Un famoso e molto attivo militante verde Chut Wutty è stato ucciso nella sua auto, mentre accompagnava due giornaliste di un giornale cambogiano di lingua inglese per denunciare la distruzione illegale delle foreste della provincia di Koh Kong ad opera di varie aziende cinesi con la complicità di membri della polizia e dell’amministrazione locale.
L’attivista, presidente del gruppo Natural Resource Protection Group era stato fermato dalla polizia su richiesta della ditta cinese che voleva impedire la ripresa del luogo con foto e materiale video.
Dai dettagli diffusi dalla polizia ma non verificati ancora Chut si sarebbe rifiutato di consegnare la scheda con le foto. Poi un colpo di AK47 sarebbe partito dal fucile di un poliziotto uccidendo l’attivista che aveva tentato di allontanarsi con la sua auto. Secondo la polizia il poliziotto si sarebbe poi ucciso con due colpi, uno al petto ed uno alla pancia. Le due giornaliste dopo essere state trattenute dalla polizia hanno fatto ritorno a Phnom Penh.
La versione della polizia è stata prontamente rigettata dalla moglie. Suo marito era già stato un mese prima nella stessa zona ed era entrato in contrasto con alcuni ufficiali di polizia mentre tentava di esaminare alcuni carichi di legnami tagliati illegalmente. Secondo la donna, i poliziotti avevano progettato di ucciderlo in quanto il suo lavoro danneggiava molti interessi.
Chut da anni si muoveva in lungo e in largo per tutta la Cambogia in tutti i parchi nazionali e riserve protette per denunciare e fermare il diboscamento illegale delle foreste in ogni angolo del paese ad opera di multinazionali del legno in cooperazione con i funzionari del ministero e della polizia. Per molti la Cambogia ha perso forse il suo solo cittadino che aveva coraggio e conoscenze per riuscire ad attirare l’attenzione sul pericolo di distruzione delle foreste cambogiane.
Markus Hardtke, coordinatore del sudest asiatico del gruppo ARA, ha detto: “Era più o meno solo. Si erigeva contro il sistema corrotto, senza il sostegno di alcuna ONG milionaria ma solo del sostegno della gente del luogo. Credo che il governo cambogiano abbia perso una grande occasione per cambiare appena un po’ le cose, ed in un certo senso Wutty era un soldato di una guerra per sostenere la vita in Cambogia. Ha avuto un grande impatto sul terreno e nella mente delle persone.”
Nel 2002 era stato uno degli artefici dell’istituzione della Riserva Protetta della foresta del Cardamomo centrale dopo essere stato un soldato per molti anni.
Per il presidente del Cambodian Human Rights Action Committee, l’uso delle armi è una cosa senza precedenti in Cambogia. “I potenti provano tutte le volte ad usare i tribunali ma ora usano la forza. La situazione si è fatta più seria di prima. Guardiamo alla storia e capiamo a chi giova questo omicidio”
Nei mesi scorsi Chut Wutty aveva già denunciato il giro milionario del commercio di legname della Foresta Protetta del Cardamomo Centrale con la complicità di poliziotti, ufficiali del ministero e persino una ONG ambientalista.
La sua morte è la prima morte di un militante di alto profilo dopo quella del sindacalista Chea Vichea, ma non è affatto un caso isolato: la violenza è il mezzo di repressione costante impiegato contro chi si batte contro la deforestazione illegale
Nell’ottobre del 2009 il giornale PhnomPehnPost.com denunciò la morte di un militante ambientalista a Kratie, il cui lavoro portò ad una repressione molto forte del diboscamento illegale nei mesi prima della sua morte. Nel gennaio 2010 lo stesso giornale denunciava un’altra intimidazione da parte dei militari di un gruppo di giornalisti, a cui furono confiscate le macchine fotografiche, per una storia analoga. In quello stesso mese di ottobre un rappresentante del ministero fu addirittura ucciso con colpi di macete per il suo lavoro contro il diboscamento.
Nello scorso novembre nella foresta di Prey Lang, 300 persone fecero da scudo umano attorno a Chut Wutty per evitare il suo arresto da parte della polizia.
“Combattere il diboscamento illegale è come lottare contro il cartello della droga. Queste persone hanno tanti soldi e ci sono moltissimi interessi in gioco. Pagano le autorità locali e le autorità armate per dare loro protezione.” dice Ou Virak del Cambodian Center for Human Rights.
“Il cuore di Chut Wutty è andato, ma migliaia di cuori di Chut Wutty sopravvivono ancora. Non abbiamo paura della persona che lo ha ucciso perché provbava a fermare i diboscatori. Non abbiamo mai paura.” ha detto Svay Phoem della Provincia di Siem Reap che ha precedentemente lavorato con Chut Wutty.
La morte dei due militanti non fermerà il movimento contro la deforestazione
Wutty aveva del talento anche nelle pubbliche relazioni. Portò centinaia di persone delle tribù a Phnom Penh dove si dipinsero i volti di blu e si travestirono da Avatar. Come gli alieni del film, la loro foresta era distrutta da ingorde persone esterne. Ovviamente tutto ciò voleva dire che a Chut non mancavano i nemici.
