C’è molto da rallegrarsi delle elezioni appena concluse in Indonesia. Sono andati a votare oltre 80% dei 190 milioni di elettori ai seggi sparsi nelle oltre 17000 isole. Eleggono non solo il presidente ma anche 575 parlamentari della camera dei deputati, 136 membri del Consiglio di Rappresentanza Regionale 20 mila rappresentanti a livello provinciale, di distretto e comunale.
La paura dell’astensione diffusa tra gli elettori si è dimostrata infondata.
Nella corsa alla presidenza, Prabowo Subianto ancora una volta ha dichiarato di aver vinto, ma il conteggio veloce di cinque indipendenti agenzie hanno mostrato che il presidente in carica Joko Widodo vince con un voto tra il 54 ed il 56%.
Mentre è un dato inferiore al 60% pronosticato, sia per andare in pari con quanto ottenuto dal suo predecessore sia per avere un mandato pieno per la sua agenda, Jokowi ha vinto con un margine consistente da non mettere in dubbio la legittimità della sua rielezione.
Ma gli sarà più difficile governare ed approvare leggi ora perché la sua coalizione parlamentare ha perso terreno con una maggioranza inferiore di seggi.
Cosa vuol dire la rielezione di Jokowi per la sicurezza indonesiana?
Nel breve Prabowo si rifiuta di riconoscere il risultato ed invita i suoi sostenitori ad organizzarsi e fare pressione sulle istituzioni.
La stessa cosa accadde nel 2014 ma non riuscì o on si potette permettere di sostenere dimostrazioni di massa. Alla fine ammise la sconfitta nella sua prima corsa alla presidenza quando la corte suprema decise per Joko Widodo. Probabilmente si avrà la stessa cosa a maggio dopo il rilascio e la certificazione dei dati ufficiali della commissione elettorale.
Il vice presidente di Prabowo, Sandiaga Uno, che chiaramente adocchia la propria corsa per la presidenza nel 2024 non solo non sostiene le dichiarazioni di Prabowo di frode elettorale, ma ha mostrato il proprio stato di estraneità quando Prabowo ha invitato i suoi sostenitori a resistere.
Fattore terrorismo
Nel medio termine l’elezione darà risultati confusi sulla sicurezza indonesiana che non è immune da minacce poste da gruppi islamici.
Sull’antiterrorismo, Jokowi aveva già approvato di raddoppiare il numero delle forze antiterrorismo della Densus 88 che sarà dispiegata nelle 4 province indonesiane.
Allo stesso tempo la legge sul terrorismo approvata dopo le bombe di Surabaya nel maggio 2018 diede alle autorità altri strumenti legali di contrasto alla militanza musulmana, come il ruolo di lotta al terrorismo assegnato ai militari, usato nelle Sulawesi Centrali contro la ripresa delle attività a Poso. La rielezione di Jokowi vedrà una continuità nella politica come nel personale.
Cionondimeno, il recente attentato suicida di una donna col figlio dopo l’arresto del marito, suggerisce che Jamaah Ansharut Daulah (JAD) resta un’organizzazione radicata profondamente. Furono scoperti 300 chili di bombe e materiali completati a dire che i militanti JAD erao decisi ad una nuova ondata di attacchi.
Oltre a questo l’Indonesia combatte ancora col che fare con i militanti da rimpatriare dopo la caduta del califfato islamico in Siria.
Intolleranza crescente
E mentre continuerà la caccia ai militanti IS preoccupa di più la crescente intolleranza sociale che crea il contesto di cui vive la militanza.
Mentre il PKB, partito moderato del Nahdlatul Ulama prende più voti, 9.25%, di ogni altro partito religioso, il PKS ha vinto quasi il 9% meglio che nel 2014.
Altri partiti musulmani come PPP, PAN e Bulan Bintang hanno il potenziale per creare un blocco solido per esprimere politiche pubbliche o resistere alle iniziative del governo.
Da un canto questi partiti che sono divisi da personalità e anche ideologia non hanno cooperato bene nel passato. D’altro canto quando c’è un punto importante di politica proislamica che vogliono cooperano in modo efficace. E questo potrebbe portare a leggi che minacciano la società civile o le minoranze religiose.
Uno studio recente degli studiosi Marcus Mietzner and Burhanuddin Muhtadi ha mostrato una crescita nell’intolleranza. Oggi 54.6% dei musulmani indonesiani non vogliono essere governati da non musulmani e a livello di presidenti il 60%, con una crescita del 12% rispetto al periodo del movimento anti-Ahok a fine 2016.
La stessa scelta di Maruf Amin da parte di Jokowi come proprio vicepresidente è indicativa. Amin da campo del MUI emise le fatwa intolleranti conto la comuntà LGBT e le minoranze religiose.
Non si allenteranno
le restrizioni sui non musulmani e sulle sette musulmane anche sotto
la seconda presidenza di Jokowi quando non sentirà più il bisogno
di assecondare gli islamici.
Il non aver difeso il proprio
alleato, l’ex governatore cristiano cinese Ahok, accusato di
blasfemia e poi cacciato dalle folle islamiche del movimento 212, non
depone bene per la lunga tradizione indonesiana di Unità nella
diversità.
Le regioni dell’arcipelago
Le elezioni hanno mostrato una divisione regionale chiara. Mentre Bali e le regioni più secolari o miste hanno votato con forza per Widodo, le regioni più conservatrici ed islamiche come Sulawesi meridionali, Banten, Jambi, Riau, Sumatra Occidentale e Giava Occidentale hanno votato con forza per Prabowo.
Queste regioni sono centrali al reclutamento della militanza islamica, che sia Jemaah Islamiyah oppure gruppi pro-ISIS. Se la popolazione di queste aree teme di aver perso un diritto o che è stata derubata del voto, come Prabowo afferma, cresceranno sia il reclutamento dei gruppi militanti che la pressione sul governo a non reprimere.
La realtà è che Jokowi fu duro sul terrorismo nel suo primo mandato in gran parte perché lo vedeva come minaccia allo sviluppo economico. Non ha voluto contrastare gli islamici che lavoravano sul contesto politico e sociale.
Sia per il corteggiamento di Prabowo dei musulmani conservatori e del movimento 212 che per la selezione di un religioso conservatore sostenitore delle fatwa antiliberali, l’elezione chiarisce che l’Islam è il vero vincitore di queste elezioni quando ha forgiato la narrativa ed i parametri per il dibattito pubblico.
Zachary Abuza, Benarnews