Chiranuch Premchaiporn non sembra essere la donna che si rimangia quello che ha detto.
Da direttrice del Prachatai.com, un sito di notizie indipendente e no profit, ha lavorato dall’interno di un piccolo ufficio in una stradina di Bangkok a dare forma ad uno dei media più vitali e audace del paese.
Su uno degli adesivi attaccati sul suo vecchio portatile ce ne sta uno che ha dovuto usare spesso nella sua vita: “Torna con un mandato”. Ma quando si passa ad analizzare i dettagli del suo caso, con dieci accuse di insulto alla riverita monarchia thailandese che le potrebbero costare 20 anni di carcere, lei deve essere un po’ indiretta, se non vogliamo tutti finire in un guaio anche maggiore.
“Non ti posso riferire il contenuto con esattezza poiché se lo facessi e tu ne scrivessi violeresti di nuovo la legge” dice ricercando le parole giuste per esprimere quello che viene dopo.
Il primo commento per il quale lei si trova nei guai, fatto nell’ottobre 2008 sul sito del Prachatai, era una “metafora indiretta”, sostiene. Se è letto in un modo, lo si può interpretare come il collegare il palazzo reale al golpe del settembre 2006 contro il primo ministro eletto Thaksin .
In primo luogo non è come se il commento fosse il suo, ma Chiranuch è accusata di essere stata troppo lenta a cancellare i commenti del lettore che apparivano sulla discussione sul sito del Prachatai. Il suo guaio è proprio quello che i critici affermano errato nella legge di lesa maestà che prevede sentenze dure fino a 15 anni di prigione per ogni singola offesa. Non è facile dire esattamente che genere di commento o quando si finisce nei guai.
“L’effetto più grande di questa legge sulla libertà di parola è che ha creato già un clima di paura. Una volta che si vive in questo clima ci si autocensura.” dice Chiranuch che all’età di 44 anni scoprirà il 30 aprile il proprio destino.
Già ora Chiranuc fa qualcosa di insolito: lotta contro le accuse. Sin dagli anni 80 in Thailandia, le autorità sono riuscite a concludere con una condanna il 95 % di casi, secondo David Streckfuss uno studioso indipendente delle leggi Thailandesi contro gli insulti alla monarchia. Di fronte a queste cifre, moltissimi optano per dichiararsi colpevoli nella speranza di una condanna più mite o nel perdono reale.
Ma la direttrice del Prachatai ha deciso che non percorrerà quella strada. Invece lei ed i suoi sostenitori hanno messo su una strenua difesa legale insistendo che lei non ha responsabilità per i commenti, essendo un intermediario, e che lei ha agito in buona fede eliminando i commenti ritenuti diffamanti dal sito, in un periodo di tempo che andavano dalle poche ore a qualche settimana dopo che erano stati postati la prima volta.
“Benché non sia d’accordo con la legge, ho provato a seguirla e a non violarla.” dice. “ Non ho fatto nulla che implicherebbe che intenzionalmente sostenevo o che intenzionalmente acconsentivo che le persone commettessero un reato.”
Le leggi di lesa maestà della Thailandia non ha eguali al mondo. Adottata originariamente agli inizi del ventesimo secolo, quando la Thailandia era governata da una monarchia assoluta, furono rafforzate negli anni 70, molto tempo dopo che il paese aveva ridotto il ruolo politico della famiglia reale, da una giunta militare che voleva domare il dissenso.
Molti sono accusati in base all’articolo 112 del codice penale che rende criminale insultare o minacciare i membri della famiglia reale. Altri tra i quali Chiranuc sono accusati in base alla legge sul crimine informatico.
Coloro che sostengono la legge ritengono che sia essenziale per difender la monarchia, in particolare il longevo re Bhumibol, dalle critiche che minerebbero la sua posizione come forza nificatrice della Thailandia e l’istituzione benevola che esiste al di sopra della politica.
I critici della legge sostengono che essi fanno qualcosa di differente: permettono ad una elite con buoni legami come pure ai militari di usare il tabù della monarchia per reprimere il dibattito e rafforzare il proprio potere.
Se si vuole verificar questo discorso si guardi alle statistiche. Secondo Streckfuss, il grande salto dei casi di lesa maestà sono giunti durante il governo di Thaksin, il golpe che lo depose e la violenza e le proteste che posero le Magliette Rosse a favore di Thaksin contro i realisti delle magliette gialle.
Secondo lo stesso studioso che cita cifre dell’Ufficio della Magistratura, 1035 accuse di lesa maestà furono inviate in giudizio tra il 2005 e il 2010 col il picco maggiore nel 2007, subito a ridosso del golpe, e nel 2009 e 2010 tra le proteste delle magliette rosse. Prima del 2005 i tribunali non vedevano che pochi casi all’anno.
Il populista Thaksin aveva offeso l’elite tradizionale centrata su Bangkok con una combinazione di demagogia, presunta corruzione e politiche sociali populiste che diedero a milioni di poveri di Thailandesi specie dalle regioni del Nordest e del Nord, un posto nel sistema per la prima volta. La vecchia elite rispose usando i militari per cacciarlo affermando che era per difendere la monarchia.
