Con una mossa che promette una nuova scalata delle tensioni, la Cina ha di recente accelerato i lavori di costruzione nei territori contestati del Mare Cinese Meridionale, facendo seguito all’annuncio di settembre in cui Pechino pianificava la costruzione di Sansha City, una nuova unità amministrativa sull’isola Yongxing o Woody Island, nell’arcipelago delle isole Paracelso.
La città sopraintenderà l’amministrazione di Pechino delle isole Paracelso, del Macclesfield Bank e di Scaroborough Shoal ed altri scogli, sacche e circa 200 isolette disabitate con le loro acque circostanti nelle contese Isole Spratly. L’esercito popolare cinese ha annunciato senza dettagli piani per costruire una guarnigione militare a Sansha, una mossa che minaccia una più forte militarizzazione delle vie cruciali del commercio del Mare Cinese Meridionale. Il piano di costruzione da 3 milioni di dollari include sette progetti stradali per 5 chilometri di lunghezza, un network di trasporto tra le isole con impianti portuali e unità di desalinizzazione da un migliaio di metri cubi per assicurare l’acqua potabile per una città da 3500 abitanti.
Il 24 luglio Sansha era stata elevata a rango di prefettura nel mezzo di uno stallo con le Filippine per il controllo delle adiacenti isole Scaroboroug Shoal e l’annuncio cinese del piano di costruzione ha agitato le Filippine, che attualmente controllano l’isola di Pagasa, una delle più grandi della zona, ed il Vietnam che vanta richieste sulle isole Paracelso. Entrambi i paesi hanno inviato delle proteste diplomatiche sulla modifica dello status di prefettura della Sansha city.
Indispettita dalla presenza nascente della Cina, dalle fortificazioni migliorate e dal consolidamento amministrativo sulla fisionomia contestata delle isole Spratly, Manila ha risposto sia in termini diplomatici che operativi. Prima del consolidamento amministrativo di Sansha a giugno, Manila ha chiamato un diplomatico anziano di Pechino per protestare formalmente contro le attività crescenti di costruzione nelle aree che per le Filippine ricadono dentro la loro zona economica esclusiva (ZEE). Le proteste giungevano dopo che le autorità militari filippine avevano individuato varie imbarcazioni cinesi nell’area, che andavano da navi di salvataggio e di ricerca a cargo che scaricavano materiali di costruzione, e che costruivano posizioni sulla Iroquois Bank vicino alle isole Spratly ad appena 125 miglia nautiche dall’isola meridionale di Palawan.
Manila ha anche alzato la voce per gli espressi piani cinesi di costruire una area grande di esplorazione petrolifera facendo sorgere la possibilità di depositi petroliferi cinesi ed istallazioni vicino le coste filippine. Si dice che la Cina voglia costruire un piccolo aeroporto a Subi Reef affianco all’isola filippina di Pagasa. Subi Reef della larghezza di 3 chilometri ospita case per truppe cinesi, una costruzione a due piani ed una grande cupola radar.
Le Forze Armate Filippine hanno risposto con messaggi ambivalenti. Lo scorso mese hanno dispiegato 800 marines a Palawan, vicina alla zona della contesa. Il comando occidentale in seguito affermava che c’era stata una cattiva comunicazione e quindi c’erano lì che un centinaio di persone a scopi difensivi, mentre altri comandanti parlavano di una mossa come parte di una routine per migliorare il pattugliamento marino.
“Questi due battaglioni arrivati di recente aumenteranno la protezione delle nostre isole. Siao su una posizione di difensiva assicuriamo la difesa delle nostre isole. Meglio difendere che riprendere le isole quando gli altri reclamanti le occupano” ha detto un comandante riferendosi alla Mischief Reef che la Cina occupò nel 1995 con la forza. Per migliorare la coordinazione ed il comando delle forze impiegate le Filippine hanno aperto un nuovo comando di una Brigata di Marine nella vicina Palawan.
Di recente le Filippine hanno affermato che potrebbero sparare sui velivoli di sorveglianza cinesi che entrassero nella zona da lei reclamata nel Mare Cinese Meridionale. Yang Yujun del ministero della difesa, affermava che erano previsti piani di monitoraggio mediante velivoli senza pilota nelle aree della disputa, ribadendo così la sovranità cinese indisputabile sulle aree.
Per due decenni le Filippine hanno osservato con ansia la Cina fortificare le zone rivendicate. Nel 1995 tre anni dopo la chiusura delle basi americane la Cina prese il controllo di Mischief Reef, ci costruì strutture somiglianti ad istallazioni militari benché affermasse al tempo che fossero rifugi di pescatori.
