Nell’agosto 1996 al lancio del Super Corridoio Multimediale lungo 50 chilometri tra Kuala Lumpur e il nuovo aeroporto internazionale malese, l’allora primo ministro Mahatir, tentando in questo modo di attirare gli inizi della alta tecnologia, fece la promessa ai possibili investitori internazionali che Internet sarebbe rimasta per sempre libera da interferenze politiche.
I successivi governi, e col senno di poi persino Mahathir stesso, hanno avuto qualche problema nel mantenere questa promessa che forse non avrebbero mai voluto fare, come esemplificato dal colpo contro il Malaysiakini, un quotidiano online che, con i suoi 300 mila lettori giornalieri, rappresenta il più grosso della flottiglia di siti di notizie indipendenti o di opposizione che hanno cambiato il panorama politico malese.
Agli uffici del Malaysiakini, nel distretto di Petaling Jaya, si sono presentati quindici poliziotti per chiedere informazioni su un giornalista che ha scritto un lungo commento in cui chiedeva essenzialmente, tra l’altro, perché un etnico malay deve essere musulmano. Ed è stata questa l’ultima di una lista di azioni contro il quotidiano, tra le quali varie minacce di polizia e attacchi informatici del tipo DDOS, nei quali centinaia di risposte ad una storia hanno inondato il sito costringendolo a sospendere il servizio. Inoltre il direttore del Malaysiakini, Steven Gan, e il direttore amministrativo Premesh Chandran, sono stati convocati dalla polizia in relazione ai finanziamenti del sito.
Ma Malaysiakini non è solo. Con esso altri tre siti, Malaysian Insider, Free Malaysia Today e Sarawak Report denunciano di essere stati oggetto di malversazioni, mentre Malaysia Today è gestito da un altro paese dal suo editore Raja Petra Kamarudin dopo essere stat minacciato di diffamazione ed eversione.
Mentre i media principali sono saldamente nelle mani del governo, sono cresciuti nel paese molti altri siti di opposizione rendendo il paese una delle più intense comunità online di opposizione. Ovviamente di fronte alle elezioni nazionali prossime previste per aprile del 2013, questa forte presenza è diventata un grosso grattacapo per la coalizione al governo del Barisan National, dal momento che questa presenza forte è ritenuta aver giocato un grosso ruolo nella sconfitta elettorale delle elezioni del 2008 che hanno posto termine al potere assoluto lungo decenni della coalizione Barisan sul parlamento impedendo la maggioranza dei due terzi che permetteva il passaggio delle leggi secondo la volontà della Coalizione Barisan.
Questi siti di opposizione rappresentano la sola fonte di notizie indipendenti o in favore dell’opposizione, quando i giornali e i media generali sono tutti proprietà dei partiti di opposizione con notizie nelle varie lingue del paese, cinese, tamil, malese ed inglese. I giornali malesi, poi, forniscono una sfilza costante di articoli agiografici, quando non proprio ruffiani, delle politiche governative e fanno del loro meglio per infilzare l’opposizione.
I siti di opposizione hanno continuato a pubblicare una lunga serie di storiche che non sono confacenti agli scopi politici del governo, mirando spesso a tali figure politiche come Rosmah Mansor, moglie del primo ministro Najib, conosciuta molto per la sua capacità di spesa incredibile nei gioielli è diventata uno dei punti grossi di controversia.
I vari blog, tra i tanti, pubblicavano materiali voluminosi sullo scandalo denominato Cowgate in cui la famiglia di Shahrizat Abdul Jalil, il capo dell’ala femminile dell’UMNO, fu accusata di aver distratto oltre 70 milioni di euro di un fondo destinato all’alimentazione del bestiame per pagarsi case, vacanze, una auto di grossa cilindrata ed altre cose che nulla avevano a che fare con gli animali. Tanti altri scandali hanno continuato ad attaccare il governo riportati molto precisamente dai media di opposizione.
