I dati ufficiali delle persone morte negli scontri etnici nello stato di Rakhine (Arakan) in Birmania parlano di 21 morti facendo di questi scontri il peggiore negli ultimi anni tra la comunità dei Rohingya apolidi e la maggioranza buddista birmana.
I feriti sono anche 21 mentre ci sono 1662 case distrutte. Ci sono comunque dubbi sull’entità reale delle violenze. Le violenze di massa sarebbero iniziate quando una folla di 1000 Rohingya si è scatenata e ha dovuto essere fermata dalle truppe, ma ancora lunedì ci sono stati scontri tra Sittwe e Maungdaw.
Ad oggi a Sittwe si sono visti Rohingya bruciare case dei propri vicini buddisti, ma la situazione è di confusione generale. La polizia ha spesso sparato in aria per impedire ad una folla armata di spade e bastoni, ed ha spesso scortato folle di Rohingya in posti più sicuri.
Ovviamente sono tanti i Rohingya che hanno provato a scappare dalla regione cercando rifugio in Bangladesh dove esiste una larga comunità Rohingya nei campi profughi, ma sono stati respinti alla frontiera.
Il governo birmano considera i Rohingya come immigrati illegali dal Bangladesh e li ha così resi apolidi nel momento in cui ha negato loro la cittadinanza, benché in tanti vivono in Birmania da moltissimi anni, soffrendo così una forte discriminazione.
Human Rights Watch ha chiesto al governo di prendere tutte le misure necessarie per proteggere le comunità a rischio mettendo anche il dubbio che la dichiarazione di stato di emergenza possa fare poco bene. “Considerato il passato di violenze brutali dell’esercito birmano aver messo i militari per fare applicare la legge potrebbe peggiorare le cose.”
Lunedì 11 giugno
Le forze di sicurezza stanno pattugliando una cittadina in tensione nello stato occidentale dell’Arakan in Birmania dopo che scontri mortali settari sono scoppiati costringendo il presidente a dichiarare lo stato di emergenza. Si è visto lunedì l forze governative raccogliere corpi dalle macerie delle case distrutte dagli incendi nel fine settimana in quelli che sono stati gli episodi peggiori di stragi settarie negli anni, mentre i residenti rimangono chiusi in casa.
La polizia nella capitale Sittwe ha recuperato quattro corpi compreso quello di una donna, ritrovato lungo il fiume, che si crede sia di etnia Rakhine. Altri tre corpi sono stati coperti ma non è chiaro chi fossero. La polizia ha evacuato due famiglie musulmane dalla stessa area per garantire la loro sicurezza dal momento che le case erano posizionate tra altre di etnia Rakhine a predominanza buddista. La regione ha una minoranza musulmana di origine Rohingya.
I residenti della città a maggioranza musulmana di Maungdaw avevano cercato rifugio nella polizia locale mentre si applicava il coprifuoco nelle aree di scontro per restaurare l’ordine.Negozi, scuole e banche erano chiuse compreso il mercato principale di Sittwe e si potevano notare persone Rakhine con delle spade fatte in casa mentre facevano la guardia alle proprie case o alla guida di moto. Un fotografo in città ha visto molte case bruciate e saccheggiate del distretto di Mi Zan. Truppe militari hanno aiutato la polizia locale a Maungdaw and Buthidaung mantenere l’ordine ed hanno occasionalmente sparato per terminare la violenza.
Le guardie alla frontiera del Bangladesh hanno respinto otto barche cariche di oltre 300 Rohingya, donne e bambini, in fuga dalla violenza, secondo il resoconto delle agenzie: “C’erano almeno 300 Rohingya nelle barche che venivano dalla città birmana di Sittwa. Portavano donne e bambini, tanti dei quali piangevano ed erano in ansia.” Sono stati respinti tutti quanti secondo il comandante in carico del Bangladesh.
“E’ una polveriera” dice Phil Robertson direttore per l’Asia di HRW. “Queste persone si sentono davvero intrappolate in una scatola, circondati da nemici ed hanno un alto livello di frustrazione”.
Le nazioni unite hanno detto di stare ricollocando 44 lavoratori con le loro famiglie da una base a Maungdaw secondo quanto dice il coordinatore dell’ONU della zona.
Questo accaduto è un banco di prova per il governo delle riforme birmano e il modo in cui la situazione verrà gestita certamente sarà sotto osservazione delle potenze occidentali che hanno appena salutato le riforme avviate dal governo birmano al fine della sospensione delle sanzioni.
Il presidente Sein ha dichiarato lo stato di emergenza nella regione domenica scorsa perché si ponga fine alla “Vendetta anarchica senza fine” facendo avviso che se si perdesse il controllo della situazione ad essere in pericolo è tutto il processo riformatore.
La regione è in tensione da più di una settimana dopo lo stupro e l’assassinio di una donna buddista attribuito ai musulmani e la vendetta con l’uccisione di dieci musulmani per mano di una folla buddista. I media di stato hanno detto che i tre sono stati già arrestati e accusati di stupro ed omicidio.
I musulmani Rohingya sono visti dal governo come emigranti illegali dal Bangladesh e non sono stati riconosciuti ufficialmente come una delle minoranze etniche della regione. Benché siano dei residenti recenti, in tanti hanno vissuto in Birmania da secoli. La posizione del governo ha reso i Rohingya in effetti degli APOLIDI, ed i gruppi dei diritti umani dicono che la popolazione Rohingya ha subito da tanto tempo discriminazione. L’agenzia dell’ONU suo irfugiati stima che ce ne siano attorno agli 800 mila nei tre distretti dello stato Arakan (Rahkine) ai confini col Bangladesh.
A Rangoon domenica circa 600 Rahikine si sono radunati alla Shwedagon Padoga, un tempio buddista molto famoso, per chiedere che i Bengalesi, come chiamano con disprezzo i Rohingya, siano espulsi dalla Birmania.
Va notato come le notizie delle violenze date dai media dello stato sono state tempestive in un modo vai visto prima benché mai esaustive. Nei precedenti governi questi incidenti sono stati per lo più nascosti oppure appena accennati in modo criptico.
I Rohingya sono un gruppo etnico musulmano dello stato birmano di Rakhine o Arakan. La loro storia risale al settimo secolo quando commercianti arabi si stabilirono nell’area. Sono molto simili fisicamente, linguisticamente e per cultura agli asiatici meridionali, specie la gente del Bengala. Secondo Amnesty international hanno patito di violazioni di diritti umani da parte del regime birmano e sono fuggiti nel vicino Bangladesh.
Alla maggioranza di loro è stata negata la cittadinanza. Nel 1978 200 mila Rohingya fuggirono nel Bangladesh dove ora vivono nei campi dell’ONU circa 20 mila persone.