Dopo il ritorno della democrazia in Argentina, si formò una commissione nazionale sui desaparecidos il cui rapporto fu chiamato “ Nuca Mas ”, “mai più”.
Il generale in pensione, Jovito Palparan, vuole tutto a suo favore e presto. Se davvero vuole evitare “il processo in piazza” dovrebbe arrendersi, andare davanti al tribunale e affrontare la realtà.
Avrebbe potuto anche evitare il processo del tutto, davanti alle corti di giustizia e quella dell’opinione pubblica. Difatti è indicativo che lui sia accusato solo ora di quanto accadde nel 2006 e per altro solo per sequestro e detenzione illegale grave per qualcosa che si chiama “scomparse forzate”.
Per non dimenticare, “desaparecidos” è una parola che è entrata nel linguaggio dei diritti umani solo negli anni 70.
Certamente i dissidenti sono scomparsi anche prima nella storia, ma fu solo in quel periodo che il fenomeno emerse in America Latina come parte di una strategia di repressione da parte dei dittatori, quasi nello stesso periodo in cui accadde nelle Filippine durante il periodo della legge marziale.
I latini li chiamarono desaparecidos, mentre noi li chiamammo “da ritrovare”.
Il fenomeno cambiò anche le pratiche linguistiche. Finora, “scomparire” è sempre stato un verbo intransitivo, ma oggi può essere usato anche in forma transitiva. Mentre prima usavamo dire che Sherlyn Cadapan e Karen Empeno sono scomparse, ogni una formulazione più precisa della frase, che catturi l’essenza delle scomparse, dovrebbe essere che Sherlyn e Karen “ erano state fatte scomparire” . I colpevoli le hanno “scomparse”, piuttosto che fatte scomparire.
Le scomparse sfruttano la legge stessa per mettere in crisi il nostro sistema di giustizia e frustrare le correzioni e le procedure corrette della legge.
La correzione usuale è il Comando di Habeas Corpus (dal latino “tu hai il corpo”) con cui una corte comanda al governo di produrre il prigioniero per permettere al tribunale di affermare la legalità o meno dell’arresto e della custodia. Con le scomparse le forze di sicurezza possono benissimo infischiarsene della richiesta di Habeas Corpus, negando semplicemente che la persona fosse mai stata in loro custodia.
La Corte di Appello, quando lanciò il comando all’inizio del procedimento spiegò: “Le corti hanno potere, mezzi e risorse limitate per indagare”.
E questo ci porta alla seconda lezione. Il fatto che ci sono voluti più di cinque anni per lanciare un’accusa penale deve farci ricordare perché dobbiamo scegliere capi di governo che abbiano la volontà politica di perseguire gli uomini malvagi che in primo luogo hanno pensato e messo in pratica la strategia di neutralizzare i dissidenti.
Non possiamo solo basarci sui tribunali per perseguire i criminali. Abbiamo bisogno del sostegno dell’esecutivo, con l’apparato di indagini ed intelligence, per scoprirli.
Quindi l’iniziale denuncia di habeas corpus fatta dalle famiglie delle due attiviste universitarie, Sherlyn Cadapan e Karen Empeno. Alle due di notte del 26 giugno 2006, furono viste prese e messe su una jeep, “legate e bendate” da “uomini armati con un elmetto”.
All’inizio la Corte di Appello rigettò il caso, dicendo che “habeas corpus non è il rimedio giusto” poiché mancavano forti prove che le persone scomparse siano in custodia dei militari”. Quando gli ufficiali militari risposero che né sherlyn né Karen erano in loro custodia, fecero così l’appropriata risposta al comando.
La Corte di Appello cambiò la propria posizione solo dopo che le famiglie chiesero di rivedere e quindi fecero la richiesta di un comando di Amparo, un nuovo rimedio creato dall’allora Presidente della corte suprema Reynato Puno nel 2007 per affrontare proprio questo problema delle negazioni nel caso dei desaparecidos.
Il quesito fu risolto dalla testimonianza di Reymond Manalo che, insieme al fratello Reynaldo, fu sequestrato dai militari, riuscendo in seguito a scappare e a poter raccontare la loro storia.
La Corte Suprema riassunse la testimonianza: “Il giorno seguente, furono rimosse le catene a Raymond e gli fu ordinato di pulire attorno alle baracche… e poi dentro le baracche. In una delle stanze incontrò Sherlyn Cadapan di Laguna. Lei gli disse di essere una studentessa dell’università e di essere stata sequestrata a Hagonoy, Bulacan.
Gli confidò di essere stata torutrata brutalmente e di essere stata violentata. Stava piangendo e voleva tornare a casa dai genitori. Durante il giorno, le furono rimosse le catene e le fecero fare il bucato.
Dopo una settimana anche Reynaldo fu condotto a Camp Tecson. Due giorni dopo l’arrivo, altri due prigionieri arrivarono, Karen Empeno e Manuel Merino. Karen e Manuel furono messi nella stanza con ‘Allan’ il cui nome poi scoprirono era Donald Caigas, chiamato comandante o maestro da parte dei suoi uomini del 24° battaglione di fanteria. Raynaldo e Reynaldo furono messi nella stanza vicina.
Varie volte i due furono minacciati e Reynaldo picchiato. Durante il giorno venivano rimosse loro le catene, ma rimesse la notte. Furono anche minacciati di non scappare, o la loro famiglia sarebbe stata uccisa tutta.”
L’inviato speciale dell’ONU per gli Omicidi Extragiudiziali chiese delle risposte dalla Gloria Macapagal Arroyo a questo problema de “passività che rasenta l’abdicazione della responsabilità”.
Il recente trasferimento dei coaccusati di Palparan dalla prigione civile a quella militare è preoccupante poiché mostra una persistente tendenza a vedere questo caso come se fosse la solita cosa, con la paura che ogni attenzione non dovuta comporterà un trattamento non eguale. Al contrario, il caso richiede la vigilaza continua.
Dopo il ritorno della democrazia in Argentina, si formò una commissione nazionale sui desaparecidos il cui rapporto fu chiamato “ Nuca Mas ”, “mai più”.