In questo periodo dell’anno si sono coperte di plastiche ad uso singolo le coste esposte ai venti del monsone di nordest.
Il mero volume di rifiuti di plastica sulle spiagge della regione non deve sorprendere se si considerano le quantità entrate.
Oltre la metà delle otto milioni di tonnellate di plastica che finiscono negli oceani provengono da cinque paesi, Cina, Indonesia, Filippine, Vietnam e Thailandia, secondo un rapporto del 2017 del gruppo ambientalista Ocean Conservancy.
Può essere catastrofico l’impatto sulla vita marina della regione che ospita un terzo della barriera corallina ed un quarto della produzione di pesce mondiali.
I paesi del ASEAN cominciano a comprendere la serietà di questa epidemia di plastica.
Comunque ad aggravare il problema contribuiscono sia la mancanza di limitazione del packaging che la gestione dei rifiuti oltre alla debole applicazione di politiche ambientali, secondo il rapporto del programma ambientale dell’ONU di novembre 2019.
Food Industry Asia and AlphaBeta nel 2018 disse che nella maggioranza dei paesi del ASEAN non c’era molto interesse a soluzioni lato fornitura a più alti impatti, come la riduzione dell’uso delle plastiche, migliorare i tassi di raccolta, tamponare le perdite e creare valore dal riuso delle plastiche.
Una soluzione regionale nell’ambito del ASEAN che coinvolga responsabilmente tutti gli stati potrebbe aiutare a dare il tono all’industria ed ai consumatori.
La Dichiarazione del ASEAN a Bangkok di Combattere i rifiuti in mare firmata nel 2019 è perciò qualcosa di ben accetto.
L’Industria, spinta anche dalla tendenza globale contraria alle plastiche sembra stia facendosi sentire sull’intenzione di cambiare il proprio modo di agire e tagliare l’uso delle plastiche.
A Singapore NTUC Fairprice ha annunciato che estenderà la propria politica di costo del sacchetto di plastica portandolo fino a 25 centesimi nei propri negozi.
Le imprese multinazionale, a livello globale, iniziano ad esaminare strategie per affrontare la questione. Unilever ha annunciato l’obiettivo di usare il 25% di plastiche riciclate nel packaging a partire dal 2025 e prova alcune iniziative nel Sudestasiatico.
I governi cominciano ad adeguarsi, mentre i maggiori centri turistici come Bali e Penang guidano il divieto dei sacchetti di plastica.
Le Filippine chiusero Boracay per sei mesi e riaprirono con nuove regole per limitare il marchio del turismo e dei rifiuti.
L’Indonesia ha messo un miliardo di dollari per limitare i rifiuti plastici negli oceani fino al 70% per il 2025.
Sono partite questo anno le politiche più ambiziose per tagliare a livello nazionale le plastiche ad uso singolo in Thailandia e Indonesia.
Cambiano le preferenze dei consumatori ma non in tutte le aree
Iniziano a cambiare per il meglio le preferenze dei consumatori per l’uso della plastica nel ASEAN.
In una recente indagine di GlobalData, una media del 49% di 3248 intervistati, campioni rappresentativi di cinque paesi delle economie del Sudestasiatico, indicavano che la loro scelta alimentare era spesso o sempre influenzata da quanto etico, o vicino all’ambiente o socialmente responsabile è un prodotto, una considerazione molto forte in Thailandia e Filippine.
Ma quando si parla di packaging in plastica la regione appariva meno preparata a cambiare i propri modo. Solo il 27% dei consumatori era d’accordo ad acquistare più prodotti non impacchettati nella plastica.
Il 35% dei consumatori thai ed il 38% dei filippini non sostenevano il divieto della plastica, mentre in Malesia ed Indonesia le percentuali cadevano significativamente.
I singaporeani sembravano i meno interessati a cambiare il packaging ed il 36% degli intervistati indicava che il loro comportamento di consumatore non sarebbe cambiato se i prodotti fossero impacchettati senza plastica, forse a causa che non vedono rifiuti di plastica negli oceani perché i loro rifiuti vanno in discarica o negli inceneritori.
