La posizione geografica del Myanmar, schiacciato tra due giganti, India e la Cina, lo rendono senza dubbio la nazione strategicamente più importante nel sudest asiatico.
Sempre più considerata come un mercato nascente ricco di risorse, le riforme politiche a Naypyidaw permetteranno agli investitori occidentali di unirsi ad una contesa sempre più forte tra i vicini della Birmania alla caccia del gas, petrolio, legname, energia idroelettrica e gemme preziose.
Sono a disposizione opportunità per vendere beni e servizi e iniziare una manifattura a basso costo del lavoro tra una popolazione di quasi 60 milioni di persone che erano, finora, lontani dalla maggior parte delle aziende occidentali.
L’isolamento relativo del paese è stato dovuto in parte alle sanzioni imposte dagli USA e dall’Europa per gli abusi di diritti umani nel paese. Le attuali riforme politiche introdotte da un’amministrazione nominalmente civile del presidente Thein Sein aggiungono un’altra dinamica intrigante alle relazioni della regione con un chiaro “declino” degli USA e una “nascente” Cina.
Corteggiare l’Occidente, preoccupare la Cina
La graduale riabilitazione del paese nel sistema internazionale è stato chiaro in una recente conferenza di investitori a Rangoon, la più grande città del paese, dove gli investitori europei ed americani hanno dato uno sguardo molto intenso sulla Birmania dopo la caduta o il rilassamento delle sanzioni da parte dei governi occidentali. Ad incoraggiare ulteriormente gli investitori c’è stata l’affermazione del ministro della pianificazione nazionale e dello Sviluppo di Myanmar secondo cui il paese voleva creare un ambiente favorevole agli affari. A sostegno il ministro sottolineava il recente annuncio della Coca Cola e della catena 7-11 di iniziare le operazioni nel paese dopo la sospensione delle sanzioni economiche americane ed europee.
L’allentamento delle sanzioni fu una risposta alle riforme politiche dello scorso anno che, mentre hanno portato un significativo cambiamento nel paese, hanno nascosto un significativo punto di ostruzione. Con la costituzione del 2008 le forze armate hanno di diritto il 25% dei seggi parlamentari con diritto di veto, cosa che permette loro di mantenere una posizione dominate nella politica del paese.
Il movimento di riforme inoltre è giunto in parte come una risposta alla sempre più crescente posizione cinese in tutta la regione.
Di conseguenza il desiderio chiaro di Naypyidaw di riforme e di assicurarsi la riconciliazione con l’occidente deve essere visto alla luce di questo contesto più vasto.
Per esempio lo scorso anno il governo sospese lo sviluppo di una diga controversa nello stato distrutto dalla guerra dei Kachin nel nord del paese. Il contratto di sviluppo e costruzione della diga era stato assegnato ad una compagnia cinese con l’impegno che la Cina avrebbe usato il 90% dell’energia prodotta.
Nonostante il fatto che la Cina sia stata nel consesso internazionale il guardiano della vecchia giunta militare, oltre che uno dei partner commerciali più forti, Myanmar inviò un segnale di voler allentare i legami con il suo alleato tradizionale. E dietro questa decisione c’è la paura che il paese non si potrebbe mai sviluppare se continuasse a servire come fonte di risorse per un paese affamato di energia come la Cina.
Una dinamica simile
E’ un dinamica simile a quanto visto in altri luoghi della regione benché molto più sorprendente dati i decenni di governo militare e isolamento internazionale. Al pari della Birmania, molti altri stati dell’ASEAN stanno creando legami crescenti con la Cina nascente riformulando i loro legami con gli USA. Lo spostamento strategico del Vietnam è senza dubbio il più profondo considerata la storia pregressa del periodo della guerra fredda con gli USA. Lo scorso anno Hanoi ha permesso l’attracco a navi militari americane a Cam Ranh Bay e nell’aprile scorso ha fatto delle esercitazioni congiunte con le controparti americane. Tali sviluppi si sono accompagnati con sporadiche e spesso strillate affermazioni di condanna delle richieste territoriali cinesi nel mare cinese meridionale che i vietnamiti chiamano Mari Orientali.
