Il conflitto violento nel Profondo Meridione Thailandese, che continua dal 4 gennaio 2004 con 15 anni di omicidi e bombe, ha visto quasi 7000 morti e 13500 feriti, mentre sono in vigore la legge marziale ed un decreto di emergenza dal 2004 e 2005 rispettivamente. Questi numeri forse possono far credere alla gente che non ci siano speranze ma le prossime elezioni del 24 marzo ha portato la gente insieme a sostegno della pace.
Il profondo meridione si riferisce in genere alle tre province di Pattani, Yala e Narathiwat ed è stato governato dalla Thailandia sin dal 1785, quando il regno del Siam conquistò l’ex sultanato di Patani. Diversamente dalla popolazione a maggioranza buddista delle altre parti della Thailandia, il meridione è terra dei Malay Musulmani che da allora lottano per affermare la propria identità tra gli sforzi di assimilazione culturale di Thaificazione. La violenza strutturale nella forma di diseguale distribuzione delle risorse ha anche portato ad una maggiore povertà nel meridione rispetto alle altre regioni accrescendone il risentimento.
Tra la fine degli anni 40 e gli inizi degli anni 60 emerse un’insorgenza separatista che divenne conflitto armato violento agli inizi del 2004. I gruppi dei diritti come HRW hanno accusato forze dello stato e insorti di aver preso di mira i civili con attacchi ai luoghi di culto e portando avanti omicidi extragiudiziali.
Le prossime elezioni vedono la partecipazione di 77 partiti politici in Thailandia ma nel profondo meridione sono solo un pugno di partiti per 11 seggi.
Magari potessi entrare in parlamento da eletto.
“Volevo partecipare alle elezioni ma la costituzione thailandese non me lo permette perché sono stato in carcere nella provincia di Pattani. Devo aspettare dieci anni dopo l’uscita dal carcere. Voglio dire che non ero coinvolto in gruppi ribelli” dice Anwar Ismail, un ex detenuto.
Anwar si identifica come un militante della pace e lavoratore di media alternativo BungarayaNews, che parla della cultura e della comunità musulmana che vive nel profondo meridione. Fu arrestato nel 2013 ed accusato di far parte del movimento nazionalista Patani e fu condannato a dodici anni. E’ stato rilasciato il 7 gennaio 2018 dopo un arresto di quattro anni.
“Stare in carcere mi ha fatto pensare alla uguaglianza. Ho incontrato tante persone vittime come me, ed ho anche parlato a menti dei gruppi ribelli. Tutti vogliono pace e giustizia” dice seriamente Anwar.
Il recente arresto di Anwar non è il suo primo incontro con le autorità nella Thailandia Meridionale. Quando era un militante studentesco nell’agosto 2005 fu arrestato con undici amici a Yala, perché i militari sospettavano che si erano uniti ad un gruppo separatista. Uscì poi con la cauzione e fu rilasciato poi dal tribunale.
Dal suo rilascio si è unito al Future Forward Party come volontario, perché lo considera un modello per le future generazioni, nuovo partito che vuole portare il paese in una democrazia compiuta e porre fine ai golpe militari.
Vari partiti politici lo hanno chiamato sotto le proprie bandiere per le elezioni, ma ci vorrà un po’ di tempo prima che lo possa fare. Secondo la costituzione del 2017, scritta dai militari thailandesi, una persona che è stata condannata al carcere entro i dieci anni prima delle elezioni, non può presentarsi candidato tranne per reati minimi.
Si è unita al partito invece la moglie di Anwar, Romuera Saeyae.
“Magari potessi indossare l’abito ed entrare da parlamentare. Voglio riscrivere qualche legge ingiusta e battermi per la gente del posto. In aggiunta voglio incoraggiare i membri del parlamento a comprendere la nostra identità di musulmani ed a darci una possibilità di trovare una soluzione al conflitto nel processo di pace” dice Anwar. “Rispetto la politica nel Parlamento, non nella giungla”
Da Avvocati dei diritti umani a candidati
Anwar non è il solo militante a voler partecipare alla politica. Questo periodo elettorale ha anche visto qualche avvocato dei diritti umani candidarsi a parlamentare.