Riciclare e smaltire hanno le loro sfide proprie
Il problema dei rifiuti plastici negli oceani non è solo di smaltimento. In molti paesi del ASEAN il livello differente di risorse e di sistemi nella gestione dei rifiuti può spiegare perché i paesi sono lenti a creare una risposta comprensiva ai rifiuti plastici.
Le aree urbane e rurali nella stessa provincia possono avere esperienze molto diverse. I resort di lusso delle isole Riau mettono in mostra per i clienti il riciclo dei rifiuti. Ma il vicino villaggio butta i propri rifiuti di plastica in mare.
La regata annuale Neptune Regatta da Nongsa Point Marina nell’indonesiana Batam attraverso l’arcipelago Linnga a 60 miglia a sud avvisa i partecipanti di portare tutti i rifiuti nei loro porti di origine perché le isolette non hanno il modo per smaltire i rifiuti.
Spesso questo non è un problema che i ricchi vedono e pongono, perché continuano a comprare le plastiche ad uso singolo e riporli nel cestino apposito di riciclaggio, e sentono di aver fatto qualcosa per la società.
Eppure le sfide ad un processo di riciclaggio opportuno, compresi la contaminazione di alimenti ed il prezzo vario dei materiali riciclati, significa che la maggioranza delle plastiche ad uso singolo finiscono nel rifiuti.
Si riciclano solo il 9% della produzione globale di 8,3 miliardi di tonnellate di plastica secondo Science Advances.
La gente non fa le cose amiche dell’ambiente che ha promesso
Incoraggiare il comportamento etico e sostenibile da solo non è sufficiente affrontare la scala della crisi come visto sulle spiagge del Sudestasiatico. Ci sono state molte richieste ai governi di fare la voce forte all’industria ed ai consumatori.
Oltre il 50% degli intervistati della stessa indagine di GlobalData è d’accordo nel dire che incentivi finanziari li incoraggerebbero ad acquistare meno packaging in plastica.
I consumatori filippini, singaporeani e thai sono i più pronti a ridurre o bloccare il loro acquisto di prodotti impacchettati nelle plastiche se il governi applica una tassa.
C’è una differenza tra quello che il consumatore afferma di fare e le loro azioni fatte.
Un articolo di Harvard Business Review del luglio 2019 riportava che il 65% degli intervistati vuole comprare marche guidate da uno scopo che sostengono la sostenibilità, eppure lo fa solo il 26%.
Nonostante la differenza tra affermazione ed azione, sembra sia presente nella regione una richiesta di cambiamento.
I proposti divieti delle buste di plastica a Penang e Bali hanno trovato poca resistenza dei consumatori come anche a Singapore, dove il 71% degli intervistati ad una indagine del TUC Fairprice indicava sostegno al costo della busta di plastica.
Ridurre la plastica dove si può
Comunque la cultura dell’uso e getta richiederà tempo per essere fermata. Sono fondamentali spinte più forti del governo e cambi coraggiosi dell’industria se vogliamo salvare il mare.
Per fortuna ci sono molti esempi globali di obiettivi per affrontare l’inquinamento delle plastiche a cui la regione può guardare.
La UE ha votato per vietare l’uso delle posate di plastica, dei bastoncini di cotone, delle cannucce ed altro per il 2021. Gli stati membri dovranno assicurare ula raccolta del 90% per le bottiglie di plastica per il 2029. Le bottiglie dovranno essere fatte di almeno il 30% di plastica riciclata per 2030.
Poiché l’industria si deve adeguare alle richieste di uno dei mercati maggiori al mondo, ha senso che i paesi del ASEAN adottino gli stessi standard.
Le imprese locali devono guardare alle soluzioni globali e locali al packaging sostenibile più che tenersi alle soluzioni classiche per ragioni di costo.
In alcuni casi può significare ritornare ai metodi tradizionali come i piatti di foglia di banana.
Un gelataio di Giacarta ha fatto un passo in più usando per la prima volta coppe di erbe marine per il gelato che, secondo Science Times, potrebbero essere più costosi degli altri coni finché non si considerano le economie di scala.
Si potrebbero incoraggiare questo tipo di iniziative e forse sovvenzionarle nella regione.
Altrimenti ASEAN non ha che attendere semplicemente il monsone di sudovest a giugno che porti i rifiuti da una serie di spiagge ad un altra.
Tim Hill, GlobalData, CNA