Sin dall’arrivo al potere del governo della sorella di Thaksin, Yingluck Shinawatra, nel 2011, il numero di casi nuovi è caduto, ma molti vecchi casi vanno avanti ed il governo di Yingluck ha pubblicamente preso le distanze da ogni discorso di riforma o rimozione delle leggi draconiane, per paura che una loro rimozione potrebbe favorire un altro golpe, secondo Streckfuss. Dagli inizi del ventesimo secolo si contano 20 tentativi di golpe, alcuni a segno altri no.
“E’ la ragione ultima del dobbiamo avere un golpe” dice Streickfuss che aggiunge: “Credo che la lesa maestà rappresenti un fulcro che tiene assieme una struttura identitaria nazionalista, un sistema economico e di governo. E’ lo strumento più facile da usare contro i propri nemici.”
Mentre il governo si è visto bene dal toccare la legge di lesa maestà, alcuni gruppi ed individui stanno portando la legge nel dibattito pubblico con una nuovo coraggio” dice lo studioso.
Un gruppo di docenti universitari di legge della Università Thammasat, autodenominatisi Nitirat, cioè giuristi illuminati, hanno acceso una discussione attraverso le proposte di riforma dell’articolo 112 e di annullamento degli effetti legali del golpe 2006, proposte che hanno visto proteste e sostenitori. Uno dei capi del gruppo, Worajet Pakeerat, dopo minacce telefoniche, è stato colpito al viso con pugni nel campus dell’università da due gemelli. Dopo di allora le minacce sarebbero finite.
“Chiunque rimane a lottare, è significativo in sé e per sé. Se Chiranuch è ritenuta innocente, sarà una cosa immensa poiché sarebbe il riconoscimento all’interno del sistema giudiziario che questa legge non può essere usata in qualunque modo. Le leggi non saranno affatto tolte, ma almeno si comincia a vedere qualche dibattito.” dice l’accademico.
Se dovessi essere condannata, dice Chiranuch, comunque, il caso potrebbe congelare la già distorta discussione sul ruolo della monarchia. Un parallelo spesso fatto in questo caso è che portando in tribunale Chiranuch, il cui sito è stato un intermediario dei commenti dei lettori, sarebbe come portare in tribunale il creatore di Facebook per le affermazioni anti realiste che lì si sono avute. Il mio caso ha già incoraggiato l’autocensura, dice Chiranuc.
E questo non è l’unico caso contro Chiranuch. Fu arrestata per le accuse nel marzo 2009 dopo che circa dieci poliziotti si presentarono al suo ufficio. Ancora peggio fu quando fu arrestata all’aeroporto di Bangkok, la seconda volta, l’anno seguente per ulteriori accuse. Dopo un viaggio lungo proveniente dall’Europa, fu messa nell’auto della polizia e portata a Khon Kaen, una città del nordest, dopo un viaggio di cinque ore, dove le furono notificate le accuse. Quest’ulitmo caso deve ancora raggiungere le aule del tribunale.
Se Chiranch vince il processo alla fine di questo mese, forse le risparmiano le altre accuse. Se perde, comunque, sarà il prossimo passo di un lungo travaglio destinato a giocarsi nelle corti del paese. “Credo che ci siamo difesi bene. Da persona ottimista ho ancora speranza di essere assolta” dice.
Finora Chiranuch non considera l’eventualità di dichiararsi colpevole o chiedere perdono. Per come la legge è usata non fa nessun favore alla monarchia, dice la giornalista scegliendo accuratamente le parole, ma promuove paura e crea un ambiente dove la gente si scambia informazioni sul palazzo di nascosto, poiché nessun dibattito razionale sulla monarchia esiste. “Ci sono anche gruppi della elite che trarrà benefici dal modo in cui sarà la monarchia, poiché sono il gruppo che beneficia dal modo in cui la monarchia non poteva essere criticata del tutto”
Chiunque parla di cambiare questa attitudine deve aver a che fare con una società forgiata da un culto della personalità straordinario costruito da decenni attorno alla figura del re. Se ci sono avvisaglie di torti là fuori, sono appena percettibili sopra la pubblicità onnipresente che esalta le doti della famiglia reale e delle buone azioni insieme alle fotografie serene e addolcite. Che il re sia amato universalmente è una cosa che non si discute.
All’ospedale Siriraj di Bangkok, Phawat Prasitthisuphaporn, un ventenne studente di arti della Università Mahidol, era uno dei tanti accorsi lo scorso venerdì fuori dell’ospedale, dove il re ora vive per avere uno sguardo dell’anziano monarca che guida la cerimonia della cremazione reale.
Tutte le strade tra gli edifici dell’ospedale la polizia e i militari compresi le squadre speciali sono allineati sulla rotta. Un rapido gesto di un poliziotto ed ognuno si siede in un ricordo a voci soffuse. Come l’auto reale color crema passa, i devoti innalzano i loro palmi uniti per abbassarli solo mentre il convoglio esce di vista e gli ufficiali si girano e battono i tacchi. Pawat è sopraffatto dalla prima vista dei reali.
“Non ci sono parole. Non riesco a dire nulla. Mi vengono quasi le lacrime agli occhi.” dice Chiranuch Premchaiporn. Il fatto che chiunque critichi il re non lo capisce. Le leggi per proteggere la monarchia sono auto evidenti. Il dibattito senza senso.
“E’ sempre così. E’ il re. Credo che sia una ragione sufficiente. Ha fatto così tante cose per la gente. Quelli che lo criticano, cosa fanno?”
Sfidando il Tabù reale della Thailandia di Aubrey Belford