine. Ma se un grande numero di stranieri vivono e restano nel paese o influenzano persino l’economia, allora si deve ripensare un po’ se sia un bene o un male o i limiti imposti su di loro”
Pecchino è stata accusata di usare una diplomazia che usa la trappola del debito, dove Pechino dà crediti eccessivi con la pretesa intenzione di estrarre concessioni economiche o politiche dal paese debitore.