Il giornale birmano online Irrawaddy.org intervista uno storico francese Dr. Jacques P. Leider sui disordini razziali scoppiati nello stato Occidentale dell’Arakan, Rakhine in Birmano, per comprendere le radici dell’odio sfociato di recente in scontri mortali. La ricerca storia di questo angolo di sudest asiatico è alquanto frammentaria e talvolta non ben documentata. Si possono consultare questo sito e quest’altro per ulteriori approfondimenti.
Domanda. Cosa significa la parola Rohingya?
Il termine Rohingya è apparso per la prima volta alla fine del 18° secolo in un rapporto di un inglese, il cui nome era Francis Buchanan-Hamilton, che si recò nell’area di Chittagong, area dell’Arakan. Era un medico e il termine lo si trova in una delle sue pubblicazioni. Quando parliamo delle spiegazioni scientifiche ed etimologiche della parola, non ci dice nulla della politica. Lo usi da te come una etichetta politica per darti una identità nel 20° secolo. Come è usato il termine dagli anni 50 in poi? E’ chiaro che la gente che lo usa vuole dare questa identità alla comunità che lì vive.
Domanda: Cosa ci può dire della storia della comunità musulmana nello stato dell’Arakan?
Dovunque si trovano nel sudest asiatico comunità musulmane. L’Islam cresce in aree dove non esisteva prima del 15° secolo in Indonesia, Malesia. Si ha anche, e non deve sorprendere, una comunità musulmana in Myanmar e sappiamo che nel 15° secolo esisteva lì una comunità musulmana emergente. La seconda parte appartiene al periodo coloniale quando molta gente dal Bengala venne a sistemarsi nello stato Rakhine o Arakan.
Domanda: Qual’è la situazione sul terreno tra i Rakhine buddisti e i musulmani Rohingya?
Difficile da rispondere per uno straniero che può recarsi solo in posti nell’Arakan dove è accettato. Non chiamerò i Buddisti Rakhine Razzisti verso i musulmani. Sembra esserci espressione, reazione emotiva molto forte.
Domanda: Qual’è la radice di questa reazione?
Da un punto di vista storico, quando si guarda alla situazione dei musulmani nello stato Rakhine, è che i musulmani lì si sono sistemati sul campo, sono agricoltori. Agricoltori sin dal periodo precoloniale poiché i regnanti Rakhine deportavano le persone dal Bengala verso lo stato Rakhine per farli stare lì. Da una fonte del 17° secolo sappiamo che c’erano villaggi composti di soli musulmani. Sono stati sistemati lì dai re Rakhine. Gli inglesi fermarono l’immigrazione indiana durante il periodo coloniale. Poiché non c’erano più i confini, bisogna immaginare che la gente si spostava dal Bengala allo stato Rakhine. La loro crescita demografica è stata tremenda ed i buddisti Rakhine si sentivano profondamente a disagio negli anni 20.
Domanda: E’ d’accordo con gli osservatori che parlano di una terza forza che sta dietro il conflitto?
Non esistono ragioni per cercare una terza forza per spiegare il conflitto, per descriverlo e parlare di soluzioni. E’ assolutamente chiaro che nel contesto arakanese, si ha una situazione molto particolare che non hai nelle aree di minoranza come i Karen, Kachin o Chin. Si ha una maggioranza di birmani che si confronta con una minoranza locale che è maggioranza nell’area. Ora qui ne hai tre coinvolte: i buddisti Rakhine, hai i musulmani dall’altro lato ed hai il governo. Quando ne hai tre è facile averne due contro uno. Ora i musulmani possono dire che essi sono Buddisti Rakhine e buddisti birmani contro di loro. Facile dire questo.
Domanda: quindi quali sono le cause che stanno al fondo di questo conflitto?
Credo che in quel pezzo di terra c’è un numero crescente di persone. I buddisti Rakhine hanno visto che ci sono musulmani. I musulmani che vivono nel Rakhine e la popolazione è andata crescendo. L domanda è di quanto crescono. Apparentemente sembra che crescano più in fretta. Sentono che stanno crescendo; che stanno lì e c’è questo tipo di risentimento che queste persone sono lì e nessuno affronta i musulmani presenti lì. Tutti questi risentimenti, queste sensazioni, sono presenti da tanto tempo. La pura violenza è usata per dire che abbiamo una situazione che non si può più sostenere.
Domanda: Diresti che non è una questione razziale?
No, Rohingya usano “buddisti razzisti” e l’altro campo farà lo stesso. C’è stata violenza, ci sono altre parole e dovremmo essere attenti ad usare queste parole. Quando qualcuno usa la parola genocidio contro i musulmani, è anche troppo al di là di qualcosa che è nella realtà. Credo che “odio” vada bene come un termine da usare come parola comune. Ma usare razzismo presuppone sempre un tipo di ideologia, che però non vedo tra i buddisti. E’ qualcosa che non piace. Si ha Xenofobia, un certo campo di altre parole per descrivere più correttamente e più giustificatamente quello che si vede.
Domanda: si sbagliano quindi i media internazionali quando usano frasi come genocidio dei Rohingya?
Certo, e molto. I giornalisti devono essere attenti a diversificare le loro fonti di documentazione. Cero che non è facile. Credo ci sia una enorme responsabilità dei media in Birmania ora che si sta aprendo il paese. Gli scrittori di Myanmar, le sue etnie hanno una posizione responsabile su questo. Non aiuterebbe se prendessero parte. Ma c’è bisogno di essere critici ed autocritici.
Domanda: Qual’è il modo migliore per risolvere il conflitto?
Direi probabilmente che la gente dovrebbe sedersi e dire quello che si vuole dove sono i problemi. Vogliono una vita pacifica, felice e un futuro per i loro figli. Vedono altra gente avere quello che loro non hanno. Nell’altra comunità, nel modo migliore di pesnare, capiscono che gli altri non scompariranno, che piaccia o meno, e non scompariranno. Hanno bisogno di trovare un modo per convivere. Ci sono molte istanze che le persone che lì vivono condividono senza considerare la religione. Si confronteranno sui propri interessi e il futuro per lo sviluppo dello stato Rakhine, per la gente che lì ci vive. Se possono lavorare insieme sarebbero più efficienti invece di lottare insieme.
Domanda: I Rohingya sono un gruppo etnico birmano?
La mia risposta è che non sono un concetto etnico. Certo possono alzarsi e dire di essere un gruppo etnico dentro la Birmania. Ma non credo sia la via migliore. Quando si afferma che siamo musulmani e che viviamo qui da varie generazioni, nessuno lo può negare. Per me i Rohingya sono un termine, una parola antica che è stata reclamata come tutte quelle di su come una etichetta politica dopo l’indipendenza della Birmania. Per il momento, non vedo che tutta la gente prontamente sottostà ad una sola etichetta. Quando ero in Bangladesh, la gente mi indicava i musulmani che originariamente viveva nell’Arakan. Ora si sono spostati nel Bangladesh e quando chiedete “sei un Rohingya che viene dal Rakhine?” dicono “No, siamo musulmani che vivono nell’Arakan, non assumiamo l’etichetta Rohingya”.
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