La lotta per la protezione dei diritti sulla terra in Vietnam ha raggiunto un picco estremamente violento nel villaggio di Dong Tam nel nord del paese con alcune incursioni della polizia vietnamita e la morte di tre poliziotti e del capo villaggio e Le Dinh Kinh e l’arresto di 30 persone, 20 delle quali sono accusate di omicidio, punibile con la pena di morte.
Secondo il ministro degli interni vietnamita, il giorno 9 gennaio gli abitanti del villaggio della periferia di Hanoi avrebbero fronteggiato la polizia con bombe a mano e dando fuoco ai corpi dei poliziotti caduti, costringendo la polizia a sparare ed uccidere il solo capo villaggio e ad arrestare alcuni abitanti.
“L’incidente che è il più letale dopo anni, illumina bene le questioni legate alla terra che sono una delle fonti maggiori dei conflitti sociali in Vietnam” dice lo studioso Le Hong Hiep che lavora al ISEAS – Yusof Ishak Institute di Singapore. “Nel caso di Dong Tam, la contesa era per un appezzamento di terra adiacente ad una pista aerea militare da consegnare ad un conglomerato dei militari, Viettel, per costruire strutture industriali.
Secondo le autorità la terra sarebbe dei militari sin dal 1968, occupata illegalmente dalla gente. Gli abitanti contestano che l’appezzamento si trova fuori dell’area dei militari ed è stata terra coltivata sin dagli anni 80 per la quale pagano il fitto e le tasse al governo” dice lo studioso.
Secondo il giornalista Pham Doan Trang, il governo vietnamita ha attaccato la gente con lacrimogeni, proiettili di gomma e munizioni vere e proprie, bloccando in anticipo strade e connessioni telefoniche e internet nella zona.
“Una cosa è chiara: il governo vietnamita ha attaccato la propria gente” ha detto la giornalista. “Le forze di sicurezza hanno attaccato il villaggio … uccidendo Le Dinh Kinh.”
Kinh, che ha guidato la rivolta popolare contro l’attacco della polizia al 3 della notte, sarebbe stato sparato due volte al capo, una al cuore ed una volta al piede davanti alla moglie.
Non è la prima volta che questo villaggio si è opposto alle incursioni della polizia come nel 2017 quando 40 poliziotti furono tenuti in ostaggio dagli abitanti per poi rilasciarli senza emissione di mandati d’arresto.
Secondo SCMP, dei pochi dettagli emersi pubblicamente ci sarebbe un articolo della moglie di uno dei poliziotti uccisi che avrebbe detto che sarebbero entrati nel villaggio 3000 poliziotti, mentre è molto forte la censura su questo episodio sui media sociali e l’arresto per aver abusato della democrazia.
La BBC Vietnamita ha intervistato una donna:
“Mi hanno detto di ammettere che ero in casa tenendo una bomba a mano. Ho detto loro che non so neanche cosa sia una granata, e neanche una molotov. Non so cosa siano. Così mi hanno schiaffeggiato e mi hanno preso a calci negli stinchi”
Sui fatti alcune ONG hanno chiesto un’indagine su quanto accaduto, a partire dalle basi legali dell’intervento della polizia, perché sarebbero state tagliate le connessioni ed il numero di morti.
Nel 2018 fu approvato il nuovo codice penale che accresce il potere repressivo nei confronti di militanti e dissidenti, mentre la legge sul crimine informatico del 2018 ha rafforzato la sorveglianza di chi si oppone al governo.
“Oltre a reprimere ogni segno di opposizione politica, le autorità vietnamite perseguono chiunque combatta la corruzione o voglia migliorare la propria comunità con la rivendicazione dei diritti umani e la militanza” disse a novembre 2019 Nicholas Bequelin di Amnesty International.
Scrive Le Hong Hiep:
“Il governo ha condannato la violenza dei manifestanti chiamandoli criminali che devono essere trattati secondo le leggi. Mentre sono state fatte le accuse di omicidio contro i manifestanti coinvolti e con la morte del capo villaggio, la disputa potrebbe presto scemare ed il governo forse riuscirà a sistemare la disputa a proprio favore.
A causa del regime della proprietà della terra in Vietnam, continueranno probabilmente queste dispute in altri luoghi, ponendo un grosso problema al regime del Partito Comunista Vietnamita e al governo.
Le dispute sulla proprietà della terra sono da sempre una grande fonte di conflitti sociali in Vietnam. Oltre alle questioni come quella di Dong Tam, sono comuni quelle sui risarcimenti pagati ai residenti interessati. Nella maggioranza dei casi la corruzione peggiora la situazione, perché i rappresentanti corrotti colludono con gli investitori e in modo arbitrario si appropriano della terra a prezzi ridicoli per darla agli investitori che la rivendono a prezzi molto più alti.
Anche nei grandi progetti pubblici i bassi risarcimenti dovuti ai proprietari generano lamentele, e sono diventati comuni grossi assembramenti di proprietari davanti alla sede del Partito ad Hanoi per chiedere giustizia.
Per risolvere la questione esperti ed attivisti chiedono che lo stato riconosca la proprietà privata della terra. Nonostante gli accesi dibattiti sulla questione durante il processo di revisione del 2013 della costituzione, l’Assemblea Nazionale, preoccupata delle conseguenze politiche, economiche, sociali e di sicurezza di questa proposta, decise di mantenere il regime di proprietà collettiva del suolo.
Partito e governo sono ben consci dell’esplosività della questione delle dispute sulla terra e provano ad affrontarla attraverso altre strade.
La legge sulla terra del 2013 dice che per progetti commerciali le amministrazioni locali non reclamano la terra per conto degli investitori che devono negoziare direttamente con i proprietari per fissare il prezzo.
Sebbene sia così calato il numero di dispute con le imprese private, ha contribuito ad un picco del prezzo della terra negli ultimi anni. Restano comunque le dispute per i progetti pubblici e diventano più comuni col governo che prova a tenere i prezzi di risarcimento bassi.
Anche mentre i governi locali rivedono i prezzi di riferimento dei suoli di loro gestione, c’è sempre una grande differenza tra prezzi di stato e prezzi di mercato. Quindi ci si deve aspettare che ci siano più dispute sui diritti sulla terra come quella di Dong Tam per progetti pubblici o progetti per i quali lo stato recupera i suoli di imprese di stato.
Gli investitori esteri, per evitare potenziali dispute sulla terra, scelgono di affittare terra nei parchi industriali dove i suoli sono stati già liberati per chi ha progettato il parco. Per progetti al di fuori di questi parchi industriali, le imprese fondiarie scelgono di acquistare nuove terre da altri investitori piuttosto che entrare in negoziati diretti con i residenti del posto. In altri casi creano una joint venture con partner locali che saranno responsabili di acquistare i suoli.
Una volta assicuratisi i suoli, gli investitori stranieri possono provare a comprare dal partner locale che possiede interamente il suolo.
Quindi situazioni come quella di Dong Tam non accadono in genere agli investitori stranieri e quindi non hanno un grande impatto sull’ambiente industriale del Vietnam.
Invece è di gran lunga una questione politica che genererà implicazioni solo sul partito ed il suo governo. “