Legami militari e diplomatici accresciuti tra gli USA e ASEAN sono anche sottolineati dalle paure sulla cosidetta mappa cinese delle Nove Linee che mostra le rivendicazioni marittime di Pechino che si estendono lungo le coste dei paesi dell’ASEAN tra le quali anche le Filippine. Per risposta Manila cerca di rafforzare i legami militari con gli USA che risalgono al 1951, nonostante alcuni comportamenti di lunga durata scorretti da parte di alcuni nelle isole.
Questo ha comportato un contributo americano al miglioramento della Marina Filippina e d recente alla decisione di raddoppiare gli aiuti militari a Manila.
Il più forte sostegno americano verso Manila si gioca contro lo sfondo di una politica di rischio calcolato della Cina con le Filippine per le isole Scarborough Shoal che entrambi gli stati rivendicano per se stessi e dove entrambi gli stati continuano ad inviare proprie navi per salvaguardare i propri interessi. E’ recente l’intervento di navi cinesi che hanno impedito ad una nave militare filippina di arrestare pescatori cinesi. Nonostante il confronto Manila dichiara di voler risolvere la disputa attraverso la legge internazionale come l’UNCLOS. “Portare il problema nel consesso della legge internazionale sarà utile poiché porterà il conflitto in un ambiente neutro e legale piuttosto che politico” dice Aileen Baviera della UP di Manila.
Però sembra inverosimile che la Cina aderisca a questa proposta specialmente alla luce dello spostamento recente nel focus strategico dall’Afghanistan ed Iraq verso la regione dell’Asia Pacifico. Con vaire dichiarazioni i politici americani importanti hanno sottolineato l’importanza di accrescere il sostegno materiale e diplomatico alla regione, compreso il distacco della flotta della marina americana verso la regione per il 2020.
I limiti del ASEAN
Comunque si dovrebbe notare che i membri del ASEAN non sono affatto uniti nel loro sostegno alle Filippine durante il recente confronto con la Cina.
I legami economici sempre più forti con la Cina, con cui ASEAN ha un trattato di libero mercato, hanno senza dubbio aiutato a formar la decisione di alcuni paesi di restare nella penombra.
La crescita delle esportazioni malesi verso la Cina, legate all’olio di palma e alla gomma, ha bilanciato la ridotta domanda occidentali di prodotti di consumo.
Le merci rappresentano un terzo delle esportazioni malesi cresciute dal 2000 quando rappresentavano un sesto, una tendenza amplificata dall’accordo di libera circolazione delle merci del 2010.
Altri paesi come Laos e Cambogia sono sempre più considerati come dei satelliti economici della Cina e quindi, se così, nessuno dei due paesi vorrà sostenere di cuore le Filippine o il Vietnam con cui la Cambogia ha una lunga e travagliata storia.
Inoltre le preoccupazioni della regione sulla crescente presenza militare cinese nelle acque contese sono anche aiutate dalle difficoltà economiche che continuano sia in USA che in Europa.
Di conseguenza interessi incondizionati nella continua crescita cinese (nonostante le recenti preoccupazioni du un suo rallentamento) implicano che la maggior parte dei paesi della regione hanno bisogno di mantenere buone relazioni con Pechino indipendentemente dalle dispute territoriali o da problemi di sicurezza.
Infatti questo lo si è riconosciuto anche in Birmania in primo luogo da Aung San Suu Kyi e da altri prigionieri politici. Nonostante la loro forte opposizione all’ex governo militare sostenuto dalla Cina, credono che il paese deve mantenere buoni relazioni con la Cina anche mentre si apre all’occidente, cosa analoga per la maggioranza degli altri stati del Sudest Asiatico.