L’Accordo Quadro, stilato unitamente dai gruppi dei negoziatori del Governo Filippino e il Fronte di Liberazione Islamico Moro (MILF) è un passo avanti significativo nella richiesta estenuante della pace nella Mindanao Musulmana. Ma persino quando contiamo sulla contagiosità inerente degli accordi di pace, dovremmo essere attenti a non aspettarci troppo subito. L’accordo, per come la vedo io, è un impegno delle due parti a perseguire un compito comune che porti ad un accordo finale, e a sorvegliare alla sua realizzazione nella forma delle strutture di governo appropriate ad una entità politica autonoma. Segna dei punti cruciali in un viaggio verso una pace duratura, ed invita il resto del mondo ad unirsi e a prestare la propria buona volontà ai pellegrini che si sono imbarcati in questo viaggio precario anche se non c’è alcuna assicurazione di raggiungere la meta finale. Ci offre uno sguardo della pace che è fattibile nel nostro tempo.
Il suo annuncio così subitaneo segnala l’inizio del lavoro duro della consultazione popolare, dell’assicurarsi un consenso largo e di incorporare affinamenti nell’accordo comprensivo da annunciarsi presto. Il governo proverà a spiegare all’opinione pubblica e alle istituzioni interessate via Congresso tutto quello che un accordo finale richiede in termini di istanze fondamentali, quali la divisione dei poteri e della ricchezza, lo scopo della regione autonoma, le implicazioni costituzionali etc.
Il MILF proverà a spiegare i vantaggi di una “nuova entità politica autonoma” pianificata al suo elettorato Bangsamoro, che include non solo le comunità sotto il loro controllo e supervisione del MILF, ma anche quelle che sono sotto il comando di gruppi come il MNLF e altri movimenti separatisti. Avranno bisogno di portare nelle consultazioni le comunità non musulmane, cristiane e non, che ricadono dentro la designata regione autonoma.
Quello che uscirà da tutte queste consultazioni a vari livelli deve in qualche modo trovare la strada per entrare nel disegno della legge fondamentale che il Congresso deve approvare. Se una tale legge riesce ad essere accomodata nei limiti della costituzione attuale, le cose sarebbero fortemente semplificate. Ma se dovesse significare la variazione costituzionale, come sembra che lo sarà, speriamo che la nazione voglia con calma considerare la possibilità e non rigettarla completamente.
Nessuno di questi momenti sarà facile e veloce. Sebbene siano state messe a tacere le obiezioni iniziali, da entrambe le parti saranno eretti macigni che bloccano il processo. Credo che ognuno spera che un momento di pace abbastanza forte si genererà da subito per spingere il processo nei passaggi cruciali successivi. Davvero non esiste alcun altro modo per attirare l’attenzione più vasta nazionale ed internazionale in questo complesso e vasto sforzo se non di segnare e celebrare ogni più piccolo passo in avanti.
Uno dei punti deboli maggiori dell’accordo di pace del 2008 che chiedeva la creazione di una “entità giuridica Bangsamoro” era stata precisamente la mancanza percepita di trasparenza nella sua stesura e la tristezza con cui fu annunciata. A mio avviso, ci furono scarsezze procedurali piuttosto che grandi difetti sostanziali. Sarebbe interessante comparare l’accordo finale che emergerà dall’attuale processo con il precedente a cui si opposero sommariamente i leader politici nazionali e che la Corte Suprema gettò via. La sensazione è che le differenze saranno essenzialmente semantiche, e non lo si interpreti come una critica.
L’accordo del 2008, MOA-AD, non fu un documento steso senza alcuna cura che alcuni dei suoi critici pretesero che era. Ancora credo che fosse un tentativo cosciente di offrire una formula di pace e stabilità in una regione le cui relazioni verso lo stato nazionale sono state continuamente contestate. Non uscì fuori dal nulla, ma dal consenso costruito dai colloqui precedenti.
La debolezza percepita del MOA -AD nasceva essenzialmente dal fatto che il gruppo del governo negoziava in nome di un presidente la cui credibilità e legittimazione era sprofondata al punto più basso mai concepibile. Dopo il 2006, quando Gloria Macapagal Arroyo provò ad imporre uno stato di emergenza nazionale, ogni grande accordo che la sua amministrazione tentava fare con ogni entità politica diventava automaticamente sospetta. La Presidenza della Arroyo era così bersagliata da non poter focalizzare su nulla se non assicurare la propria sopravvivenza fino al 2010.
Lo si veda rispetto alle condizioni attuali. C’è un nuovo Capo al palazzo che gode della maggiore fiducia e approvazione nella storia politica nazionale. Ma più di questo, anche rischiando di essere definito un imprudente, ha dimostrato di voler risolvere il conflitto a Mindanao accettando di incontrare il capo del MILF al di fuori del paese. Questo dà ai negoziatori il tipo di mandato che ispira confidenza in quelli con cui trattano. Diversamente dal suo predecessore, Noynoy Aquino non ha esitato a mostrare chiaramente il suo sostegno fisso personale alle iniziative che altrimenti sarebbero potute terminare prima di manifestarsi.
E’ meraviglioso vedere che altre nazioni hanno salutato positivamente la svolta in Malesia con lodi profuse. Ma dire che quasi ci siamo sarebbe sollevare attese pubbliche a livelli non realistici. Permangono vecchi fraintendimenti e restano fuori dall’indagine. Ad alcuni dei miei concittadini, ogni concessione ai Moro è sinonimo di tradimento. Potrebbe arricchire moltissimo la loro sensibilità se leggessero qualcosa in più della storia di Mindanao e della sua gente.