L’undici novembre era stata indetta nella capitale laotiana Vientiane una piccola dimostrazione di alcune decine di militanti democratici laotiani a sostegno dei diritti umani, una rara protesta nello stato repressivo a partito unico.
Le autorità comunque sono riuscite ad arrestare otto presunti manifestanti prima che potessero scendere per strada e circolano notizie non confermate che altre decine di persone legate alla manifestazione manchino all’appello.
Le manifestazioni sono fortemente inusuali nel Laos che è governato dal Partito Rivoluzionario Popolare Laotiano sin dal 1975. Solo una manciata di proteste della durata di pochi minuti hanno avuto luogo in Laos prima di essere interrotte dalla polizia.
La manifestazione dell’undici novembre era stata pianificata da una rete misteriosa clandestina, Lao National Unity in risposta agli arresti di un crescente numero di attivisti negli ultimi mesi.
“Prima cosa, andavano a protestare per l rispetto dei diritti umani e la libertà di espressione” dice a Radio Free Asia un organizzatore anonimo. “Secondo, volevano chiedere al governo di impedire l’accaparramento dei suoli, la costruzione delle dighe, la deforestazione ed un’ingiusta ricollocazione delle comunità.”
Il 18 novembre furono rilasciati gli otto aspiranti manifestanti, ma ci sono preoccupazioni per quelli che sono andati a Vientiane per partecipare alla protesta ma che secondo HRW non sono stati visti tornare dalle loro famiglie. La paura è che questi ora facciano parte di una lunga lista di persone fatte scomparire con la forza.
Nove militanti democratici laotiani che pianificarono di partecipare ad una protesta nel 2009 furono detenute e da allora non si sa più nulla.
La persona più famosa fatta scomparire con la forza nel Laos è Sombath Somphone, conosciutissimo organizzatore della società civile, scomparso a dicembre 2012 dopo essere stato fermato ad un posto di controllo della polizia a Vientiane.
Il 26 agosto scorso a Bangkok scomparve Od Savavong, militante democratico che viveva in Thailandia. Era stato riconosciuto come rifugiato dall’agenzia dei rifugiati dell’ONU, eppure le autorità thailandesi non sono riuscite a dare che scarne informazioni sul suo stato.
Secondo alcuni lo stato thai e quello Laotiano si aiutano a vicenda per rintracciare i dissidenti che si sono rifugiati nell’altro stato.
Cinque militanti thai che vivevano in Laos dal 2014 sparirono a dicembre 2018. Di due furono ritrovati i corpi smembrati appena dopo la loro scomparsa nel fiume Mekong, col volto sfigurato e lo stomaco pieno di cemento.
Settembre è stato un mese particolarmente brutto per i militanti laotiani. Il 12 settembre, fu arrestata Houayheuang Xayabouly per aver commentato su Facebook Live la gestione governativa di un disastro recente nel Laos meridionale.
E’stata condannata a cinque anni di carcere questo mese per “aver fatto campagna contro il partito lo stato ed il governo ed averli diffamati e tentato di sovvertirli” disse ai media un rappresentante laotiano.
Quattro giorni dopo, una donna anziana Thitphay Thammavong fu arrestata per non aver firmato la cessione a favore del governo delle proprie terre a Bolikhamsai dove lo stato costruisce una clinica.
“Ogni volta che in Laos si ha un accaparramento di suolo, chi ha il suolo e resiste alla vendita rischia di essere arrestato mostrando come il governo abusa dei diritti umani delle persone i cui suoli lo stato richiede” disse allora Phil Robertson.
L’accaparramento dei suoli in Laos è grave in gran parte perché il governo non rispetta i diritti della proprietà privata. Tutte le terre secondo la costituzione appartengono allo stato e quindi al partito. Significa che rappresentanti locali spesso vendono la terra confiscata agli investitori stranieri anche per fare strada ai progetti di investimento cinese.
Molti analisti prevedono che il partito accrescerà la repressione prima del prossimo Congresso Nazionale agli inizi del 2021 quando si sceglierà il prossimo comitato centrale ed il politburo.
Non si aspettano grandi cambiamenti al vertice dal momento che l’attuale segretario di partito Bounnhang Vorachith è ancora al suo primo mandato. I suoi predecessori sono rimasti al potere per almeno due mandati.
Thongloun Sisoulith, che ha lanciato la sua lotta alla corruzione che ha mietuto vittime al vertice del partito, potrebbe essere sostituito alla carica di primo ministro. Ogni cambiamento di personale comunque non produrrà un cambiamento nella tattica repressiva del partito.