Alcuni di loro erano proprietari di concessioni di terra che avevano connessioni molto in alto che secondo gli attivisti usavano come copertura per il taglio di legname illegale. Ma anche lui aveva amici potenti per il suo passato militare. Perciò è ironico che sia morto per mano di un ufficiale di polizia militare, ma è anche più terrorizzante sapere che il giovane Tampeun faceva più o meno la stessa cosa come guida personale nel Ratanakiri.
Wutty portava in giro due giornaliste in una zona che lui riteneva essere sotto le mani dei diboscatori illegali. Incontrarono la polizia militare che chiese le loro macchine fotografiche.
Si sviluppò una forte discussione e poi i giornalisti sentirono un colpo di arma da fuoco e scapparono nella foresta. Quando ne uscirono fuori Wutty era morto nel suo sedile della Landcruiser e un ufficiale di polizia giaceva al suolo. Come le giornaliste furono circondate dagli altri uomini in uniforme sentirono qualcuno dire “uccidile”. Fortuna che non accadde nulla e furono salve seppure impaurite.
Non credo che Wutty sia stato ucciso deliberatamente, ma la sua morte è l’esempio più rabbrividente di quello che sembra la volontà sempre maggiore di usare le armi contro chi protesta.
Negli scorsi tre mesi, le guardie ad una piantagione di caucciù spararono e ferirono alcuni che protestavano per la terra. Il governatore della città di Bavet è sotto accusa per aver ferito lavoratori di una manifattura che dimostravano. In una sorta di inversione dei termini, la polizia gettava le pietre contro i residenti durante uno sgombero a Phnom Penh.
L’inviato speciale dell’ONU per i diritti umani, Surya Subedi raccontava delle sue preoccupazioni per lo sviluppo. Andò a dare le proprie condoglianze alla famiglia di Chut Wutty e disse che le pallottole erano solo un lato delle minacce alle proteste e alla libertà di espressione in Cambogia.
“La gente sembra esercitare una auto censura, hanno paura di essere accusati di diffamazione e di incitamento.” mi disse. “Ho condiviso le mie raccomandazioni col governo ma l’applicazione è dannatamente lenta e non mi garbano i progressi fin qui fatti.”
Forse il governo è conscio che questa è una strada pericolosa ed ha sospeso le concessioni future ma non quelle attualmente in vigore. Probabilmente per Wutty questo sarebbe stato un passo in avanti ma non una vittoria. Le popolazioni con cui ha lavorato hanno promesso che porteranno avanti il movimento che ha iniziato. Forse è il contributo più adeguato a quell’uomo intenso non ortodosso e coraggioso che conosceva i pericoli del suo lavoro ed era preparato ad accettarli.
Gli omicidi nella foresta di Chut Wutty e Serei Odom
Dal 26 aprile sono stati uccisi in Cambogia un attivista per la salvaguardia delle foreste, un giornalista ed una ragazzina di 14 anni perché provavano a salvaguardare le rimanenti riserve di terra del paese.
Sono tutte vittime di una battaglia decennale per il futuro ecologico cambogiano, una lotta che nei due anni scorsi si è fatta più sanguinosa e corrotta. Le loro morti offrono al mondo una dura visione di come il capitalismo degli amici ha rimpiazzato il totalitarismo come una minaccia ai diritti umani nel sudest asiatico. In Cambogia, il prezzo di una vita umana si annulla di fronte ad un assegno in bianco.
Ho lavorato al Cambodia Daily di Phnom Penh per un anno interessandomi al petrolio, alo sgombero delle terre, all’ambiente e alle foreste. Per quella ragione ero con Chut Wutty, il più conosciuto militante ambientalista delle foreste, quel giorno il 26 aprile quando fu ucciso.
Il terzo giorno in una indagine nella deforestazione illegale sulle montagne del Cardamomo, ci fermammo in un punto che Chat Wutty sosteneva fosse un luogo di deforestazione gestita dai militari. Lì fu ucciso durante un confronto con i soldati che proteggevano il sito e ci impedivano di andarcene.
Un soldato fu anche ucciso in circostanze misteriose nella sparatoria, benché Wutty non avesse sparato alcun colpo. Quando gli assassini cominciarono a mettere su una storia di copertura, una collega ed io fummo minacciate di morte.
“Uccidetele entrambe” dissero con un tono gelido. Dopo sei ore di paura paralizzante camminando per il luogo dell’omicidio, fummo trasferite nella notte dalla custodia della polizia al nostro editore.
Fummo fortunate. Meno di tre settimane dopo le forze di sicurezza del governo colpirono in modo letale una ragazzina di 14 anni Heng Chantha durante un assedio armato contro dei cittadini di un villaggio che resistevano all’esproprio della terra da parte di una compagnia agricola con legami molto alto locati.
