Mentre la Thailandia si sta ancora riavendo dal terribile alluvione di ottobre, con molte zone ancora sotto l’acqua nonostante i vari proclami governativi, il solo tema che tiene banco per il governo e per l’opposizione parlamentare è quella della Lesa Maestà.
Nel frattempo alcune multinazionali pensano di uscire dalla Thailandia ed altre ancora a lavori per rimettere in moto degli impianti.
Nel profondo meridione thailandese continua una guerra sanguinosa che sembra non toccare più di tanto la discussione politica come se i cittadini del sud non fossero anche loro thai; mentre è evidente un rallentamento del PIL e un calo nell’arrivo dei turisti e della ricchezza,
Da un lato il governo di Yingluck, che è stata anche sostenuta da un movimento che ha sempre rigettato l’uso della legge di lesa maestà come strumento di lotta politica, sta sempre di più rafforzando gli strumenti polizieschi contro chi viola la lesa maestà e cerca di essere più realista dei realisti, chiudendo siti web e facendo censura online, proclamando una lotta totale a chiunque violi la legge in questione o provi solo ad avere un minimo di criticità.
Dall’altro le magliette gialle e i realisti in generale affermano, in totale acriticità, l’identificazione dell’essere thai con l’accettazione passiva della figura paternalistica autoritaria della monarchia, invitando chi non è d’accordo a lasciare il paese, a farsi i fatti propri, perché non possono capire cosa significhi la monarchia per il paese e per il singolo thailandese.
In questa morsa mortale per la libertà di espressione e di pensiero, lo spazio democratico è fortemente in pericolo e una riforma della legge di lesa maestà come richiesto da varie parti sembra un miraggio lontano.
Che cosa voglia dire una riforma della costituzione scritta dai militari nel 2007 è ancora da capire. Al governo Yingluck l’unica cosa che interessa davvero è la riabilitazione politica di Thaksin che ultimamente ha riottenuto il passaporto e gira per vari paesi come il ministro degli esteri ombra del governo Yingluck. Ma il suo rientro è ancora lontano. O forse no?
La terra dei sorrisi e delle smorfie
La “Terra del Sorriso” attira oltre 14 milioni di turisti ogni anno verso le sue spiagge tranquille e i suoi templi luccicanti.
Ma per molti thailandesi quel sorriso si sta trasformando in una smorfia, grazie alla sua legge draconiana di Lesa Maestà. Nell’intenzione di proteggere la dignità della monarchia, condanna chi la viola ad una pena massima di 15 anni di carcere per ogni singolo atto od espressione che le corti ritengono diffamanti del re, della regina, dell’erede o del reggente. Le norme sono articoli del codice penale che risale ad oltre cento anni fa.
Più di recente la Lesa Maestà è stata rafforzata dalla legge di sicurezza informatica (CCA) approvata da una legislatura nazionale durante il periodo in cui la giunta militare prese il potere durante l’ultimo golpe del 2006.
La CCA minaccia di un massimo di cinque anni per singola violazione.
“C’è tantissima autocensura a causa della legge di LM, la gente ha paura di parlare.” dice Pravit Rojanaphruk, un decano del giornalismo thailandese, che ha appreso da un sito di notizie alternative di essere sotto tiro per una denuncia di lesa maestà. “C’è da raggelare anche prima della denuncia formale in una stazione di polizia”.
Questa è la situazione che l’uomo ha di fronte a causa di un suo scritto che mette in discussione gli eccessi di Lesa Maestà, condiviso da Suraphot Thaweesak che insegna buddismo all’università di Hua Hin, una stazione balneare a sud di Bangkok.
Il docente è stato convocato ad una stazione di polizia per una violazione della legge agli inizi di dicembre dopo aver inserito dei commenti sul Prachatai, un giornale on line alternativo, su un articolo che esamina il ruolo della monarchia nella società thai e nella politica.
