Secondo notizie di un’agenzia Thialandese, il Dipartimento delle Indagini Speciali (DSI) ha riinviato alla polizia i casi di 12 civili e del cameramen giapponese Muramoto della Reuter uccisi durante la repressione dei mesi di aprile e maggio del 2010 a Bangkok perché siano fatte nuove indagini opportune, dal momento che si evince che le truppe erano coinvolte in queste morti.
Questo è un cambio notevole di rotta da parte del DSI che finora aveva negato qualunque coinvolgimento delle truppe nelle morti dei civili, almeno 90 nel periodo aprile maggio 2010, addossando la responsabilità di queste morti a uomini vestiti in nero.
«Il DSI crede che le morti siano avvenute durante le operazioni degli ufficiali perciò crediamo che siano stati coinvolti con queste morti» ha detto il responsabile Tarit Pengdith.
Questa è la prima dichiarazione del DSI su un problema di alto profilo da quando si è instaurato il governo della Yingluck Shinawatra.
Le indagini inziali conclusero che Muramoto potrebbe essere stato ucciso da militari durante gli scontri ma agli inizi di quest’anno le prove della polizia suggerivano che i proiettili erano di un fucile AK47 non in dotazione all’esercito thailandese. Dopo aver negato Tarit eventuali pressioni del governo o dell’esercito, la polizia dovrebbe mandare i casi poi in tribunale per ulteriori indagini.
Mentre il caso Muramoto è sempre presente, ci dispiace di notare l’assenza invece di notizie di indagini sulla morte di Fabio Polenghi. Come la famiglia di Muramoto ha diritto di sapere la verità su quello che accadde e sui responsabili diretti e indiretti della sua morte, il silenzio che avvolge la vicenda di Fabio è davvero assordante.
19 morti e 807 feriti negli scontri a Bangkok tra cui il cameramen giapponese Muramoto
Mentre è salito il numero di morti e dei feriti, Reporters Without Border chiede un’inchiesta indipendente che accerti come sia stato ucciso il giornalista giapponese della Reuters Hiroyuki Muramoto mentre seguiva gli accadimenti a Rajdumnoen Road.
Muramoto è morto per un proiettile al capo ed è stata chiesta un’autopsia e perizia balistica per accertare la verità in modo trasparente, con l’aiuto se necessario anche di esperti stranieri.
“L’indagine deve essere eseguita ai più alti livelli del comando militare allo scopo di accertare se le truppe hanno usato proiettili veri dal momento che proiettili in caucciù e granate a gas lacrimogeni sono di solito impiegati peril controllo dei disordini.”
Si vuol verificare inoltre se, considerato che da elementi del movimento delle magliette rosse c’era stata una rivendicazione di sequestro di armi dei militari, i proiettili non possano provenire dal lato dei manifestanti.