Tutto impedisce che possa comparire un movimento democratico in Laos, dal momento che il paese incastonato tra le montagne, dove abitano sette milioni di persone, ha una piccola ma attiva classe media concentrata a Vientiane e in qualche altra città. La geografia montagnosa impedisce il viaggio e l’organizzazione tra città e campagna.
I militanti democratici laotiani sono tipicamente separati da geografia e classe, a differenza di quelli vietnamiti che capirono negli anni 2000 la necessità di formare legami e reti informali tra chi protestava per la terra, repubblicani delle città e sindacalisti.
I manifestanti vietnamiti sono spesso spinti da un profondo sentimento nazionalismo anticinese che il partito comunista vietnamita non riesce a sopprimere. In Vietnam cominciano ad essere normali proteste nazionali ostili al governo che costringono il partito ad adattarsi.
Ma i militanti democratici laotiani non riescono a mobilitare un nazionalismo unificante simili su cui il partito ha un monopolio ideologico. La protesta dell’undici novembre si è formata attorno ad un unico obiettivo di diritti umani e della terra, richieste popolari che potrebbero un giorno arrivare ad un movimento democratico credibile.
Lo stesso movimento democratico laotiano all’estero è diviso tra chi vuole il ritorno del regime reale antico e chi una democrazia liberale.
A settembre si tenne negli USA la conferenza annuale di undici organizzazioni laotiane all’estero, ora Coalizione Laotiana per la pace e la democrazia.
Il discorso di apertura fu fatto dal principe ereditario Soulivong Savang, la cui associazione Fa Ngum afferma che lui è l’unico re laotiano dopo l’arrivo al potere del Pathet Lao nel 1975 che abbatté la monarchia.
Non aiuta il fatto che il Laos non sia spesso oggetto dell’attenzione mondiale. Ad Aprile il rappresentante dell’ONU per la povertà ed i diritti umani, Philip Alston, pubblicò un rapporto molto onesto dopo aver passato varie settimane in Laos.
“Molti mi hanno detto che l’ONU in Laos ha mancato di essere una voce per chi è vulnerabile, e neanche dei diritti umani, e che ha propagandato un quadro fin troppo ottimista dei successi del paese, mentre metteva da parte molte questioni ritenute sensibili dal governo e da esso stesso” scriveva Alston.
Notava che le agenzie internazionali erano ostacolate molto dal governo che richiedeva loro di avere il permesso ufficiale per andare in certe province e parlare con certe organizzazioni.
“Non parlano perché sanno che saranno buttati fuori” disse Alston all’inizio dell’anno. “Ma credo che la comunità internazionale non si fa alcun favore non parlando onestamente col governo”
Non sono solo gli USA ad essere muti sul Laos anche mentre ha accresciuto le alleanze con altri stati autoritari della regione Vietnam compreso. Laos non è quasi mai comparso nei commenti pubblici o nei piani strategici americani, nonostante che Barack Obama promise una nuova era di rapporti bilaterali.
Una ragione è che né gli USA né l’Europa ha influenza su Vientiane, mentre i rapporti commerciali con l’occidente sono sempre allo stato embrionale e gli USA non hanno quasi relazioni militari con le forze armate laotiane, strumento usato da Washington per intraprendere un dialogo con regimi autoritari. Non ci sono grandi imprese USA in Laos.
Il Laos beneficia di un progetto EBA con la UE che garantisce accesso senza tariffe e libero da quote nei mercati europei. La UE è il quarto partner commerciale del Laos ed ha importato lo scorso anno 260 milioni di euro di merci.
La Ue attualmente minaccia di rimuovere la Cambogia, che è discutibilmente uno stato meno repressivo del Laos, dal progetto EBA per i passi indietro della democrazia. Eppure non ci sono anticipazioni di simili censure sul Laos sulle sue tendenze antidemocratiche, compreso la repressione dell’undici novembre.
Invece la politica estera laotiana resta dominata dai suoi storici alleati e vicini, come Vietnam e Cina. Negli ultimi anni l’influenza cinese cresce a spese di quella vietnamita. Pechino è ora il maggior investitore in Laos, non ultimo la ferrovia da 6,7 miliardi di dollari in costruzione tra Vientiane e la Cina continentale.
Rappresentati laotiani corrotti si sono ingrassati con gli aiuti e gli investimenti cinesi che spingono l’attuale veloce crescita economica laotiana. Gli analisti perciò sostengono che il Laos è una delle nazioni a maggior rischio di cadere nella trappola del debito che potrebbe, nel futuro, limitare l’indipendenza fiscale di Vientiane e l’abilità a diversificare le sue relazioni estere.
Senza un sostegno internazionale forte dai partiti ed organizzazioni democratici della regione, militanti democratici laotiani che lottano per la libertà ed i diritti in Laos saranno soli e a rischio crescente di scomparire.
David Hutt, Asiatimes