Un altro scandalo largamente riportato dai media è stato quello pubblicato anche da Asia Sentinel sui 150 milioni di euro in cui un contraente della difesa del governo francese, DCN, pagò somme massicce ai vari politici malesi in cambio di scegliere DCN come fornitore per rifornire i sommergibili al ministero della difesa.
Asia Sentinel fu colpita prima da uno DDOS che chiuse il sito per varie ore e poi da vari commentatori pagati, oltre che dai blogger legati al governo spesso pagati con fondi di partito.
L’editor del Malaysian Insider Jahabar Siddiq sostiene che il governo non era tanto preoccupato con i blog se non di recente, poiché la maggioranza dei votanti legge pubblicazioni o vede le televisioni nella propria lingua. Ma più di recente molti dei malesi residenti all’estero, che usano l’inglese come lingua franca, sono anche utenti di internet e leggono l’inglese.
“Lo scorso anno hanno cominciato a guardare alle pubblicazioni in lingua inglese. La maggioranza dei nuovi votanti sono persone istruiti che vivono all’estero e non possono controllare quello che leggono.” Il governo ha provato a controllare internet emendando La Legge della Prova per includere le pubblicazioni online, ma ha dovuto fare marcia indietro per la pressione pubblica.
Lo stesso Mahathir, che pubblica il suo blog molto seguito Che Det e ha avuto un grande ruolo nel far cadere il suo successore Abdullah Badawi che giunse ad odiare, ha anche posto la questione pubblicamente se la libertà di internet sia un bene. Il governo da parte sua ha preferito limitarsi a perseguire i siti in tante modalità differenti invece che chiudere le organizzazioni stesse.
K. Kabilan editore del Free Malaysia Today dice:
“Diversamente dal Malaysiakini, non abbiamo avuto finora una pressione diretta del governo. Nessuna telefonata che ci chiedeva di fermare qualche articolo critico, ma solo un approccio indiretto come telefonate di amici del premier che ci chiedevano di abbassare i toni dei nostri scritti.
Abbiamo avuto un capo dell’UMNO che si è rifiutato di parlarci solo perché siamo stati critici. Abbiamo avuto alcuni capi minacciarci di denunciarci per articoli che denunciavano pratiche di corruzione. Rapporti di polizia contro di noi. I blogger in favore dell’UMNO talvolta provano a gettare scredito contro di noi”.
Siddiq aggiunge che nel paese si è formata uno stuolo di risponditori a pagamento. Ci sono molti suoi amici che fanno molti soldi scrivendo risposte alle storie di corruzione pubblicate nel Malaysian Insider. “Da un anno sono comparsi tali personaggi ed alcuni dei miei amici scrivono della roba e fanno soldi, persino avvocati. Scrivono davvero belle lettere.”
E’ stato convocato dalla polizia ma “non ci sono stati delle incursioni su di noi come al Malaysiakini. Sono stato scocciato dalla polizia, dalle commissioni di sicurezza, col leggi che sono dure. Mettono pressioni su chi fa pubblicità che minacciano, che ci dicono che non avremo pubblicità se scriviamo le cose in un certo modo.”
Claire Brown che pubblica Sarawak Report da Londra ha fatto una crociata particolare per far dimettere Abdul Mahmud Taib, il primo ministro di Sarawak accusato di prendere miliardi di dollari in ricompense dalle compagnie del legno che hanno denudato lo stato delle sue foreste vergini.
“Le vessazioni del Malaysiakini sono incredibili e credo che proveranno a fermarlo prima delle lezioni” dice Brown “E’ stupido perché l’informazione è già fuori e attraverserà altri portali in qualche modo. Per me, sono una posizione più difficile visto che sono salva fuori dalla loro giurisdizione nel Regno Unito.”
Taib ha ingaggiato orde di persone nelle relazioni pubbliche ad occidente per attaccarla e diffamarla con una serie incredibile di tattiche come la minaccia di diffamazione da parte del figlio di Taib se non avesse ritrattato l’intero corpo del lavoro che ha pubblicato.
“Ma credo di aver più fiducia di lui nel sistema giudiziario inglese e lo ho ignorato. E’ passato un anno ormai.”