Ed ora l’ultima vittima è Hang Serei Odom, un reporter di 42 anni di un giornale piccolo cambogiano che scriveva a settembre della collusione dei militari nella deforestazione di una regione lussureggiante ai confini col Vietnam. E’ stato un omicidio spaventoso, trovato morto, nel bagagliaio della sua auto, con due colpi di accetta sulla testa. Ad essere accusati di omicidio premeditato un ufficiale di polizia militare e la moglie dopo che hanno trovato le scarpe dell’uomo nella casa della coppia.
La violenza sponsorizzata dallo stato in Cambogia è una calamità locale con ripercussioni globali.
Sottolinea il comportamento famelico della Cina mentre ricerca in ogni angolo della regione legname pregiato e legno per uso industriale per alimentare la sua economia in espansione. Benché sia alta la richiesta di tutti i tipi di legnami, il legno pregiato è di incredibile valore da far alzare la posta per chiunque lo raccolga. Nel mondo 700 attivisti sono stati uccisi nello scorso decennio nella loro lotta per preservare quello che rimane delle foreste e delle terre ancestrali che non sono state ancora rase al suolo dalle multinazionali.
La fame di legname della Cina non ha limiti.
E’ il primo importatore al mondo di legname sia legalmente che illegalmente con un volume di traffico illegale, stimato dalla Chatham House, pari ad un valore in dollari di 3,7 miliardi di dollari USA nel 2008. Mediante una vicinanza con i politici corrotti e con l’offerta di prestiti milionari senza ritorni politici apparenti, le preoccupazioni cinesi del mercato del legno hanno decimato interi spazi della Cambogia e dal 2000 hanno procurato grandi quantità di legname illegalmente importato dalla Russia, Papua, Malesia ed Indonesia. In totale, 6200 chilometri quadri di foresta sono state fagocitate nei due decenni scorsi e sempre compagnie cinesi si ritrovano dietro i progetti più strani.
Nella scomparsa delle foreste sono implicate anche compagnie Vietnamite, Coreane e Malesi che insieme alle compagnie cinesi, grazie alla loro capacità di ottenere concessioni minerarie o agricole in foreste chiaramente protette, sono state definite una “mafia di stato” dal gruppo Global Witness. Gli omicidi di Wutty e di Odom sono dei messaggi di terrore per cui chi mette in luce i banditi del legname può ricever una sentenza a morte. Dal 2005 almeno tre altri giornalisti sono stati minacciati ed un attivista è stato colpito a morte.
Il direttore di Global Witness Patrick Alley dice in una mail: “Coloro che sostengono la Cambogia devono usare la loro influenza per costringere il governo a cambiare piuttosto che a sostenere un regime violento e corrotto. Quante altre morti ancora ci saranno?”
Sam Lawson di Chatham House dice che le foreste nel mondo saranno sempre più malridotte nel prossimo decennio, e l’impatto lo si vedrà nel cambiamento climatico, nel dislocamento e in un mondo senza alberi. “Se si allineano tutti gli alberi tagliati illegalmente, potrebbero percorrere dieci volte la circonferenza della terra” sostiene il rapporto di Chatham House. Nigeria, Thailandia, Indonesia e Vietnam sono fortemente danneggiate secondo gli esperti.
Che cosa succede al legno tagliato? Non è solo un problema di altri. L’America è il principale importatore di prodotti di legno tagliato illegalmente che dovunque serve a fare compensato o impiallacciature per le costruzioni. Ma ad essere nell’occhio dei diboscatori illegali sono anche il palissandro che è lavorato prima di terminare negli USA ed in Asia.
Benché il governo USA abbia fatto la voce grossa con la Gibson Guitars, che usa Palissandro tagliato illegalmente per le proprie chitarre ed ebano indiano e del Magadascar, ci sono tantissimi altri prodotti più di lusso che possono avere le loro origini nelle stesse foreste che attivisti e giornalisti in Cambogia tentano di proteggere.
Odom, che lascia una moglie incinta, lavorava in una provincia nota per il selvaggio taglio e aveva appena scritto do un ufficiale della polizia militare che trasportava legno tagliato illegalmente. Di solito quel legname era trasportato mediante carro con buoi e veicoli militari in Vietnam, quindi in Cina, prima di approdare negli USA, dove diventa una bella chitarra che coprirà le grida della terra delle sue origini.
La comunità resta poco attenta a voler fare pressioni sul primo ministro Hun Sen per porre fine alla sua convivenza con chi fa profitto dal legname nonostante le ripetute grida dei partiti di opposizione. Tuttavia le nazioni donatrice forniscono metà della finanza della Cambogia, cosa che consegna le foreste favolose del paese alla morta per taglio.
“Senza foreste non abbiamo accesso ad acqua pulita come fonte di vita. E’ come la pelle che ricopre il nostro corpo” diceva Chut Wutty in un’intervista alcuni mesi prima della sua morte.
La Cambogia è spellata viva.
Olesia Plokhii Reuters