Gruppi oltranzisti islamici ultraviolenti con un sostegno politico e militare dell’elite, una crescita di attacchi settari sanguinosi ed un sistema giudiziario che è incapace o non vuole portarli in un’aula giudiziaria. Sembra il Pakistan, ma è l’Indonesia.
Per anni, studiosi e attivisti dei diritti civili nella nazione musulmana più popolosa al mondo hanno denunciato che i militari usano i gruppi violenti islamici come alleati per portare avanti i propri interessi economici e politici. Ed ancora per anni, quelle denunce sono state escluse dall’esercito come teoria cospirativa tra le tante in uno dei panorami politici più complessi in Asia. Ora per la prima volta, un ex ufficiale di alto grado si è direttamente legato nella fondazione di un gruppo violento islamico.
Kivlan Zen, già comandante delle forze armate indonesiane ha detto a GlobalPost che elementi interni ai militari, alla polizia, ai servizi di intelligence hanno usato gruppi islamici radicali come alleati, da decenni,per “combattere forze riformiste favorevoli all’occidente”. Ed il già capo della riserva strategica dell’esercito, o Kostrad, dovrebbe sapere. Lui stesso ne istituì uno.
“Dopo le dimissioni dell’uomo forte Suharto nel 1998, mi fu dato l’ordine di formare una unità paramilitare per combattere gli studenti che chiedevano elezioni e l’usita dei militari dalla politica.” Zen dice.
“Arruolai quasi 30 mila persone delle moschee e dai gruppi islamici collaterali. L’esercitò mi forniva equipaggiamento di comunicazione per le operazioni sul campo, e mi furono promessi finanziamenti da un corpo logistico dello stato.”
Zen, il cui gruppo Pamswarkasa fu accusato di decapitare gli studenti durante gli scontri ed è ora fuori legge, diceva che i capi che diedero l’ordine si rifiutarono di pagare una volta che divenne chiaro che il movimento di riforma guidato dagli studenti mostrava pochi segni di cedimento.
L’Indonesia si è guadagnata gli applausi per essere divenuta veclocemente la scelta dell’investimento del sudest asiatico, ma è anche velocemente diventata il manifesto per l’ intolleranza religiosa.
La Comunità Europea, mebri del Congresso e delle Nazioni Unite hanno tutti censurato Giacarta per la sua incapacità a proteggere le minoranze religiose.
Molto di quei contraccolpi derivano dal trattamento della minoranza Ahmadiyah, una setta di minoranza musulmana che è stata discriminata sia a livello di governo locale che centrale.
Una decisione recente di una corte distrettuale di Giava di dare una sentenza alla prigione per tre mesi ad un uomo colpevole per il suo coinvolgimento nelle violenze brutali che portarono alla morte di tre Ahmadiya è stata l’ultimissimo esempio di estremisti che la fanno franca, in termini letterali, con un assassinio.
“La tesi dell’accusa era proprio una cosa pazza. Indica che il governo crede il dare la caccia a questi tizi provoca cattive reazioni sul piano elettorale.” dice Bonar Tigor, un ricercatore del Setara Institute per la democrazia e la pace, secondo cui ci sono stati 70 attacchi motivati dalla religione nel 2010 quando l’anno prima erano solo 40. Ma ancora più di sconcerto per gli attivisti è che solo il 4% dei casi finisce in uno dei famosi tribunali notoriamente corrotti.
E quando era conferito un verdetto d colpevolezza, era raro che fosse per qualcosa di più di dodici mesi. Ma mentre queste lamentele si centrano attorno alla mancanza di volontà dell’amministrazione del presidente Yudyohno, molti osservatori indonesiani vedono una mano più oscura dietro le scene.
“I gruppi oltranzisti sono stati usati dai militari da tanto tempo. Per l’elite che li ha messi su e li sostiene, sono uno strumento per intimidire elementi sociali e politici più progressivi della società.” dice Ian Wilson del centro di ricerca asiatica della Murdoch University. “Possono fare così a braccio. Con la recente violenza contro gli Ahmadi quel veicolo si è ristretto, ma si può allargare anche. E’ un modo molto reazionario di fare politica.”
Wilson, che è un esperto dei gruppi quali il sempre più violento e politicamente foraggiato Islamic Deender Front (FPI), diceva che il coinvolgimento dei militari con gli estremisti iniziò quando Suharto, subito dopo aver conquistato il potere dal padre fondatore dell’Indonesia Sukarno, li usò per massacrare le migliaia di presunti comunisti.
Sin da allora, sono accusati di lavorare per la polizia per taglieggiare gli affari illegali e per i militari per destabilizzare regioni come Timor Est, Aceh, Papua e Ambon.
Il risultato secondo gli osservatori, è che i militari usano questi conflitti per giustificare la propria presenza in aree dove possono controllare gli affari sia legali che illegali.
“Il FPI è al lavoro sin dagli ultimi giorni del regime di Suharto ed essi godono del sostegno della polizia e del governo” sostiene Wilson. “L’attuale comandante nazionale della polizia scelto dal presidente Yudyohono li ha aiutati a nascere e frequenta i loro anniversari.”
Nonostante un retaggio di abusi incredibili dei diritti umani per tutto l’arcipelago, i militari sono riusciti a rafforzare i legami con gli USA e l’Australia, che li considerano dei punti chiave importanti nella lotta al terrorismo.
Ma i suoi critici affermano che molte delle lodi che si sono guadagnati per le riforme sono infondate, e lungi dal farsi da parte dalla politica dopo la Reformasi e la caduta di Suharto, hanno soltanto riaggiustato il ponte di comando.
“E’ ancora un esercito politico, non c’è nulla da fare. Ora usano sistemi democratici per fare i propri affari.” dice Leonard Sebastian della Nanyang Technological Univesity di Singapore. “Sono ancora soliti alle atrocità più orribili poiché sono amorfi e si può negare la responsabilità. Ogni unità militare o generale ha una squadra di picchiatori a disposizione.” Secondo Sebastian il problema è esacerbato da uno spostamento politico fondamentale verso destra che lascia i politici e il sistema giudiziario riluttante ad essere considerato come Non Islamico perseguendo e accusando i gruppi radicali violenti.
“L’Indonesia non è così tanto pluralista come si crede. Non c’è assolutamente alcun incentivo a tenere a freno questi gruppi perché c’è bisogno di loro per la mobilitazione politica. La gente ha paura dei gruppi come Jeemah Islamiyah, ma sono il FPI ad essere in ascolto del potente.”
tratto da GlobalPost