Da quel confronto armato la Cina aveva preso un approccio più sofisticato per consolidare le sue richieste, unendo la carota di una diplomazia regionale e multilaterale con il bastone di prove di forza bilaterali con gli stati reclamanti più piccoli. Basi paramilitari e barche da pesca sostenute da forze militari, fortificazioni militari costruiti da elementi della marina cinese e progetti amministrativi semi civili sono serviti a scacciare altri stati reclamanti, Vietnam e Filippine.
Nel 2002 la Cina e l’ASEAN firmavano un codice delle parti nel mare cinese meridionale che invocava largamente la risoluzione pacifica e diplomatica dei conflitti territoriali. Secondo il Vietnam e le Filippine l’accordo non vincolante proibiva esplicitamente la costruzione di fortificazioni militari, cosa violata consistentemente dalla Cina.
Le Filippine sono forse il solo paese che non ha fatto un miglioramento significativo delle sue strutture nelle nove isole e tratti che controlla direttamente nelle isole Spratly. La Malesia ha costruito vari impianti turistici nella barriera che controlla a Layang Layang. Cina e Vietnam hanno costruito fortificazioni, torri di osservazioni, fari, piste aeree e persino costruzioni per le aree proprie di controllo.
Gran parte delle strutture filippine risalgono agli anni 60 e 70, mantenute male e vecchie, con capacità operative dimezzate come il morale delle forze filippine di stanza lì. I rappresentanti filippini citano il loro impegno a rispettare l’accordo del 2002 come una ragione della mancanza di investimenti nel mantenimento e nel miglioramento delle strutture nelle isole Spratly, ma i commentatori e gli analisti preferiscono pensare ad una mancanza di visione strategica vesto che le Forze armate sono molto più attente alle minacce interne causate dalle insorgenze per tutto il paese.
La Cina dal canto suo fortificherà le proprie richieste a livello internazionale. Secondo alcuni esperti legali, che presumono che le sue richieste territoriali saranno inviate per un arbitrato internazionale ad agenzie quali ITLOS, l’esercizio “effettivo e continuo della sovranità o controllo su fattispecie occupate” è un fattore più critico delle “pretese storiche”. Finora la Cina ha rifiutato l’arbitrato internazionale sulla base che le sue richieste sull’area sono “inerenti e indiscutibili”.
L’interpretazione cinese del regime legale fondamentale che tratta le dispute sul mare, l’UNCLOS, prende una interpretazione divergente dell’articolo 121 sul “regime delle isole”. Le nazioni della regione come le Filippine, guardano alla maggioranza delle caratteristiche nel mare cinese meridionale come “inabitabili” e quindi si attengono alle richieste delle 12 miglia nautiche di acque territoriali. Istallando strutture relativamente grandi capaci di ospitare essere umani, la Cina sembra determinata a cambiare queste caratteristiche rendendo le isole abitabili.
L’implicazione è importante per le Filippine e gli altri stati nella contesa. Attraverso una interpretazione liberale dell’articolo 121 la Cina può fattivamente reclamare le 200 miglia nautiche della ZEE da ognuna delle isole occupate, permettendo di estendere la sua richiesta legale fino alle aree nel lontano sud quali le isole indonesiane di Natuna come pure òe Reed Bank filippine.
Gli analisti strategici affermano che il rafforzamento cinese potrebbe servire a fondamento di fortificazioni che permettano una presenza militare futura in larga scala. Il ministro della difesa Cinese annunciava a luglio che la città Sansha sarebbe un centro operativo di una nuova guarnigione nel mare cinese meridionale, sebbene siano scarsi i dettagli del piano. Operativamente una tale guarnigione permetterebbe alla Cina di spingere le sue richieste ancora più nel profondo della zona esclusiva economica filippina.
La risposta filippina a queste minacce strategiche percepite è stata di rafforzare i legami strategici con gli USA e richiedendo l’intervento esterno, compreso l’ONU, mosse che hanno forse minato gli sforzi diplomatici di Manila per bloccare la rapida espansione della Cina nelle isole della contesa. L’otto di ottobre le Filippine iniziavano dieci giorni di manovre militari con le truppe e le navi americane che comprendevano anche operazioni anfibie.
Nel frattempo il ministro degli esteri filippino, Albert del Rosario chiedeva all’ONU di intervenire nel conflitto e aderire alla sua missione di “proteggere il debole dal potente”. Allo stesso tempo i paesi dell’ASEAN facevano circolare una nuova bozza di un codice di condotta per il Mare Cinese Meridionale nei corridoi di un incontro tra i ministri dell’ASEAN all’assemblea delle Nazioni Unite.
Comunque tra i pianificatori militari filippini cresce l’ansia rispetto alle intenzioni cinesi.
“Ogni volta che facciamo foto delle isole Spratly notiamo dei cambiamenti nelle strutture” dice un militare riferendosi a Sansha City.
Richard Javad Heydarian Asiatimes.com