Questa settimana è caduto il primo anniversario della repressione militare delle proteste anti governative delle Magliette Rosse per le strade di Bangkok. Circa 90 persone, essenzialmente civili, furono uccise e centinaia ferite.
Il movimento delle Magliette Rosse vede l’attuale governo come una elite non eletta, in quanto giunse al potere nel 2008 con un voto parlamentare, spalleggiato dai militari, dopo che un decreto della corte suprema cacciò dal potere la precedente amministrazione.
D’altro canto il governo rigetta l’accusa e sostiene che giunse al potere attraverso un processo democratico.
A più un anno di distanza la divisione politica che portò alla violenza non è stata risolta. Decine di manifestanti giacciono ancora in galera ed i loro capi sono accusati di terrorismo. (AsiaCallin)
L’anno scorso di questi tempi, le strade di Bangkok riecheggiavano del suono dei fucili, mentre i cieli erano pieni di fumo nero dei pneumatici bruciati alle barricate e degli edifici in fiamme. Dopo la dichiarazione dello stato di emergenza, il governo ordinò di ripulire il sito della protesta dopo quattro settimane di dimostrazioni antigovernative. Nel confronto i militari si trovarono di fronte le cosiddette “Magliette Nere”; un comandante di campo fu ucciso e la situazione entrò a spirale nel caos.
Il figlio venticinquenne di Phayaw Akkhadhad fu ucciso con un proiettile, mentre lavorava come medico volontario. “La verità sta nei militari; l’esercito uccise persino una infermiera. Quello che vorrei è che l’esercito non esca più ad uccidere la gente, spero che la finiscano di uccidere la gente”
Il fratello di Isabella Polenghi, Fabio, un fotografo giornalista, fu uno dei due giornalisti uccisi mentre seguivano le fasi della repressione. Anche Isabella vuole delle risposte.
“Mi fu detto che avrebbero continuato con le indagini perché sentivano che dovevano farlo. Voglio pure che non si continui così. Vorrei che ad un certo punto dicessero questa è la situazione e questo è tutto quello che possiamo fare. Voglio la verità, solo la verità, una risposta. Se non c’è da parte loro una risposta lo accetterò.”
Il governo del primo ministro Thailandese, Abhisit Vejjajiva, ha istituito una commissione per la verità e la riconciliazione sugli incidenti. Uno dei membri del gruppo è Somchai Homla-or.
“Il ruolo della nostra commissione non è solo quello di ricercare la verità ma anche di raccomandare alle agenzie del governo i rimedi. Credo che le nostre raccomandazioni saranno implementate effettivamente solo se la gente ne fa diventare un’agenda nazionale.”
L’organizzazione americana Human Rights Watch ha appena emesso il suo rapporto nel quale chiede al governo di far partire “indagini imparziali e trasparenti” sulle violenze politiche del 2010 accusando le forze di sicurezza del carico di morti e feriti a causa “dell’eccessivo e non necessario uso di forza letale”.
Brad Adams, direttore asiatico di HRW dice: “Il governo non può solo affermare che nell’energia del tentativo di pulire le strade di Bangkok dai dimostranti alcuni soldati possono aver fatto degli eccessi nell’eseguire gli ordini. Il governo diede questi ordini e l’esercito mise i cecchini sul posto e la gente è morta.”
Adams ha delle critiche anche per i manifestanti. “La retorica delle Magliette Rosse continua ad essere che era un movimento pacifico e che loro sono solo vittime. “Sostengono o che le Magliette Nere non esistono o che sono stati messi dal governo. Questa è essenzialmente propaganda. Le magliette rosse diedero il benvenuto ai capi delle magliette nere in pubblico almeno a gennaio 2010.
La Thailandia ora si appresta a votare il 3 di luglio, col il primo ministro Abhisit contro l’eroe delle magliette rosse, la sorella del fu premier Thaksin.
Il governo spera che le elezioni riporteranno la normalità, ma le magliette rosse sono scettiche sulle prospettive di una votazione equa.
L’attuale leader delle magliette rosse è Thida Thavornseth
“No, no. Non ci credo poiché la prima cosa, vedete, da fare è trovare la verità, la verità e la giustizia per la gente. Poi si può andare verso la riconciliazione.”
Ron Corben, ASIACALLING