Sin da quando il primo ministro Yingluck Shinawatra è entrata al governo lo scorso luglio, tutta la Thailandia ha vissuto una commedia sulla fornitura dei computer tablet per tutti i bambini delle scuole di base.
La promessa elettorale di Yingluck, “ogni bambino un tablet” fu forse la singola politica più attraente per i votanti, ma l’applicazione di questa politica è diventata una delle cose più difficili per il paese. Una settimana fa è stato firmato un accordo con la ditta cinese Shenzhen Scope Scientific Development per la fornitura di 400 mila tablet e lo scorso 7 di giugno una sorridente Yingluck distribuì ad un primo gruppo di bambini vestiti di tutto punto la prima fornitura giunta.
Per alcuni l’attenzione posta sulle tablet ha distratto l’attenzione dal profondo malessere che attanaglia l’istruzione thai.
Benché sia cresciuta la proporzione di studenti che frequenta le scuole rispetto al decennio precedente, la qualità della loro istruzione thai è deteriorata.
Il problema serio è che i risultati educativi dei bambini sono in caduta nonostante il fatto che si spende moltissimo sulle scuole. La Thailandia ora spende il 20% del bilancio nazionale per l’istruzione, più di quanto speso in altri settori con un raddoppio della spesa nell’ultimo decennio. Eppure i risultati peggiorano sia in termini relativi che assoluti rispetto ai vicini della regione.
L’agenzia di indagine civica denunciava agli inizi dell’anno che, nonostante la spesa in più, gli esami standardizzati nazionali mostravano che i risultati degli studenti nelle materie fondamentali quali inglese, matematica e scienze erano di gran lunga bassi. Il recente Global Competitiviness Report del World Economic Forum pone la Thailandia al posto 83° in termini di “salute ed istruzione elementare”, uno dei quattro indicatori, ben al di sotto di paesi come Vietnam ed Indonesia ed appena sopra della povera Cambogia.
I risultati della Thailandia rispetto al test internazionale PISA sono rimasti statici rispetto al 2003, mentre l’Indonesia si è mossa verso su da posizioni inferiori. In un altro rapporto recente sulla competitività la Thailandia si sistemava al 54° posto su 56 nazioni per l’apprendimento dell’inglese, la penultima in Asia. Per una nazione relativamente ricca che vuole sfuggire alla trappola delle entrate medie, tali statistiche sono deprimenti. I datori di lavoro lamentano difficoltà di assunzione di persone con capacità fondamentali di lettura e scrittura con la conseguenza che molti posti di lavoro restano vuoti oppure occupati con persone non sufficientemente qualificate.
Perché la Thailandia se la passa così male? Per Somkiat Tangkitvanich, un esperto de Thailand Development Research Institute non ci sono misteri: la maggior parte dello straboccante bilancio dell’istruzione è andato ad aumenti salariali ai docenti, che ora spesso guadagnano più di un lettore universitari ad inizio carriera, senza che però si chiedesse loro un miglioramento nei risultati. Secondo lui le scuole devono poter rispondere dell’uso dei soldi e i risultati delle scuole devono poter raggiungere le famiglie, oltre a legare la paga dei docenti ai risultati degli studenti. Al momento soltanto una piccola parte degli incrementi salariali è stabilita in base ad una valutazione del docente. Si dà una considerazione ben maggiore all’ordine che il docente ha in classe. “E’ una valutazione molto soggettiva basata in gran parte sul come ci si arruffiana con capo di istituto.”
Altri invece suggeriscono che le scuole cattive dovrebbero essere chiuse o affidate a privati. Queste sono idee radicali per un paese conservatore e significherebbero toccare potenti interessi costituiti, per nulla i 400 mila docenti ben pagati. Dare ad ogni bambino un piccolo computer è una bella trovata ma probabilmente non è la chiave per l’eccellenza nell’istruzione.