Abdulquhhar Aweaputeh, avvocato del Muslim Attorney Centre Foundation, MAC, lavora nel profondo meridione da anni ed insieme ad altri tre è entrato nel Bhumjaithai Party.
“Lavoro nel profondo meridione dal 2004 ed ho partecipato ad un migliaio di casi di sicurezza. La maggioranza dei miei clienti erano poveri e vittime. Erano stati arrestati per un decreto di emergenza e la legge marziale che permettono alle autorità di detenere un sospettato fino a 37 giorni. Oltre trecento persone hanno denunciato di essere stati torturati durante la custodia militare” dice Abdulquhhar.
Lo ha capito quando sentiva che rappresentare i propri clienti non bastava.
“Capii che aiutare nel processo penale non era la soluzione per il confine meridionale. Il solo modo per risolvere il problema è di emendare la legge e cambiare la politica.
“Il professore Srisompob Jitpiromsri, il quale dirige Deep South Watch che monitora il conflitto in corso, dice:
“Ho visto finora alcuni attivisti partecipare alle elezioni perché pensano che la democrazia sia la soluzione per tutto”. Indipendentemente dal risultato, spera che dopo le elezioni il governo vorrà continuare il dialogo di pace e offrire una politica che risolva il conflitto violento.
Il processo di pace
Nel febbraio 2013 fu iniziato dal governo del Pheu Thai di Yingluck Shinawatra. Fu il primo dialogo formale di pace tra il governo thailandese e i combattenti di Patani allora rappresentati dal BRN di Melayu Patani.
La prima sessione del dialogo di pace sollevò le cinque domande dei combattenti di Patani: il riconoscimento del BRN come rappresentante di chi è coinvolto nell’insorgenza; la mediazione malese del processo; e la testimonianza dell’Organizzazione della cooperazione Islamica, del ASEAN e di altre ONG. Si dovevano garantire i diritti della comunità malay e la liberazione dei prigionieri politici.
Nessun governo Thai, compreso il governo di Yingluck, ha accettato queste richieste.
Dopo il golpe del maggio 2014 che cacciò Yingluck, i colloqui di pace continuarono con la giunta militare. Anche i gruppi della resistenza nel dialogo di pace cambiarono: un ombrello organizzativo che comprende sei movimenti di Patani, conosciuto come MARA Patani, partecipa al dialogo mentre il BRN ha rifiutato di parteciparci.
MARA Patani e governo si sono incontrati 20 volte tra il 2015 e 2018 usando come luogo neutro Kuala Lumpur dove il governo malese fa da facilitatore.
Quando il primo ministro malese Mahathir Mohamed visitò ad ottobre 2018 la Thailandia, promise il suo sostegno ad aiutare la Thailandia nel processo di pace. Aveva anche nominato un nuovo facilitatore, Abdul Rahim Noor, ex capo dell’antiterrorismo malese che aveva esperienza precedente nell’aiutare il governo thai a raggiungere un accordo di pace col Partito Comunista malese nel periodo della guerra fredda.
Ma nonostante l’impegno del facilitatore malese ed gli incontri, gli osservatori dicono che sono stati fatti pochi progressi. Sebbene Deep South Watch dica che si sono ridotti di molto gli incidenti violenti, non c’è stato alcun Memorandum di Intesa o nessun accordo firmato tra i gruppi meridionali ed il governo thai.
Si è speso molto tempo negli incontri non per parlare del processo di pace, ma a discutere dei termini di riferimento dei colloqui stessi. Senza la partecipazione e l’accordo del BRN ad onorare qualunque discussione, ci sono dubbi se il dialogo si lega alle realtà sul terreno.
I colloqui di pace dovrebbero continuare dopo le tanto attese elezioni.
Per gente come Anwar e Abdulquhhar la speranza è che continueranno in un contesto dove ci sono parlamentari impegnati a trovare una pace duratura nel meridione per superare gli stalli e spingere il processo stesso.
Hathairat Phaholtap, New Naratif