Se il golpe del 2014 è stato il primo atto di uno sforzo della giunta militare e dei suoi alleati monarchici e aristocratici per consolidare e sostenere il potere, allora le elezioni del 24 marzo hanno rappresentato il secondo atto.
La Commissione Elettorale, nominata dalla giunta, che promette di rilasciare i risultati elettorali completi il 9 maggio, è stata fortemente criticata per aver presieduto le elezioni forse più sporche di sempre.
Mentre cresce la rabbia sulla questione elezioni prima della cerimonia di incoronazione di Re Maha Vajiralongkorn, si trova la Thailandia di fronte ad un altro anno vissuto pericolosamente.
Iniziando nel 2014 la giunta guidata dal primo ministro generale Prayuth Chanocha, ha usato differenti tattiche per manipolare il risultato delle elezioni. Ha represso il dissenso cooptando politici che un tempo erano fedeli all’ex primo ministro Thaksin Shinawatra. Ha spudoratamente fatto campagna nelle campagne thailandesi per costruire una rete guidata dai militari di organizzazioni per accrescere il sostegno degli elettori iniettando fondi di stato e incoraggiando l’investimento privato nello sviluppo rurale.
Nel 2017 i militari promulgarono una costituzione che decretava un senato nominato dalla giunta e stabiliva un sistema elettorale che impediva ad ogni partito di conquistare una maggioranza dei seggi della camera bassa. La giunta combinò tutto questo con una chiara manipolazione delle circoscrizioni elettorali che ha spostato la mappa elettorale in proprio favore privando il Pheu Thai di Thaksin di almeno 20 distretti forti.
Infine la giunta ha creato un partito politico fantoccio, Palang Pracharat, costituito da politici attratti da altri partiti che, col sostegno dell’influente Comando delle Operazioni di sicurezza Interne, ISOC, poteva contare su una rete estesa di procacciatori di voti.
Cionondimeno, il Phue Thai, sostenuto da sei partner di coalizione, ha guadagnato 255 membri del parlamento su 500 seggi della Camera Bassa ed ha annunciato l’intenzione di formare un governo.
Ma probabilmente troverà la via bloccata dai senatori della giunta che hanno un ruolo nel selezionare il primo ministro. Inoltre il 28 marzo i comandanti militari thailandesi in un annuncio pubblico facevano capire che non avrebbero servito in n governo vicino a Thaksin. Chiaramente i militari e l’aristocrazia Thailandese non accetteranno una colazione a guida Pheu Thai.
Questo significa che Prayuth, che guidò il golpe del 2014 e figura dominante del Palang Pracharat, potrebbe essere nominato primo ministro col sostegno del Partito Democratico e del Bhumjaythai insieme al Senato. Questa soluzione lascerebbe al Palang Pracharat comunque un governo di minoranza. Un’alternativa sarebbe di nominare il capo miliardario del Bhumjaythai Anutin Charnvirakul come primo ministro.
Di fronte alla prospettiva di guidare un governo di minoranza, Prayuth potrebbe ritardare la certificazione dei risultati elettorali. Oltre quella data dovrebbe essere indetta un’altra elezione e Prayuth potrebbe perciò restare al governo come capo di di governo facente funzione fino alle prossime elezioni.
Anutin potrebbe invece diventare primo ministro se persuade Prayuth a permettergli di guidare un governo legato alla giunta.
Anutin però potrebbe guidare un governo legato al Pheu Thai con l’aiuto di quasi tutti gli altri partiti tranne il Palang Pracharat di Prayuth. Dal momento che si ritiene che Anutin goda di connessioni vicine al palazzo, questi scenari non sono impensabili.
Se Prayuth mantiene il potere dopo il 9 maggio, la Thailandia vedrebbe un anno di agitazioni politiche e rivivere alcuni scenari già visti nel 1957, 1971 e 1992.
A febbraio 1957 il regime dominato dai militari del generale Phibun Songkram tenne le elezioni generali vinte dal suo partito, ma il capo delle forze armate Sarit Thanarat lanciò un controgolpe sostenuto da re Bhumibol e da manifestazioni civili.
Come nel 1957, i militari sono ora divisi. La giunta è dominata dalla fazione della Guardia della Regina, mentre l nuovo capo di stato maggiore generale Apirat Kongsompong guida la fazione rivale del Wongthewan, Guardia del Re.
Se il re Vajiralongkorn, che ha comandato nel passato la guardia del re da principe ereditario e che ha mostrato tendenze di attivista, decidesse che Prayuth ha fatto il suo tempo, allora sarebbe più probabile un golpe guidato da Apirat, considerato molto vicino al Re.
Nel caso del cosiddetto autogolpe del 1971, una dittatura militare guidata dal generale Thanom Kittikachorn, che era stato selezionato come primo ministro nel 1969, divenne sempre più infastidito dal caos della politica parlamentare, abbatté il governo e ritornò al governo militare diretto.
Come Thanom, Prayuth ha mostrato una chiara preferenza per l’autoritarismo da primo ministro. Ma se resta perderà i suoi poteri assoluti secondo il quadro parlamentare. Si troverà di fronte ad una opposizione parlamentare grande e arrabbiata che potrebbe bloccare facilmente la legislazione di Prayuth.
Come per Thanom, Prayuth potrebbe sostenere un autogolpe per imporre di nuovo il governo militare per cui avrebbe bisogno di un sostegno solido dai militari ed il palazzo.
La situazione potrebbe precipitare nella violenza come nel Maggio Nero del 1992 quando assunse il governo il generale Suchinda Krapayoon dopo che l suo partito militare vinse le elezioni.
Emersero forti manifestazioni civili che furono attaccate dalle forze di sicurezza che fecero 52 morti.
Suchinda si dimise dopo l’intervento del Re Bhumibol che fu visto come un attacco verso i militari, e si tennero nuove elezioni.
Ci sono altre possibile soluzioni. Prayuth potrebbe provare ad usare le leggi dichiarando un’emergenza nazionale, o mantenere il potere dietro le quinte aiutando a nominare Anutin a primo ministro e lui come viceprimo ministro per la sicurezza. Ma nessun governo a guida Palang Pracharat durerebbe poi molto.
D’altro canto un governo dominato dal Pheu Thai guidato da Anutin potrebbe costruirsi una popolarità per durare i quattro anni. Anutin godrebbe del sostegno del palazzo e dei militari guidati da Apirat.
Infine se la commissione elettorale fallisse nel certificare il risultato elettorale per il 9 maggio, la magistratura legata alla giunta potrebbe indire nuove elezioni e la giunta resterebbe al potere come governo provvisorio. Ora è forse la scelta favorita di Prayuth perché gli permetterebbe di mantenere i poteri totali per decreto per un periodo non determinato di tempo. Potrebbe anche provocare una forte risposta pubblica che i militari reprimerebbero con la violenza, o con il re che decide di lasciar andare Prayuth o incoraggiando Apirat a fare un golpe contro di lui.
Tutti questi scenari mettono in luce il semplice fatto che i militari restano una potente istituzione autoritaria con o senza Prayuth che limita le possibilità di democratizzazione del paese.
Solo quando i thailandesi riusciranno ad unirsi contro la giunta ed i suoi sostenitori e contro il coinvolgimento dei militar nella politica in generale, comincerà a crescere lo spazio politico.
Resta tuttavia la domanda di come e quando questo accadrà.
Paul Chambers NAR