Nel frattempo Joe Gordon, un cittadino thailandese naturalizzato americano, il giorno 8 di dicembre è stato condannato per aver tradotto una biografia bandita del Re ed averla messa sul suo sito. La condanna è stata di due anni e mezzo di prigione.
Ma nessuna storia che ha raggiunto le pagine dei giornali in relazione a questa legge ha avuto una copertura come quella che ha avuto la storia di Ampol Tangnoppakul, un sessantunenne tassista in pensione, alla fine di novembre.
Il nonno thailandese è stato colpito da una condanna a venti anni di carcere, una delle condanne più lunghe per lesa maestà, per quattro messaggi da cellulare che la corte ha visto diffamatori della regina Sirikit, inviati al segretario del primo ministro Abhisit.
“Il suo caso ha scioccato tanta gente, persino quei thai conservatori e sostenitori del potere” ha rivelato Punagthong Pawakapan, assistente di affari internazionali alla Università Chulalongkorn di Bangkok. “I commenti sui siti web, blog e Facebook mostrano quanto sia preoccupata la gente per l’uso esteso di questa legge draconiana.” Si è scossi che qualcosa molto comune come un sms sia risultato in una sentenza così dura. Ed in tanti sono scossi perché quella situazione è simile a quella che hanno vissuto.
La cultura della segretezza che circonda i casi di Lesa Maestà, dove resta sconosciuto il numero delle vittime e il 90% degli imputati è condannato, ha ulteriormente minato la reputazione del paese che un tempo è stato considerato un bastione della libera espressione nel sudest asiatico.
Persino Amnesty International che monitora i casi di prigionieri politici è rimasta sconcertata.
“Sfortunatamente Amnesty non riesce a dare un numero di prigionieri politici in Thailandia dal golpe del 2006 a causa dell’opacità del sistema giudiziario rispetto ai prigionieri politici.” ha dichiarato Benjamin Zawacky di Amnesty International. “Per iniziare, si consideri l’enorme disparità tra il numero di casi di Lesa Maestà conosciuti a quelli di noi che seguono il problema e il numero che viene da vari corpi dello stato.” ha spiegato aggiungendo che Amnesty international non ha un piano di un resoconto per denunciare il numero di persone i ncarcere in Thailandia sotto la legge di lesa maestà.
Gli analisti trovano le cause di questo lato oscuro della politica thailandese alla crisi e alla profonda divisione sociale, che è emersa dopo il golpe del 2006, il diciottesimo di questo regno. Dal 1984 al 2004 i casi di lesa maestà sono stati meno di cinque all’anno, dice David Streckfus, docente americano. “Nel 2010 c’erano 478 casi”
Questo salto nei casi che si è fatto lampante con 126 casi del 2007, ha persino spinto vari commentatori a descrivere la tendenza come isteria e caccia alle streghe da parte del potere politico, secondo Dreyfus.
“Sembra che la gente in favore del potere costituito sia stata presa dalla paura negli scorsi anni, portando ad un uso arbitrario della legge.” In questo clima alcuni docenti Thailandesi ed esteri hanno rotto gli anni di silenzio sulla legge e cominciato a chiedere una sua riforma.
Una università di Bangkok ha tenuto una discussione pubblica nel 2008 seguita da una campagna per cambiare la legge. “Molti hanno cominciato a dire in modo più aperto che non possiamo permettere che l’ingiustizia nell’applicazione della legge di Lesa Maestà possa andare avanti così” ha detto Thongchai Winishakul, uno studioso thai che vive in USA che ha condotto questa campagna. “Questa legge sta dando una cattiva reputazione alla nazione”
Ma questo è un problema che non sfiora neanche il capo delle forze armate. “Personalmente, credo che non dovremmo neanche parlarne e non voglio dire nulla apertamente.” ha detto ai giornalisti generale Prayuth. “Se pensano che questa legge sia ingiusta o troppo dura, possono andare a vivere all’estero”.
Marwaan Macan-Markar,